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Un’ereditĂ  scomoda: la lingua russa in Asia centrale

In 3 sorsi L’indipendenza del 1991 lasciò i Paesi ex URSS in una condizione di forte instabilità, anche culturale. Gli effetti della secolare imposizione linguistica del russo sono ancora tangibili. Alcuni Stati hanno ripreso gli idiomi nazionali, accantonando il russo in maniera più o meno esplicita. Una presa di distanza che Mosca ha seguito con interesse, soprattutto in Asia centrale dove il fenomeno è ancora in pieno fermento.

1. LE RUSSIFICAZIONI IN ASIA CENTRALE

L’imposizione del russo sui popoli dell’Asia centrale risale allo zar Alessandro III, che continuò la politica di dominazione e “russificazione” di Alessandro II. Con l’avvento dei bolscevichi, si ipotizzò un sistema basato sull’alfabeto latino. Questa idea avrebbe favorito le ambizioni internazionali della rivoluzione. Tale sistema venne adottato dalle popolazioni turcofone dell’Asia centrale negli anni Venti, abbandonando la scrittura araba. Durante il terrore staliniano in tutta l’URSS venne imposto l’apprendimento della sola lingua russa. Con l’indipendenza, molti Stati hanno iniziato un percorso di “de-russificazione” sia culturale che linguistica. Un processo che ha subito interessato i Paesi dell’Asia centrale ed è ancora in corso d’opera.

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Fig. 1 – I Presidenti di Kirghizistan, Kazakistan e Tagikistan insieme a Vladimir Putin durante una recente riunione dei Paesi CSTO ad Astana, novembre 2018

2. GLI “STAN” TRA VECCHIO CIRILLICO E NUOVO LATINO

Nel 1993 Uzbekistan e Turkmenistan ripresero i caratteri latini sull’onta di un forte sentimento anti-sovietico. Tuttavia il russo resta molto diffuso in entrambi i Paesi, ed è riconosciuto a livello costituzionale dal Turkmenistan. Anche il Kirghizistan considerò il cambio di alfabeto. Gli enormi costi stimati per la transizione fecero cambiare idea al Paese, dove comunque il russo è ampiamente utilizzato. In Tagikistan gran parte della popolazione parla fluentemente russo ed è ancora in vigore l’alfabeto cirillico. La maggior parte dei mass media usa la lingua russa, ritenuta inoltre chiave d’accesso al mondo del lavoro. Più recenti sono le mosse del Kazakistan. Entro il 2025 avverrà il passaggio all’alfabeto latino. Tenendo conto che l’85% dei kazaki parla fluentemente il russo e solo poco più del 60% il kazako, i tempi per l’adattamento potrebbero allungarsi. L’allora Presidente Nazarbayev, che approvò il progetto nel 2017, spiegò che la transizione faciliterà la modernizzazione del Paese sullo scenario globale, senza alcun risvolto politico che coinvolga Mosca. Il Kazakistan ha come secondo partner commerciale l’UE, dopo la Russia. La modernizzazione del kazako punta anche a un maggiore coinvolgimento economico con l’Occidente. Per questo in molti hanno visto nell’abbandono del cirillico un segno di distacco abbastanza netto dalla “Madre Russia”.

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Fig. 2 – Manifestazione a Kiev contro la “russificazione” dell’Ucraina. Dopo Maidan, il Governo ucraino ha cercato ripetutamente di limitare l’uso del russo nelle scuole e nelle istituzioni nazionali

3. IL FUTURO DELLA LINGUA RUSSA NELLO SPAZIO POST-SOVIETICO

Il russo gode ancora di buona salute nello spazio post sovietico, ed è principalmente usato negli affari commerciali e istituzionali. Negli ultimi trent’anni circa il suo calo è stato comunque vistoso. Nel 1989 era l’80% della popolazione a parlarlo nell’URSS. I tentativi di allontanarsi dal passato non hanno riguardato solo l’Asia centrale. Il sentimento anti-russo è forte in Georgia e Ucraina, entrambe coinvolte in dure dispute territoriali con Mosca, vista come un vicino aggressivo e inaffidabile. Il recente intervento nella propria lingua di un parlamentare russo nel Parlamento georgiano ha scatenato violente proteste a Tbilisi. In Ucraina lo status della lingua russa è diventato un caso nazionale, poiché se ne vuole limitare l’uso tramite una legge sulle lingue minoritarie approvata nell’aprile scorso. In entrambi gli episodi, il Cremlino ha reagito in maniera dura descrivendoli come attacchi diretti alla Russia. Il quadro conclusivo è quello di una generale perdita di forza attrattiva del russo a livello culturale e linguistico nello spazio un tempo assoggettato, che paga un passato troppo ingombrante. Il rischio per Mosca è di lasciare terreno nell’area al gigante cinese, visto come modello alternativo e in piena ascesa. 

Mario Rafaniello 

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Mario Rafaniello
Mario Rafaniello

Laureato in Giurisprudenza, Relazioni internazionali e Scienze della politica. Attualmente dottorando in Diritto comparato e Cultore della materia IUS/13 presso la facoltà di Scienze politiche di Caserta dell’Università “Vanvitelli”. In passato autore web per diversi portali a tema culturale e geopolitico.

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