I ministri del commercio dei Paesi del G20 si sono riuniti il 14 di settembre a Mar della Plata in Argentina per discutere di commercio internazionale e del World Trade Organization.
Da tempo questa organizzazione, che costituisce uno dei pilastri dell’ordine economico internazionale, è messa in discussione soprattutto dagli USA che ne lamentano l’inefficacia nei confronti della Cina. Trump ha recentemente prospettato la possibilità di nuovi dazi proprio nei confronti della Cina per un valore di oltre 200 miliardi di dollari. Misure che potrebbero, come alcuni economisti prevedono, raffreddare i mercati e introdurre ulteriori elementi di turbolenza nel commercio internazionale.
Pertanto, una discussione su come modificare le regole del commercio internazionale rendendole maggiormente conformi al nuovo scenario giunge opportuna. Così i ministri dei Paesi del G20 hanno, con un comunicato congiunto, convenuto di procedere ad una riforma del WTO prendendo atto “dell’urgente necessità di discutere sui recenti sviluppi della situazione internazionale e dei modi per migliorare il WTO al fine di affrontare le sfide in corso e future”. Un tema senz’altro potrebbe essere posto al centro dei prossimi summit G20. Si inizia, dunque, a prendere in considerazione la possibilità di avviare un dialogo finalizzato ad una riforma condivisa tra i membri dell’Organizzazione. Un fatto di indubbia importanza visto che l’esigenza di riforma viene avanzata per mezzo di un documento condiviso che raccoglie un ampio consenso.
Fig. 1 – Il Vice Ministro cinese del commercio Wang Shouwen
Il documento insiste sulla necessità di favorire il libero scambio e prende posizione contro il protezionismo. Ma allo stesso tempo prende atto che la nuova rivoluzione industriale (NIR) e l’adozione delle nuove tecnologie, da parte delle industrie di tutto il mondo, sta avendo un impatto multidimensionale tale da trasformare i vantaggi competitivi tra i diversi paesi abbattendo i confini tra mondo digitale e fisico, beni e servizi.
Uno dei punti nodali riguardo al WTO risiede nella richiesta che l’Amministrazione Trump rivolge alla Cina di rivedere le politiche di sussidi nei confronti delle imprese tecnologiche, di tutelare la proprietà intellettuale e limitare le pratiche scorrete di acquisizioni di tecnologia statunitense. Trump, in una recente intervista a Bloomberg, è arrivato perfino ad avanzare la possibilità di un ritiro degli USA dal WTO forse al fine di effettuare una maggiore opera di sensibilizzazione su tale tema che potremmo definire di estrema importanza non solo per l’economia americana ma mondiale.
Il WTO funziona sulla base del consenso, pertanto, i 164 Paesi che ne fanno parte hanno ciascuno un reale diritto di veto sulle decisioni da prendere. Questo fatto rallenta il processo decisionale e complica il funzionamento dell’Organizzazione che si muove con tempi che non sono in sintonia con quelli dei mercati internazionali. Ora anche la Cina riconosce che il sistema di commercio internazionale e il WTO non è perfetto e deve essere reso più giusto ed efficace attraverso le parole del suo rappresentante Wang Wi, come riporta l’agenzia di stampa Reuters. La riforma dovrebbe consentire a tutti i Paesi di raccogliere in modo equo i vantaggi della globalizzazione e di non accentuare le differenze tra il Sud e il Nord del mondo, ha ulteriormente precisato il rappresentante cinese.
Sebbene due dei maggiori attori del commercio internazionale esibiscano i muscoli, cercando di impaurire ciascuno la propria controparte per ottenere maggiori vantaggi in sede di negoziati, qualcosa si sta muovendo per una riforma di uno dei pilastri dell’Ordine Economico Mondiale. A differenza degli scenari più cupi prospettati da molti economisti ed esperti del settore l’incontro del Mar della Plata fa intravedere, in un momento piuttosto critico soprattutto per le relazioni commerciali tra USA e Cina, segni che si possono percorrere strade diverse dallo scontro aperto. E questo lascia ben sperare.
Alberto Cossu – Oltrefrontiera
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