Analisi – La Commissione Europea ha lanciato nel 2015 il Digital Single Market per la regolamentazione e la creazione di un mercato dei dati concorrenziale e trasparente. Numerose iniziative e progetti rientrano all’interno della strategia che punta a rafforzare l’integrazione europea tra gli Stati membri.
PERCHÉ È IMPORTANTE
Le tecnologie digitali sono diventate in breve tempo un fattore critico per lo sviluppo delle economie globali, per la crescita economica e per la competitività non soltanto del settore privato, ma anche dei Governi e delle Istituzioni. In altre aree del mondo l’economia dell’innovazione digitale si è già affermata da tempo come elemento cardine per la crescita e la prosperità dei Paesi, come testimoniano ad esempio gli Stati Uniti, che nel 2017 hanno raggiunto un volume di investimenti in Venture Capital pari a 84,24 miliardi di dollari, o la Cina, che con il suo modello economico centralizzato statale riesce a foraggiare un ricco tessuto di startup e imprese capeggiate da grandi player internazionali come Tencent o Alibaba. In questo scenario l’Europa, dopo la lunga e lenta ripresa seguita alla Grande Recessione, sta muovendo i primi passi verso la creazione di un mercato digitale regolamentato e trasparente che possa diventare terra fertile per i distretti industriali e gli hub di innovazione. Infatti, l’esigenza di un mercato unico, in cui persone e capitali possano circolare liberamente e che si prefigge di raggiungere il più alto livello di integrazione possibile tra gli Stati membri, non può ignorare oggi il fatto che una fetta importante dei flussi monetari e degli scambi economici avvenga nel mondo digitale. Basti pensare che il giro di affari relativo all’e-commerce in Europa nel 2017 è stato pari a 534 miliardi di euro e si prevede un aumento nel 2018 che farà salire la quota fino a 602 miliardi. Tuttavia, il commercio digitale oggi è in mano a poche grandi imprese che occupano una posizione dominante sul mercato e solo il 20% delle aziende europee nel 2016 offriva i propri beni e servizi sul web. Per garantire condizioni di concorrenza di libero mercato ed evitare che si creino oligopoli in mano a imprese too big to fail, è importante che le Istituzioni creino un set di norme volte a regolare ogni aspetto del mondo digitale. Da questa necessità nasce nel 2015 il Digital Single Market, il progetto lanciato dall’Unione Europea in risposta alla crescente rilevanza economica e sociale del digitale.
Fig. 1 – I commissari europei per il DSM Andrus Ansip e Julian King alla conferenza sul pacchetto di risposte europee contro i cyberattacchi
LA STRATEGIA – COSA È STATO FATTO
La strategia si articola in 16 azioni principali che mirano a creare un legame più forte tra gli Stati europei sul fronte del commercio online, sull’utilizzo condiviso dei dati e sulla legalità e la trasparenza degli scambi. Per cercare di stimolare la crescita del digitale nel settore industriale, la Commissione Europea sta cercando di analizzare l’andamento e i trend del mondo e-commerce per poter unificare i mercati online, che attualmente riescono con difficoltà a valicare i confini nazionali. Uno dei canali ampiamente usati per gli scambi e in forte crescita è quello delle piattaforme online: la Commissione ha avviato una serie di tavoli di discussione per combattere la condivisione di contenuti online illegali. Lo scopo generale del Digital Single Market è infatti quello di creare una regolamentazione e una serie di norme che stabiliscano i criteri e le pratiche consentite nel mondo del web. Per questo motivo sono stati fatti grandi passi avanti riguardo alla regolamentazione sulla privacy e sulla cybersecurity. Si è raggiunto un traguardo importante lo scorso 25 maggio, con l’entrata in vigore del GDPR (General Data Protection Regulation), la normativa per il trattamento da parte delle aziende dei dati personali e per i diritti dei cittadini. In questo modo l’organo europeo vuole cercare di conciliare la frammentazione delle varie politiche sulla sicurezza informatica degli Stati membri, unificare i diversi approcci secondo un unico standard condiviso e non da ultimo riuscire a rendere i cittadini europei consapevoli delle possibili minacce relative alla sicurezza sul web.
Fig. 2 – Il commissario europeo Gunther Oettinger durante la conferenza sul caso antitrust del DSM sullo shopping online e sul caso Amazon
GLI STATI MEMBRI: POSIZIONI CONTRASTANTI
Tuttavia l’obiettivo non risulta semplice, dato che gli Stati membri mostrano, chi in modo più esplicito, chi in modo velato, di avere interessi contrastanti. Se i Paesi del Nord Europa, il Baltico e il Benelux sono dichiaratamente aperti alle opportunità offerte da internet e dal mondo digitale, in quanto vedono in essi la possibilità di una crescita economica tangibile, di opinione più prudente sono stati finora i cosiddetti Big Four. Francia, Germania, Italia e Spagna sembrano considerare l’economia digitale un mercato ricco di opportunità, ma anche di rischi, se scarsamente regolato. Lo testimoniano le spinte verso la stesura di una normativa relativa alle telecomunicazioni, che dovrebbe imporre alle società delle app di messaggistica (WhatsApp, Skype) di registrarsi separatamente in ogni Stato membro, cosa che finora non è stata necessaria e che aumenterebbe il livello di complessità procedurale a discapito della semplicità e velocità di fruizione del servizio. La regolamentazione voluta dai Big Four rischia di aumentare il livello della burocrazia del Digital Single Market, finendo per penalizzare l’iniziativa imprenditoriale e gli investimenti nelle nuove tecnologie e portando dunque a risultati opposti da ciò che la strategia si propone di raggiungere. In un quadro così frammentato e caratterizzato da interessi difficilmente conciliabili, la Francia sembra la chiave per sbloccare la situazione. Le elezioni di Emmanuel Macron infatti segnano un cambio di rotta dato il chiaro entusiasmo del Presidente francese per le opportunità offerte dal digitale e dal mondo del tech. Un approccio diverso da parte della Francia alle negoziazioni in corso per l’implementazione del DSM potrebbe spingere anche gli altri Stati a cambiare la loro posizione. D’altro canto la strategia non riguarda soltanto la regolamentazione per la privacy e la sicurezza dei dati, ma si propone anche di rafforzare l’infrastruttura per la connettività e per le telecomunicazioni, un indubbio vantaggio per ogni Stato europeo. Sono stati fatti ampi investimenti per il 5G, come testimonia la Germania, uno dei primi Paesi al mondo ad aver realizzato la nuova infrastruttura che verrà estesa a tutte le principali aree urbane europee entro il 2025, secondo quanto previsto dal piano “Connettività per una Società Europea Gigabit”.
Fig. 3 – Il ministro francese Bruno Le Maire e il ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier al meeting dell’11 Luglio 2018 sul progetto di AI con Airbus
LA DATA ECONOMY
Artificial Intelligence, Internet of Things, Machine Learning, Data Mining… il mondo informatico e tecnologico è ormai dominato da questi termini che stanno entrando nel linguaggio comune di ogni azienda. Sebbene siano tecniche predittive e algoritmi con scopi e applicazioni diversi, hanno però tutti un fattore comune: si basano su grandissime quantità di dati. A prescindere dal settore, dal tipo di mercato e di industria, ogni azienda può sfruttare questi algoritmi per creare nuove opportunità di business in quanto, ad esempio, si possono predire i comportamenti della propria clientela o analizzare e ottimizzare i pattern di consumo in base alle preferenze delle persone. Le nuove frontiere tecnologiche hanno creato quindi un nuovo mercato, che fino a pochi anni fa non poteva nemmeno esistere, e di conseguenza una vera e propria economia dei dati. In tale contesto, possedere grandi quantità di dati sulle abitudini e le preferenze delle persone rappresenta una miniera d’oro. Come in ogni mercato, ogni merce è oggetto di scambio e deve avere un valore economico. Nascono quindi domande come: qual è il prezzo di un dato? Le grandi aziende come Facebook, Google, Amazon sono i potenziali detentori di un oligopolio virtuale e possono vendere le proprie informazioni ad altre aziende che cercano di essere competitive sul mercato, nel rispetto delle normative. Per far sì che i dati non diventino il nuovo oro nero, è importante che i Governi rispondano con prontezza, per garantire il raggiungimento di un mercato concorrenziale. Uno dei progetti messi in campo dall’Unione Europea è il piano Open Data, con cui le Istituzioni rendono pubbliche le informazioni in loro possesso, per far sì che anche il tessuto delle piccole e medie imprese possa rimanere competitivo e possa dotarsi di nuove tecnologie. In un quadro con così tante sfumature, è essenziale da parte delle Istituzioni riuscire a disegnare un equilibrio stabile in cui si garantisca un pieno accesso dei dati all’insegna della massima trasparenza, mantenendo però al contempo il rispetto per la privacy dei cittadini.
Chiara Bellucci