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La crisi in Ucraina vista dai russi

Si è scritto molto sulla crisi Ucraina vista dall’Europa, ma meno si sa di cosa pensano i russi. Proviamo a raccontarvelo noi, dopo aver passato in rassegna i momenti salienti della crisi

BREVE SINTESI DELLA CRISI – Le proteste in Ucraina cominciano nel novembre 2013, quando il Presidente dell’epoca, Viktor Yanukovych, sospende i preparativi per l’implementazione di un accordo economico con l’Unione europea avallato da tutti i partiti eccetto il partito comunista, accettando al contempo un’offerta di aiuto economico proposta da Putin. Proteste filo-europee (“Euromaidan”) esplodono a Kiev e si estendono a diverse altre città ucraine, con l’obiettivo di ottenere le dimissioni del Presidente e indire nuove elezioni. Yanukoviych, dopo diversi tentativi di reprimere le proteste, è spinto a firmare un accordo con i dissidenti per porre fine alla crisi poco prima di lasciare l’incarico nel febbraio 2014.
Mentre un nuovo parlamento filo-europeo si stabilisce a Kiev, in Crimea uomini armati prendono il controllo degli edifici pubblici, instaurando un autoproclamato governo filorusso. Il 18 marzo del 2014, a soli due giorni da un referendum per l’indipendenza della Crimea dall’Ucraina proposto dal governo filorusso (e considerato illegale dall’OCSE), la Russia annette la Crimea.

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I MEDIA EUROPEI E AMERICANI – Sulla scia delle istituzioni politiche, hanno da subito criticato la politica estera del Cremlino: l’annessione della Crimea è avvenuta unilateralmente, senza una formale dichiarazione di guerra all’Ucraina. Inoltre, Putin avrebbe approfittato della caduta del Governo e della confusione nel Paese per impossessarsi del prezioso avamposto militare (la penisola ospita uno dei maggiori contingenti militari russi al di fuori del proprio Paese, nonchĂ© un avamposto si notevole rilevanza militare sul mar Nero). La campagna mediatica internazionale contro il gesto russo continua tuttora: a titolo di esempio citiamo un recente articolo del “The Economist” dedicato alla vittoria del famoso festival Eurovision da parte di una cantante Tartara proveniente dalla Crimea, contraria all’annessione. D’altra parte la repentina mossa del Cremlino trova poche scusanti nell’opinione pubblica europea: il Paese piĂą vasto del mondo è visto come una potenza militare aggressiva che costringe i propri vicini a stipulare patti di dubbio valore economico, punendo chi si oppone con brutali azioni militari. In termini di diritto internazionale, l’annessione della Crimea alla Russia è un atto illegale: al diritto all’autodeterminazione dei popoli invocato da Putin per giustificare l’annessione è subordinata l’integritĂ  territoriale dello Stato in questione, l’Ucraina. Eccezioni come il Kosovo (spesso citato da Putin) sono avvenute in seguito ad interventi del Governo centrale mirati a penalizzare la popolazione di una determinata regione o cultura. Nel caso del Paese ex jugoslavo, per esempio, Belgrado abolì unilateralmente l’autonomia del Kosovo garantita dalla Costituzione.

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Il Governo di Kiev non si era mosso per abolire l’autonomia della Crimea, e non c’era alcun regime di apartheid nella penisola tale da giustificare la difesa dei diritti delle popolazioni russofone da parte del Cremlino: i russofoni di Crimea non hanno mai subito alcuna discriminazione/persecuzione da parte del Governo ucraino.

IL PUNTO DI VISTA RUSSO – La posizione della Russia è basata piĂą su ragioni storiche che sul diritto internazionale. La Crimea è un’area di importanza militare composta in maggioranza da popolazione di origine russa che ha da sempre malvisto le tendenze europeiste del Governo di Kiev. Il referendum tenutosi nel marzo 2014, seppur viziato da partecipazioni coatte e voti fasulli, rispecchia con pochi dubbi la volontĂ  della maggioranza della penisola. Venendo alla storia, il trasferimento della penisola all’Ucraina avvenne ad opera di Nikita Khrushchev, allora Segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica, nel 1954. Khrushchev conosceva l’importanza strategica della penisola (Sebastopoli in Crimea era la base principale della flotta sovietica sul Mar Nero) e amava molto l’Ucraina. L’idea del Segretario era di unire Russia ed Ucraina in un’eterna alleanza (“Insieme per sempre”, cita il poster commemorativo del trattato di cessione) donando la Crimea a una repubblica (allora parte del blocco sovietico, lo ricordiamo) che rivestiva una grande importanza nell’Unione Sovietica. Dopo il crollo dell’URSS, nel 1991-1992 la Russia rivendicò la cittĂ  di Sebastopoli per via dell’importanza militare del sito, ma non intervenne militarmente per impossessarsene, procedendo invece alla stipula di diversi accordi per favorire l’utilizzo delle basi militari ucraine da parte della marina russa (diversi accordi si sono susseguiti negli anni), con termine nel 2017, data pericolosamente vicina. Rileggendo gli eventi in prospettiva storica, è indubbio che Putin si sia sentito tradito dall’avvicinamento dell’Ucraina all’Europa e minacciato dall’appropinquarsi degli USA ed alleati europei (leggi NATO) alle frontiere russe. L’espressione che forse meglio rappresenta lo stato d’animo di Mosca sulla questione è stata pronunciata da Putin stesso, alla undicesima conferenza annuale di Sochi, nell’ottobre 2014: «L’orso [la Russia, NDR] è considerato il padrone della taiga [Ucraina e repubbliche ex sovietiche, NDR]. Lui, lo so di fatto, non vuole spostarsi in altre aree climatiche perchĂ© non sono adatte a lui. Però non concederĂ  la sua taiga a nessun altro [USA ed alleati europei, NDR]. Questo, credo, deve essere chiaro». Il leader russo ha piĂą volte espresso il desiderio di un mondo con un bilanciamento di poteri piĂą equilibrato di quello odierno, e rivendicato il diritto di perseguire una politica estera indipendente e non asservita a quella degli Stati Uniti. Putin ha da sempre guardato con sospetto al programma di difesa missilistica portato avanti dalla NATO su pressioni USA. Dal 2004, anno del suo esordio in Europa, ad oggi, il programma è stato piĂą volte citato dal Cremlino come una spia delle reali intenzioni anti-russe da parte della NATO. Cedendo l’Ucraina all’Europa, Putin avrebbe sofferto la perdita di un fondamentale avamposto militare sul mar Nero e si troverebbe “accerchiato”. Un duplice svantaggio strategico. Vista in quest’ottica la mossa militare russa è piĂą comprensibile, seppur illegittima. 

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PER RIASSUMERE – Putin non ha tutti i torti quando delinea la necessitĂ  di un mondo caratterizzato da un maggiore equilibrio di poteri rispetto a quello esistente tuttora. Tuttavia il Presidente russo non è esente da responsabilità a riguardo. L’Ucraina sarebbe certamente rimasta legata alla Russia se avesse visto in quest’ultima piĂą un alleato che un oppressore. Lo scarso successo ottenuto dall’unione doganale è da imputarsi anche alla volontĂ , da parte della Russia, di rendere i Paesi ex sovietici sudditi del loro forte vicino. Guardando all’economia, ben pochi ad oggi si fidano dell’orso russo: il rublo ha perso metĂ  del suo valore negli ultimi due anni. Gli investimenti esteri in Russia sono diminuiti drasticamente a seguito delle tensioni in Crimea. Secondo la classifica “ease of doing business 2016”, stilata dalla World Bank, il Paese si colloca al cinquantunesimo posto su 189, dopo Stati come Messico, Montenegro, PerĂą, solo per fare alcuni esempi (l’Italia si colloca al 45esimo posto). Il Corruption Perception index posiziona la Russia tra i Paesi piĂą corrotti del globo (119 posto su 167). Guardando ai principali alleati USA, questi ultimi si collocano alle prime posizioni del mondo in termini di PIL pro capite e ricchezza. Lo stesso non può dirsi per le repubbliche ex sovietiche, vessate da corruzione e clientelismo. Forse uno degli esempi piĂą lampanti dell’insuccesso sovietico è la Germania Est. A seguito della caduta del muro di Berlino, la Germania impiegò diversi anni e una quantitĂ  considerevole di risorse per ammodernare la parte del Paese che fu in mani sovietiche, con un processo che continua tuttora. Difficile imputare tutto questo alle trame politiche occidentali. L’impressione è che l’orso russo abbia perso terreno sull’occidente e che tenti di attribuire le conseguenze dei suoi errori in campo politico ed economico agli Stati Uniti e ai loro alleati europei.

Francesco Finotti

[box type=”shadow” align=”aligncenter” class=”” width=””]Un chicco in piĂą

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Foto di copertina di futureatlas.com pubblicata con licenza Attribution License

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Francesco Finotti
Francesco Finotti

Classe 1986, Ingegnere di professione e vagabondo per passione. Dopo la laurea magistrale presso il Politecnico di Milano (ingegneria energetica), sono stato trascinato dalla carriera professionale in luoghi remoti quali il Borneo, dove ho trascorso due anni.

Il matrimonio con una stupenda Kazaka nel 2013 e le esperienze di vita hanno risvegliato in me l’interesse per la geopolitica, specialmente nell’ambito delle politiche energetiche. Attualmente vivo e lavoro in Norvegia, dove mi occupo di perforazioni petrolifere.

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