Ristretto – Come annunciato stamattina su twitter da Jean-Claude Juncker e Boris Johnson, Unione Europea e Gran Bretagna sembrano aver trovato un nuovo “withdrawal agreement” per consentire un’uscita ordinata di Londra dall’Unione.
Nonostante la reazione positiva di media e mercati, testimoniata anche dal buon rialzo della sterlina contro euro e dollaro, la strada per tale uscita ordinata appare comunque ancora lunga e piena di insidie. Per ora il nuovo “withdrawal agreement” esiste infatti solo sulla carta e deve essere approvato dal Parlamento britannico prima di venire implementato, cosa che appare quantomeno difficile data l’assenza di una maggioranza a favore del Governo Johnson e la persistente ostilitĂ dei deputati nordirlandesi del DUP verso l’intesa con Bruxelles sul confine dell’Ulster. In pratica, al momento attuale voterebbero a favore dell’accordo solo parte dei Tories e qualche deputato laburista, non garantendo il passaggio del “deal” e la sua ratifica prima della scadenza ufficiale di fine mese. La posizione degli ex deputati conservatori epurati da Johnson nelle scorse settimane appare incerta, cosi’ come quella di sostenitori di una “Hard Brexit” come Ian Duncan Smith e Mark Francois. E le opposizioni non sembrano affatto intenzionate ad aiutare il Governo, segnalando invece la propria contrarietĂ all’accordo.
Per Johnson il rischio è quindi quello di seguire la strada fallimentare del precedente “deal” di Theresa May, bocciato diverse volte da Westminster e costato infine la carriera politica dell’ex Premier britannica. A questo punto potrebbe diventare fondamentale l’opzione di un referendum confermativo dell’accordo, che porterebbe al potenziale sostegno del Labour in aula. Ma non è chiaro quanto Johnson sia disposto a seguire tale strada (e quanto il leader dell’opposizione Corbyn sia disposto ad accordarla).
Sabato sarĂ dunque una giornata cruciale, con il voto parlamentare sul nuovo “withdrawal agreement” e la marcia di decine di migliaia di persone a Londra per chiedere un nuovo voto popolare sulla Brexit. L’appassionante “saga” è ancora lontana dalla conclusione.
Simone Pelizza