In 3 sorsi – La morte di Li Wenliang, l’oftalmologo di Wuhan che denunciò per primo l’epidemia di coronavirus, ha scatenato la rabbia della popolazione cinese nei confronti del Governo. Improbabile che la mobilitazione virtuale, però, porti a proteste simili a quelle di Hong Kong; impossibile che si arrivi ad una svolta democratica.
1. LA MORTE DI LI WENLIANG
Li Wenliang, oftalmologo presso un ospedale di Wuhan, è morto il 7 febbraio dopo aver contratto il coronavirus (Covid-19). Il dottor Li era stato uno tra i primi a segnalare, in un gruppo privato di WeChat, l’app di messaggistica cinese, la possibile esistenza di un nuovo virus, dello stesse genere della SARS. Per questo motivo è stato successivamente interrogato dalla polizia locale con l’accusa di aver diffuso falsi allarmi e costretto a firmare una dichiarazione in cui ammetteva le sue responsabilità. È stato riabilitato solo dopo che il Governo centrale ebbe diffuso la notizia ufficiale dell’epidemia. I giornali governativi, come il Giornale del Popolo, hanno annunciato e poi smentito la morte del dottor Li. L’ospedale di Wuhan ha poi confermato ufficialmente la notizia.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Un ritratto del dottor Li Wenliang esposto davanti all’ospedale di Wuhan dopo la sua morte
2. TRA RABBIA E SFIDUCIA
La rabbia è esplosa tra i cittadini cinesi, in particolare sui social network, dove hashtag in ricordo del dottor Li sono stati condivisi milioni di volte prima di essere censurati. Anche l’hashtag “Noi vogliamo la libertà di parola” (我们要言论自由 wŏmen yào yánlùnzìyóu) è diventato popolare e subito bloccato: la libertà di parola in Cina è formalmente garantita dalla costituzione, ma, come dimostrano il controllo severo da parte delle autorità o l’interrogatorio a Li Wenliang, non è realmente rispettata. Subito dopo la notizia della morte di Li Wenliang, il Governo ha annunciato l’invio del corpo speciale anti-corruzione a Wuhan per indagare sul comportamento delle autorità locali. Durante il gran gala per il capodanno cinese, un video che mostrava gli sforzi dei medici e della polizia di Wuhan è stato proiettato in diretta nazionale: un evento estremamente significativo dato che tutte le esibizioni sono pianificate con mesi di anticipo. L’epidemia di coronavirus coinvolge, più o meno direttamente, tutta la popolazione: per questo Pechino deve calibrare le proprie azioni e non può permettersi fallimenti.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Fiori in ricordo del dottor Li Wenliang. La scritta sul fiocco recita “Li Wenliang è un eroe”
3. PECHINO AGISCE, L’OCCIDENTE OSSERVA
Come sosteneva Liu Xiaobo, in Cina si sta formando, lentamente, una società civile che sta erodendo, ancora più lentamente, la centralizzazione politica. Ed il Partito Comunista ne è consapevole. L’ondata di mobilitazione, seppur virtuale, per la morte di Li Wenliang potrebbe compromettere la stabilità politica e sociale e aumentare la sfiducia nel Governo, oltre che ledere il consenso sulla legittimità del Partito, già in difficoltà per il rallentamento della crescita economica. La situazione di emergenza sanitaria in cui si trova la Cina, però, ostacola e limita l’evoluzione di tale mobilitazione, in particolare con la quarantena forzata di milioni di cittadini e il controllo serrato su Internet.
È interessante, tuttavia, analizzare le reazioni degli osservatori occidentali: da quando la Cina è entrata nell’Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2001, l’Occidente sembra in continua attesa della piena integrazione cinese nelle istituzioni internazionali, con la conseguente accettazione delle regole, e di una svolta democratica nel Paese. Così come è successo con lo scoppio delle proteste ad Hong Kong nel 2019 o della Primavera araba nel 2010, l’Occidente appare un paziente spettatore, con il fiato sospeso e gli occhi puntati sul Paese di Mezzo, nel vano tentativo di capire se la nazione più popolosa al mondo, seconda potenza economica, diventi una democrazia. Aspettative, però, illusorie: il Partito Comunista ha già direzionato la frustrazione verso i capi del Partito della provincia dello Hubei e della città di Wuhan, rimuovendoli dai loro incarichi.
Maddalena Binda