Analisi – I segni del cambiamento nel settore energetico del Presidente López Obrador sono già visibili, soprattutto nel campo petrolifero. L’oro nero, però, non è il solo protagonista di questa nuova stagione.
Etiopia: fallito il colpo di Stato, restano le tensioni etniche
In 3 Sorsi – Il tentativo fallito di colpo di Stato avvenuto nella regione federale dell’Amhara e la diffusione del nazionalismo etnico possono creare problemi al processo di riforme e di democratizzazione del Primo Ministro Abiy Ahmed.
Nicaragua, interviene la Corte Interamericana dei Diritti dell’Uomo
In 3 sorsi – La Corte Interamericana per i Diritti Umani (CIDH) ha ordinato al Nicaragua misure protettive e alternative alla detenzione per alcuni prigionieri politici, incarcerati durante le manifestazioni contro il Presidente Ortega dell’ultimo anno.
Nigeria: un anatema contro lo sfruttamento della prostituzione
In 3 sorsi – Nel 2018 l’Oba di Benin City, in Nigeria, ha pronunciato un anatema contro i rituali juju, utilizzati dai trafficanti per costringere le ragazze a prostituirsi. Cosa è cambiato da allora? Il documentario italiano “Damn the Spell” prova a spiegarlo
Un’eredità scomoda: la lingua russa in Asia centrale
In 3 sorsi – L’indipendenza del 1991 lasciò i Paesi ex URSS in una condizione di forte instabilità, anche culturale. Gli effetti della secolare imposizione linguistica del russo sono ancora tangibili. Alcuni Stati hanno ripreso gli idiomi nazionali, accantonando il russo in maniera più o meno esplicita. Una presa di distanza che Mosca ha seguito con interesse, soprattutto in Asia centrale dove il fenomeno è ancora in pieno fermento.
Quale futuro per i cittadini dello Stato Islamico?
Analisi- Dopo la caduta dell’ultima roccaforte dello Stato Islamico in Siria, è tempo di chiedersi quale sarà il futuro dei combattenti IS imprigionati, delle mogli e dei figli del Califfato. E’ una questione spinosa che coinvolge Siria e Iraq, sul cui territorio si ergeva IS, tanto quanto gli Stati di origine dei foreign fighters e delle loro famiglie.
Perché l’Arabia Saudita e i Fratelli musulmani non vanno d’accordo?
In 3 Sorsi – L’incontro fra Fratelli musulmani e clero saudita ha originato un movimento unico nel suo genere, quello del Risveglio islamico. Ma l’idillio dei primi anni ha avuto vita breve e oggi gli esponenti del gruppo devono confrontarsi con le politiche repressive del Principe ereditario saudita.
Isole contese: la Cina, il Giappone e la lunga disputa sulle Senkaku
Analisi ̶ La disputa sulle isole Senkaku/Diaoyu si caratterizza per un’assenza di escalation nel campo militare, ma è fortemente influenzata da elementi storici, sociali e geoeconomici che potrebbero minare la possibilità di una risoluzione pacifica della controversia. Nel percorrere questa strada, anche l’intervento di Paesi esterni come gli Stati Uniti e di organizzazioni regionali come l’ASEAN potrebbero giocare un ruolo nel deferire la risoluzione della controversia al tavolo dei negoziati.
UE: quali lezioni per l’Italia dopo la conferma di Von der Leyen?
Analisi – Ursula Von der Leyen è stata confermata Presidente del Parlamento Europeo dopo una votazione dall’esito incerto fino alla fine. La sua maggioranza è troppo fragile? E quali conseguenze si possono trarre sull’influenza giocata da Lega e Movimento Cinque Stelle, al governo in Italia ma apparentemente destinati ad essere minoritari a Bruxelles?
Perché all’Italia piace la Turchia (nonostante Erdogan)?
In 3 sorsi – Malgrado la politica di censura di Erdogan e la recente crisi della lira, i rapporti commerciali e diplomatici tra Italia e Turchia rimangono saldi. Un calcolo geostrategico, oltre che un’intesa commerciale.
Ucraina: Zelensky vince ancora
Ristretto – Si sono svolte ieri in Ucraina le elezioni per il rinnovo della Verkhovna Rada, il Parlamento unicamerale del Paese. Come previsto da numerosi sondaggi pre-voto, “Servo del Popolo” – partito del neo-Presidente Volodymyr Zelensky – ha vinto facilmente con il 42.5% dei voti, ottenendo oltre 120 seggi parlamentari.
Nettamente distanziate, invece, tutte le altre forze politiche, a cominciare da “Solidarietà Europea” dell’ex Presidente Poroshenko che ha ottenuto poco più dell’8%. Male anche “Patria” di Yulia Tymoshenko (8.2%) e vari partiti ultranazionalisti, tra cui quello legato al famigerato Battaglione Azov, che non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 5%. Al contrario è andata assai bene “Piattaforma per la Vita”, formazione politica filo-russa rappresentativa dell’est del Paese, che si è piazzata in seconda posizione con un solido 12.8% alle spalle di “Servo del Popolo”.
Il trionfo di quest’ultimo dimostra che l’entusiasmo popolare per Zelensky non si è affatto spento. Anzi, gli elettori ucraini sembrano gradire molto il programma politico del Presidente basato sulla lotta alla corruzione e sulla riforma dell’amministrazione statale. Nonostante ciò, “Servo del Popolo” non ha ottenuto la necessaria maggioranza parlamentare di 226 seggi e sarà quindi costretto a formare una coalizione governativa con altri partiti. I partner più probabili sembrano essere “Patria” e “Holos” del cantante Svyatoslav Vakarchuck, mentre un accordo con “Solidarietà Europea” appare molto difficile, soprattutto per via dei pessimi rapporti personali tra Zelensky e Poroshenko.
A sostenere il successo elettorale di “Servo del Popolo” è stata anche la promessa del Presidente di trovare una soluzione diplomatica alla guerra del Donbass, che ormai si trascina stancamente da cinque anni. Zelensky si è infatti dichiarato disponibile a dialogare con Mosca e a trovare un compromesso ragionevole con i separatisti di Donetsk e Luhansk. Le risposte russe a queste aperture, però, sono state finora contraddittorie. Pur dichiarandosi favorevole a negoziati, il Cremlino ha concesso la cittadinanza russa agli abitanti delle repubbliche separatiste e non pare intenzionato a rilasciare i marinai ucraini catturati lo scorso novembre nello Stretto di Kerch. La strada per la pace in Donbass appare quindi tutta in salita.
Simone Pelizza
Huawei e 5G in America Latina: geopolitica dell´informazione
In 3 sorsi – Il 5G permetterà di processare dati attraverso il Machine Learning, operazione fino ad ora impossibile. Cina ed Europa sono i maggiori detentori della tecnologia dell’IoT, Internet of Things.
1. HUAWEI, UN GIGANTE IMPOSSIBILE DA FERMARE
Il 28 aprile 2019 il CEO di Huawei Cile ha detto :”Vogliamo rendere Huawei Chile un punto di riferimento per il Sudamerica e per il resto del mondo“. Il 5G in America Latina, da Panama all’Argentina, potrebbe parlare cinese: un’area che vede la pressoché totale penetrazione tecnologica di Pechino, grazie anche all’ampio margine di manovra dei Governi locali, che decidono con quali partner commerciali fare affari. Da Panama fino all’Argentina, il 4G ed il futuro 5G parleranno cinese. In primo luogo perché non esiste una tecnologia 5G americana, e poi perché sono solo Ericsson, Nokia e Huawei a detenere il 100% dei brevetti e quindi il mercato del 5G. La versione cinese ha costi inferiori e le rinnovate partnership geopolitiche nel continente latino rendono di fatto Huawei come unico attore tecnologico del settore.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il Fondatore di Huawei Ren Zhengfei
2. UN AVVIO LENTO, MA QUOTE DI MERCATO DA PRIMATO
Huawei sbarcò in Sudamerica all’inizio degli anni Duemila e arrivò in Messico nel 2001, Paese nel quale oggi detiene l’11,4% di market share, a fronte di quote che nel continente oscillano tra l’8% e il 20%. Oltre alla telefonia parte importante della crescita di Huawei nell’area è dovuta ai progetti sulle telecomunicazioni promossi dai Governi locali. Un caso recente è l’annuncio del Presidente venezuelano Nicolás Maduro per un investimento congiunto con Huawei, ZTE e società russe per implementare una rete 4G e 5G nel il paese. In Ecuador Huawei ha vinto un appalto nel 2009 per completare la posa di mille chilometri di fibra ottica, raggiungendo una copertura del 90% della popolazione coperta. In Paraguay, Huawei è stata selezionata dal Ministero delle Tecnologie, dell’Informazione e della Comunicazione. In Uruguay, la società cinese lavora con la compagnia telefonica statale Antel dal 2006 e il Ministero degli Interni ha addirittura installato al confine con il Brasile 1.900 telecamere fisse e 200 cupole mobili donate dal Governo di Pechino.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Una squadra di calcio sudamericana sponsorizzata da Huawei
3. DAI MEGA PROGETTI CABLATI ALLE SQUADRE DI CALCIO
Uno dei più grandi progetti di Huawei nella regione è stato un cavo sottomarino di 6mila chilometri che dal 2018 collega il Sudamerica con l’Africa, attraverso Fortaleza in Brasile e Kribi in Camerun, un’impresa realizzata da Huawei Marine Networks. La società ha fornito la tecnologia per il progetto Fibra Óptica Austral, che unisce con la fibra ottica la regione cilena della Patagonia. Da questi successi l’azienda ha ottenuto i riconoscimenti per un’altra scommessa, cioè la connessione transoceanica tra il Sudamerica e l’Asia, un super cavo tra Cile e Cina. Lo scorso 20 febbraio, inoltre, Huawei ha annunciato l’inizio dei lavori di un cavo ottico che collegherà la Baja California con Sinaloa, Messico.
Dal punto di vista del marketing, la compagnia ha sponsorizzato le squadre peruviane Alianza Lima e Sporting Cristal, il Santa Fe de Colombia, l’Ecelec dell’Ecuador, l’America del Messico, il Bolivar della Bolivia e le argentine Boca Juniors e River Plate, senza dimenticare la Nazionale di Panama.
Il tutto con una speciale attenzione per i giovani latinos.
Sembrerebbe che Trump stia perdendo la sfida contro Huawei per via della sua volontà di difendere il market share di Qualcom e Intel. La penetrazione cinese è cresciuta ovunque in Sudamerica, con i Governi della regione felici degli affari con la Repubblica Popolare, al di là delle ideologie. Tuttavia, mentre Washington e Pechino misurano le proprie forze in questa disputa tecnologica, l’America Latina sta cominciando a dividersi ancora di fronte al nuovo bipolarismo.
Ivan Memmolo


