La polemica sul ruolo delle ONG nel Mediterraneo non poteva lasciarci indifferenti. Con questo editoriale cerchiamo di fare chiarezza oltre a fornire qualche spunto di riflessione
PERCHÉ LA POLEMICA – Sulla polemica che da giorni divampa sul ruolo delle ONG nel Mediterraneo vogliamo provare a fare qualche considerazione, con molta chiarezza. La polemica nasce sostanzialmente da due punti:
1) il desiderio di una nota forza politica di allargare la propria base elettorale togliendo voti ad altre due forze tradizionalmente anti-immigrazione, in vista delle prossime elezioni politiche (al più tardi nel 2018);
2) il latente desiderio di molte persone di non avere migranti in Italia, e di cercare qualunque scusa per fermarli.
Questi due punti portano a dichiarazioni politiche di noti personaggi, che mirano a sfruttare il punto 2 per portare acqua al proprio mulino nel punto 1. A questo si aggiungano dichiarazioni del Procuratore Zuccaro (Procura di Catania) su potenziali rapporti tra alcune ONG e i trafficanti. Vero o falso che sia, averlo dichiarato pubblicamente prima di verificarlo ha ovviamente aizzato sia i protagonisti del punto 2, ovvero chiunque cercava ogni minima scusa per dare addosso a chi aiuta i migranti nella speranza ciò possa fermare i flussi (illusorio), sia i protagonisti del punto 1: chi usa tale scusa per guadagnare voti.
Qui al Caffè Geopolitico da anni analizziamo in lungo e in largo il fenomeno (vedi chicco in più), e sulla base di questo crediamo che l’intera polemica sia sterile, perché dimentica totalmente le dinamiche del fenomeno, e conduce quindi a valutazioni non fondate.
Partiamo da una premessa: se ci sono responsabilità di singoli per collusioni economiche, sarà la procura a determinarlo, e come detto ad esempio dal portavoce di Amnesty International, se ci sono le prove agiranno di conseguenza per correggere. Finora però tali prove non ci sono, e chi ne paga le conseguenze sono le ONG che – pur non essendo coinvolte – vengono comunque attaccate (si veda il caso Unicef, qui e qui).
Premesso anche che le vere ragioni della questione sono quelle emerse nei due punti mostrati all’inizio, le scuse addotte (ad esempio nella famosa dichiarazione di un politico del gruppo protagonista del punto 1 sui taxi) sono che le ONG stiano causando più confusione e più morti in mare. Questo si lega alla relazione “più operazioni di salvataggio=più morti”, citando l’aumento di morti in mare in corrispondenza dell’aumento di salvataggi. Se però andiamo a guardare davvero i dati, e non solo gli ultimi, si vede ben altro.
DATI E FATTI – Partiamo da Mare Nostrum (2013-2014): l’operazione, vicina alle acque libiche, servì per diminuire i morti in mare, ma spinse i trafficanti a spedire le navi in mare senza necessità di arrivare in Libia, anche per evitare la cattura. Contemporaneamente i numeri di partenze aumentarono. A questo punto l’Italia chiese aiuto all’Europa, che acconsentì a creare (da novembre 2014) l’operazione Triton, che pattugliava solo fino a 30 miglia dalla nostra costa, rimanendo quindi molto indietro. La speranza era che le partenze calassero, dato il cambiamento di pattugliamento. Ma la realtà fu ben diversa. Se andiamo a vedere i dati (ad esempio UNHCR) degli arrivi tra novembre 2014-marzo 2015 (con Triton) rispetto al periodo 2013-2014 (con Mare Nostrum), questi non diminuirono, anzi aumentarono. I trafficanti non cambiarono tattica, semplicemente il viaggio divenne più rischioso. Quando i morti aumentarono ancora a livelli inaccettabili (purtroppo molto presto, Aprile 2015), fu cambiata ancora missione, creando EUNAVFOR MED (attuale missione, detta anche Operazione Sophia) a metà 2015 per prenderli a inizio percorso ed evitare morissero. I trafficanti hanno dunque solo continuato la solita tattica, e la stanno continuando anche ora. Frontex infatti non accusa le ONG, ma indica solo come questo sia un effetto involontario.
IL PUNTO È UN ALTRO – Questi dati ci dicono dunque una cosa: possiamo anche togliere tutte le navi di tutti i tipi, ma la gente continuerà a partire ed ad arrivare. E senza navi, morirà ancora di più. Perché questo è ciò che è già accaduto. I dati dicono questo, non altro. C’è inoltre un altro errore nelle scuse di chi cavalca la polemica: i barconi sono sovraffollati non “a causa delle ONG” come a volte affermato, ma perché i trafficanti vengono pagati a partenza, non ad arrivo (come indicano rapporti di International Crisis Group, Global Initiative Against Transnational Organized Crime e Human Rights Watch). Più ne fanno partire, più soldi prendono dai profughi, anche se poi muoiono tutti, visto che ai migranti viene comunque detto che ce la faranno. E non avendo una fornitura infinita di navi, devono massimizzare ciò che hanno. E lo farebbero anche senza navi di soccorso nel Mediterraneo, perché questo già facevano dal 2014-2015 quando di ONG in mare non ce n’era quasi nessuna (le tragedie di Aprile 2015, durante l’operazione Triton, furono causate anche dal sovraffollamento sulle imbarcazioni).
Quindi, per quanto ci riguarda, ribadiamo la sterilità di questo tipo di polemica, soprattutto basata sulla scarsa conoscenza delle dinamiche in atto in questi anni: noi stessi un paio di anni fa, in diversi articoli e conferenze, prevedevamo l’aumento delle partenze a causa delle dinamiche a monte (regolarmente ignorate da chi fa polemica al riguardo), cosa che indica come non sia corretto guardare solo al Mediterraneo ignorando tutto il resto. Le forze navali ufficiali non sono sufficienti a gestire i flussi e le ONG suppliscono a tale mancanza.
OBIETTIVI SBAGLIATI – È ovvio che i sistemi di salvataggio dovrebbero essere meglio coordinati, ed è ovvio che le ONG tendono ad operare indipendentemente da valutazioni strategiche di lungo periodo: non è il loro compito. E chi dovrebbe invece creare un sistema meglio coordinato dove integrarle, non lo sta facendo. Ed è altrettanto ovvio che così non si possa continuare, perché di fatto stiamo solo affrontando la situazione senza appunto offrire soluzioni. Ma invece che criticare ciò che si fa per salvare delle vite, o credere erroneamente di essere di fronte a una “invasione” (sempre dati alla mano, siamo su una variazione di popolazione dello 0,3% annuo… una cifra che non può minimamente giustificare l’uso di questo termine), sarebbe più opportuno protestare perché non abbiamo ancora un sistema di accoglienza, distribuzione ed integrazione sufficientemente valido. E fare proposte sensate. Come dice Cecilia Strada in un suo recente tweet:
Se la metà del tempo spesa in commenti in difesa "dell'Italia" dagli stranieri fosse spesa a far cose concrete, diventerebbe un gran Paese.
— Cecilia Strada (@cecilia_strada) April 30, 2017
È una esagerazione? Forse sì. Ma crediamo l’intera polemica sia ancora più esagerata. Il problema è che, ancora una volta, rincorrere l’indignazione risulta per molti più attraente di approfondire davvero la questione.
Alberto Rossi, Lorenzo Nannetti
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]Un chicco in più:
La lista nostri articoli sulla migrazione, per approfondire:
Migrazioni: cosa significa aiutarli a casa loro
E il video di una nostra conferenza sul tema:
https://www.youtube.com/watch?v=jFpI8dbU-vY
[/box]