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Que’ pasa en Caracas?

Uno scandalo ha colpito il Venezuela: oltre 2.300 container carichi di viveri importati dall’estero destinati ai venezuelani più poveri sono stati lasciati scadere e mai distribuiti. Lo scandalo ha avuto un forte impatto soprattutto in coincidenza della crescente carenza di prodotti alimentari di base nelle catene di supermercati di proprietà statale e della guerra economica al settore privato dichiarata dal Presidente Chávez.

SCANDALO – Il silenzio della stampa estera e italiana su quanto accaduto in Venezuela aumenta ancor di più la gravità dell’accaduto. Secondo quanto pubblicato dalla stampa locale, i viveri erano arrivati ai diversi porti venezuelani nel 2008 ed erano destinati alla popolazione venezuelana più povera, il cui 6% soffre di malnutrizione. Il carico è venuto alla luce il mese scorso, durante un’indagine sul furto di latte in polvere. Permangono ancora dei dubbi sulla reale quantità di cibo presente nei container: il governo sostiene che erano 30.000 le tonnellate di cibo in decomposizione nel porto di Puerto Cabello (nella foto in alto), la stampa di opposizione, invece, ha affermato che erano 75.000, ovvero un quinto di quello che la PDVAL (Productora y Distribuidora Venezolana de Alimentos), l’azienda statale responsabile, ha importato nel 2009.

È un problema grave”, ha detto il presidente venezuelano, che non vuole minimizzare la gravità dell’accaduto, e, continua, sostenendo che i viveri perduti sono solo l’1% dell’immenso volume di alimenti che la popolazione riceve grazie a Mercal (Mercados de Alimentos) e PDVAL.

Parte della responsabilità dell’accaduto è da attribuire alla gestione dei porti, che sono stati nazionalizzati nel 2009 e posti sotto il controllo dell’Impresa Bolivariana dei Porti, il capitale è per il 51 % venezuelano e il 49% cubano.

Da alcune interviste svolte ai lavoratori dei porti (che hanno preferito non essere identificati per paura di essere licenziati) è emerso che Puerto Cabello, uno dei porti principali, funziona solo in parte da quando è stato nazionalizzato. Sono necessari da uno a tre mesi per lasciare il porto.

Anche il ritardo è un gran business: l’affitto di ciascun container costa allo Stato circa 150 dollari al giorno. Inoltre, la questione è più complessa per i container refrigerati adibiti al trasporto di alimenti come la carne, per i quali è necessaria l’elettricità, che manca almeno due ore al giorno, lasciando i vivere esposti al sole, secondo le direttive del piano di razionamento della fornitura dell’energia elettrica applicato da un paio di settimane nel paese per volere del Presidente.

IL PRECEDENTE – Nell’aprile 2009 era successa una cosa simile: quella volta l’odore di “marcio” proveniva da 50 container che portavano cibo della PDVAL, filiale della Petroleos Venezuelana (Pdvsa), il gigante petrolifero statale. Tuttavia, anche in quell’occasione la notizia non si convertì in uno scandalo nazionale fino a quando poche settimane dopo non apparvero centinaia di lotti di container carichi di viveri in decomposizione. Ancora. Lo scorso 15 giugno il governo della Repubblica Domenicana ha restituito al Venezuela una nave carica di viveri (tonno, pasta e latte) scaduti, che erano stati inviati dal governo di Chávez come aiuto umanitario per Haiti.

LEVIATANO VENEZUELANO – Da quasi 7 anni ormai Chávez tenta di farsi carico della produzione, distribuzione e commercializzazione degli alimenti per mettersi al riparo da eventuali “sabotaggi” del settore privato. Nel 2003 ha creato l’impresa Mercados de Alimentos (Mercal) con punti vendita a basso prezzo per le strade venezuelane. Nel gennaio del 2008, considerando gli scarsi risultati che aveva ottenuto la Mercal, Chávez creò la PDVAL con il fine di garantire la “sovranità alimentare” del paese e affidandole il compito di gestire tutto il ciclo produttivo, dagli acquisti all’estero fino alla vendita nei mercati interni.

I risultati di questa politica di nazionalizzazione non sono stati quelli sperati: si sono registrate carenze persistenti di cibo e aumento costante dell’inflazione, che nei primi 5 mesi del 2010 ha subito un incremento del 21%, secondo i dati della Banca Centrale. La causa di questa inflazione galoppante, sostiene il vicepresidente Elías Jauá, è attribuibile agli speculatori finanziari che si muovono secondo interessi politici volti a destabilizzare la società.

Il governo, invece, ha dato la colpa di tutto ai “ricachones” (ricconi) delle imprese private ritenuti colpevoli della scarsità e della carenza di prodotti alimentari (come farina, latte, carne, riso) a cui si assiste da tre anni a questa parte. Il problema vero invece è che il Venezuela è costretto ad importare la maggior parte del proprio fabbisogno alimentare perché il sistema produttivo nazionale è basato quasi interamente sullo sfruttamento delle risorse petrolifere.

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NON FINISCE QUI – Negli ultimi anni il governo venezuelano ha intensificato le espropriazioni di aziende agricole, produttori e distributori di prodotti alimentari. Coerentemente a questa politica il 7 giugno l’esecutivo ha annunciato l'acquisizione di 18 aziende alimentari accusate di violare i regolamenti. Tra queste sono comprese sia grandi multinazionali produttrici di cereali, caffè, pomodori come Molinos Nacionales, Cargill e Heinz, sia catene di supermercati come la franco – colombiana Éxito e Cada.

La prossima impresa nel mirino è Alimentos Polar, l’azienda venezuelana a conduzione familiare più grande nel settore della produzione alimentare e di bevande. Le accuse di Chávez nei confronti del direttivo del gruppo sono numerose, tra queste le più eclatanti riguardano l’essersi accaparrati la produzione degli alimenti e l’aver diretto lo sciopero nazionale che ha paralizzato il paese tra il dicembre del 2003 e il febbraio 2004. Alcune delle aziende del gruppo Polar, presenti nella città di Barquisimeto, a marzo sono state in parte espropriate. Nonostante le denunce di abusi presentate da Polar, soprattutto per le 220 visite degli ispettori del governo nei primi 5 mesi dell’anno, alla fine di maggio la Guardia Nazionale ha sequestrato 120 tonnellate di alimenti dai magazzini per il reato di “acapariamiento” e per aver giocato con la fame del popolo.

CONTESTAZIONI – Il Venezuela sembra essere entrato in vortice dal quale non riesce più ad emergere. Le critiche verso il sistema bolivariano aumentano di giorno in giorno, e queste provengono sia da organizzazioni non governative, che costantemente lamentano nei loro rapporti il mancato rispetto dei diritti umani, sia da organizzazioni internazionali come l’ILO (International Labour Organization) che ha sottolineato la carenza di tutela dei lavoratori e degli impresari venezuelani.

Da un rapporto pubblicato di recente è emersa la preoccupazione per le minacce subite dagli impresari e dai sindacati, ma soprattutto per le restrizioni alle libertà civili, di associazione, al libero commercio e alla proprietà privata.

Il rapporto dell’ILO è particolarmente duro con la gestione di Chávez e sottolinea il clima di intimidazione in cui le aziende si trovano ad operare. Cosa ancor più grave, la Commissione d’Inchiesta ha sottolineato che di anno in anno il governo chavista ignora le proprie raccomandazioni e osservazioni, tra cui quella relativa alla modifica della legislazione per adattarla alla Convenzione della Libertà di Associazione e Protezione del Diritto a organizzarsi e quindi alla necessità di creare uno spazio per un dialogo tripartito tra i sindacati dei lavoratori e degli imprenditori da un lato, e l’esecutivo dall’altro.

Valeria Risuglia

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