In 3 sorsi – «Coesione, un valore comune europeo»: questo il motto del semestre di presidenza della Romania (prima volta, 1° gennaio-30 giugno 2019), nel tentativo di restituire un’anima all’Unione Europea. Senza sfuggire ai timori sullo stato della democrazia nel Paese.
1. LE PRIORITÀ ROMENE
La Romania è ormai a metà del proprio turno di Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, ruolo che viene occupato a rotazione ogni sei mesi e che verrà successivamente coperto dalla Finlandia (in difficoltà con l’impostazione del proprio programma) e dalla Croazia, anch’essa alla sua “prima volta”.
Fra dubbi e accuse iniziali, il Paese si è trovato a dirigere il Consiglio in un periodo particolarmente complesso: Brexit incombe cupa, le tensioni euro-atlantiche evidenziano le debolezze dei singoli Stati Membri nel rapporto con Cina e Russia, le elezioni europee sono alle porte, il fenomeno dei migranti è sempre vivo e presente nel dibattito politico-istituzionale.
L’agenda romena è ambiziosa e ruota intorno a quattro priorità:
- l’Europa della convergenza, volta a rinforzare l’aspetto sociale comunitario e l’integrazione economico-monetaria, oltre che promuovere ricerca, digitalizzazione e innovazione;
- un’Europa più sicura, per rafforzare la cooperazione sulla gestione delle migrazioni, il controllo delle frontiere e la sicurezza interna, con un occhio di riguardo per cybersecurity e lotta a terrorismo e criminalità. Infine, il programma romeno sottolinea l’importanza della nuova Procura europea;
- rafforzare il ruolo dell’Unione come attore globale, sostenendo l’integrazione della difesa europea – imprescindibile da una forte partnership con la NATO – e promuovendo l’allargamento comunitario nei Balcani;
- sostenere e proteggere i valori comuni dell’Unione Europea, e nello specifico: contrastare razzismo, xenofobia, intolleranza, antisemitismo, fake news e disinformazione; ridurre le differenze sociali ed economiche fra uomini e donne; assicurare la protezione delle minoranze e ridurre le differenze di sviluppo nelle varie regioni europee.
Fig. 1 – Viorica Dancila, Primo Ministro della Romania
2. VERSO GLI ILLIBERALI?
Tuttavia la Romania rimane invischiata in pressanti difficoltà interne, che ne indeboliscono il ruolo comunitario e l’attuazione dell’agenda: dalla corruzione diffusa alle perplessità sulla reale indipendenza della magistratura, dal complesso quadro partitico alle incertezze politico-economiche, da un precedente europeismo del partito al Governo (Partito Social Democratico – PSD) a un crescendo di timori legati a una sempre più evidente virata verso l’euroscetticismo e le cosiddette democrazie illiberali. Tale virata gioca un ruolo determinante nel bloccare l’accesso del Paese all’Area Schengen, oltre a mantenere in vita le perplessità di Bruxelles sulla situazione nazionale.
3. IL PARADOSSO DELLA PRESIDENZA
L’agenda programmatica romena sembra contrastare con il contesto interno del Paese, e soprattutto con la deriva intrapresa dal Governo su corruzione e Stato di diritto: partiti d’opposizione ostacolati nella loro corsa alle elezioni europee; nuove misure legislative che vengono viste da più parti come una difesa dei corrotti e un attacco all’indipendenza della magistratura; il partito al potere, ancora guidato dallo storico e ambiguo leader Liviu Dragnea, che sempre più racconta una narrativa segnata da accuse e lamentele sia verso le Istituzioni europee sia verso i socialisti europei, ai quali il PSD appartiene; la cacciata di Laura Codruta Kovesi dal ruolo di Procuratore capo della Direzione Nazionale Anticorruzione (DNA), ricoperto fra il 2013 e il 2018, e l’attuale opposizione alla sua candidatura per il ruolo di Procuratore capo europeo.
Fig. 2 – Laura Codruta Kovesi, candidata a essere il primo Procuratore capo europeo
Per quanto difficile, Bruxelles tenta di bilanciare il proprio atteggiamento fra una ferma difesa dei valori democratici e liberali dell’Unione e la volontà di raggiungere un compromesso con la classe dirigente locale. Tuttavia le proteste della popolazione che proseguono ormai da due anni a intensità variabile non sembrano destinate a farsi fermare dalle resistenze governative. In un clima di crescente scontro fra Governo e cittadinanza (sostenuta dal presidente della Repubblica Klaus Iohannis) e fra Governo e Istituzioni comunitarie aumenta il rischio di una polarizzazione ove ciascuna parte si arrocca sulle proprie posizioni, rendendo ardua una soluzione positiva e scevra da tensioni.
La Romania, nonostante il turno di Presidenza, rischia così di trasformarsi nell’ennesimo problema di un’Unione Europea già impegnata a sostenere il peso di attori globali particolarmente aggressivi – Cina, Stati Uniti di Trump, Russia – e la tensione di partiti nazionali che cercano di indebolirla dall’interno.
Paolo Corbetta