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Parlare (male) di migrazioni?

Editoriale – Non è necessario spiegare perché il fenomeno delle migrazioni sia così importante per l’Italia e l’Europa. E’ necessario ricordare però che in mezzo a una discussione pubblica spesso di basso livello serva invece andare ad analizzare in profondità il fenomeno, rifiutando facili stereotipi o semplificazioni, pur mantenendo la semplicità e chiarezza di esposizione.

Parlare di migrazioni per noi significa coprire i quattro ambiti nei quali la migrazione si esplica: le dinamiche di origine, i traffici e le rotte di transito, il Mediterraneo e la gestione in Italia ed Europa.

Qui, combinare la realtà sul terreno con le dinamiche a lungo termine è fondamentale, con un approccio multidisciplinare che spesso manca.


Volete sapere come la vediamo?

Sulle migrazioni, in una discussione pubblica spesso di basso livello serve invece analizzare in profondità il fenomeno, rifiutando facili stereotipi o semplificazioni
Il Caffè Geopolitico
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Speciale: “Riformare Dublino?”

Vi proponiamo qui un nostro esercizio diplomatico: come potrebbe il nostro Paese ottenere condizioni “più favorevoli”?

Il dibattito pubblico in Italia si sta concentrando circa una supposta sfida tra Italia ed Unione Europea (UE) circa le regole di redistribuzione dei migranti, in particolare il Trattato di Dublino, nonostante gli sbarchi siano a livello circa 80% inferiore rispetto ai picchi del 2016-2017 anche per via degli accordi stretti dall’ex-ministro degli interni Marco Minniti. Questa è effettivamente una dinamica chiave che l’Italia deve affrontare con i partner europei, ma notiamo come attraverso l’opinione pubblica e lo spettro politico non sia sempre chiaro cosa questo comporti in termini di strategia negoziale.

In diplomazia, per convincere un altro attore a fare qualcosa, o lo si convince o lo si costringe. Nel primo caso si negozia, nel secondo si opera perché faccia ciò che vogliamo. Ma come capire quando provare una cosa e quando provare l’altra?

Partendo dal concetto che tecnicamente non si negozia “con la UE”, nel senso che in realtà si negozia con i singoli Paesi membri per ottenere la maggioranza (o l’unanimità) necessaria per modificare le regole, abbiamo individuato tre potenziali partner, rappresentativi di tutti gli altri (Germania, Francia e Paesi di Visegrad), abbiamo applicato uno schema analitico per verificare quale sia la loro posizione, quali i loro interessi e quali le opzioni che l’Italia realisticamente può impiegare per convincere o costringere i partner a darle ascolto circa la gestione dei flussi migratori.

Lo studio da noi prodotto utilizza uno schema analitico derivato dall’opera “Bargaining with the Devil. When to negotiate, when to fight” del Prof. Robert Mnookin (Program on Negotiation della Harvard Law School), e da noi modificato appositamente per il nostro problema. Il “Devil” di cui si parla è la controparte con la quale vorremmo dialogare e negoziare ma che ci appare inaffidabile o addirittura disonesta (nel senso che punta a danneggiarci, non a negoziare in buona fede). È infatti questa la sensazione che molti in Italia hanno circa i partner europei e l’”Europa” in generale.

Ha dunque senso negoziare in casi simili? O è solo una perdita di tempo? Citando lo stesso Mnookin, “non sempre, ma probabilmente più di quanto non si creda”. Nel nostro caso specifico, le conclusioni alle quali siamo arrivati sono riassumibili nei seguenti punti:

  • La diversità degli interessi e delle posizioni negoziali dei vari Paesi EU rispetto alla riforma del trattato di Dublino richiede un approccio diversificato a seconda del partner con il quale si vuole parlare.
  • Germania e Francia hanno una partnership stretta che spazia dagli ambiti politici a quelli economici. Non vedono l’Italia come loro pari e dunque l’Italia non può proporsi ad uno dei due come partner sostitutivo dell’altro, o viceversa. Tuttavia, entrambi hanno ambiti specifici dove sono interessati (o potenzialmente sensibili) all’appoggio italiano.
  • Con Francia e Germania è dunque possibile utilizzare una strategia negoziale su più dossier, specifici per ciascuno dei due Paesi, per ottenere sufficiente leverage che porti a una maggiore considerazione degli interessi italiani in ambito migrazione e regolamento di Dublino.
  • Con i Paesi di Visegrad non è possibile un negoziato basato sul “convincere” sia per la loro posizione di rifiuto sia per la mancanza di leve negoziali in tal senso. Paesi come Ungheria e Polonia risultano essere i più distanti dalle posizioni italiane sul tema e sono quindi da considerare ostili alla posizione italiana.
  • Con i Paesi di Visegrad è invece possibile un’opera di costrizione basata sulla minaccia del taglio dei fondi europei, soprattutto se l’Italia possiede l’appoggio di Paesi come Francia e Germania (che a loro volta sono capaci di influenzare altri Paesi, costruendo quindi un notevole peso negoziale).

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