Ristretto – 31 dicembre 1999: Vladimir Putin diventa Presidente ad interim della Russia al posto del dimissionario Boris Eltsin. Inizialmente sottovalutata, la sua ascesa al potere rappresenta una svolta significativa nella storia della Russia post-sovietica.
Nato a Leningrado nel 1952, Putin lavora per 16 anni come agente del KGB, svolgendo attività di intelligence sia in patria che all’estero. Nel 1991 diventa consigliere del nuovo sindaco di Leningrado, Anatoly Sobchak, promuovendo l’immagine internazionale della città e l’afflusso di investimenti stranieri a sostegno dell’economia locale. Nonostante ripetute accuse di comportamenti irregolari, mantiene tale incarico sino al 1996, quando la sconfitta elettorale di Sobchak lo spinge a trasferirsi a Mosca in cerca di nuove opportunità politiche. Il colpo di fortuna arriva un anno dopo: Putin viene infatti notato dal Presidente Boris Eltsin che gli assegna vari incarichi di prestigio all’interno dello staff presidenziale. Nel 1998 arriva poi la direzione del Servizio di Sicurezza Federale (FSB), successore del vecchio KGB, che pone Putin in un ruolo chiave ai vertici dello Stato post-sovietico. Ma la scalata politica del “ragazzo” di Leningrado non si ferma qui e nell’estate 1999 diventa addirittura Primo Ministro e successore designato del Presidente Eltsin, ormai in procinto di ritirarsi a causa dello scandalo Mabetex e di condizioni di salute sempre più precarie. I motivi della scelta di Eltsin sono ancora oggi dibattuti; l’ipotesi principale è che fosse convinto di poter sfruttare Putin come comoda figura di facciata per continuare a gestire il potere da dietro le quinte. Se è così, i suoi calcoli si rivelano presto errati: diventato Presidente ad interim il 31 dicembre, Putin si dimostra infatti più energico e scaltro del previsto, vincendo le elezioni del marzo successivo con il 53% dei voti. Ormai Presidente a tutti gli effetti, Putin rassicura Eltsin archiviando le varie inchieste giudiziarie a suo carico e raggiunge un importante accordo con i principali oligarchi del Paese, mantenendo i loro privilegi economici in cambio della loro rinuncia a intervenire nella vita politica nazionale. Chi rifiuta tale compromesso, come Boris Berezovsky e Mikhail Khodorkovsky, viene presto liquidato dalla scena pubblica e i suoi beni incamerati dagli oligarchi fedeli al nuovo Presidente. Nel frattempo, Putin schiaccia brutalmente il separatismo ceceno e instaura un regime filo-russo a Grozny guidato dalla famiglia Kadyrov. In tale manovra è aiutato dai suoi buoni rapporti con i Paesi occidentali, e specialmente con gli USA di George W. Bush, con cui collabora attivamente nella lotta contro il terrorismo islamico dopo gli attentati dell’11 settembre 2001.
Rieletto a furor di popolo nel 2004, grazie anche al netto miglioramento dell’economia nazionale (frutto del boom di petrolio e gas russi sui mercati internazionali), Putin inizia gradualmente ad adottare una posizione più assertiva nei confronti dell’Occidente. Nel 2004 contesta apertamente la “rivoluzione arancione” in Ucraina, dando vita anche a una breve guerra del gas con Kiev e l’Unione Europea; nel 2006-7 respinge fermamente le critiche internazionali per il continuo restringersi delle libertà politiche e civili in Russia; nel 2007-8 si oppone energicamente ai tentativi di ulteriore allargamento della NATO nell’area post-sovietica, bloccando di fatto l’affiliazione di Georgia e Ucraina all’organizzazione. Nel 2008 Putin designa come suo successore alla presidenza il giovane Dmitry Medvedev, obbedendo al dettato costituzionale che vieta un suo terzo mandato consecutivo, ma mantiene il controllo della scena politica con l’incarico di Primo Ministro. Questo controllo si vede pochi mesi dopo la vittoria elettorale di Medvedev, quando la Russia lancia una guerra-lampo contro la Georgia a difesa dei separatisti di Abkhazia e Ossezia del Sud, infliggendo una dura umiliazione a Tbilisi e mandando un avvertimento ben preciso ai Paesi occidentali suoi sostenitori. Insoddisfatto comunque da Medvedev, Putin si ripresenta nuovamente come candidato presidenziale nel 2012, vincendo con il 63% dei voti, ma il suo terzo mandato si rivela più difficile del previsto, con le proteste pubbliche contro la sua leadership, la rivoluzione di Euromaidan in Ucraina e i rapporti sempre più tesi con l’amministrazione Obama. Nonostante ciò, l’annessione della Crimea nel marzo 2014 e l’intervento militare in Siria nel settembre 2015 assicurano la sua popolarità interna e rilanciano il ruolo della Russia come grande potenza internazionale, seppur alle prese con gravi difficoltà economiche interne e un conflitto sempre più duro con l’Occidente. Nel 2018 Putin viene infine rieletto come Presidente per la quarta volta, confermando la sua egemonia personale sulla scena politica russa e aprendo interessanti interrogativi sul futuro del Paese dopo la fine di tale mandato nel 2024.
Simone Pelizza