Il “Caffè” torna puntualmente ad Haiti per verificare come si evolve la situazione a sei mesi dal terribile terremoto. Mentre i mass media si ricordano dell’isola caraibica solo per la vicenda legata alla candidatura del rapper Wiclef Jean alle prossime elezioni presidenziali, noi andiamo più in profondità, analizzando le ragioni per le quali la strada della ricostruzione appare sempre più in salita.
L’ORA DELLA RICOSTRUZIONE – Lo scorso 12 luglio Haiti ha commemorato sei mesi dal terribile terremoto che ha provocato oltre 300.000 vittime ed ingenti danni materiali ed economici. Il semestre trascorso, oltre a contenere un alto valore simbolico, in termini pratici scandisce anche il momento per la transizione dallo stato d’emergenza a quello della ricostruzione del paese piú povero dell’emisfero occidentale. Aiuti per una cifra di poco inferiore al miliardo di dollari sono stati iniettati principalmente dalle organizzazioni umanitarie ed in alcuni casi attraverso il governo per far fronte alla crisi. La maggior parte di questi fondi sono serviti per la distribuzione di razioni alimentari, costruzioni temporanee -fra cui scuole e la rilocalizzazione di un milione di rifugiati – e per la riattivazione dei servizi sociali di base, su tutti educazione e salute. Ma è giunto il momento di pensare alla ricostruzione. Nelle riunioni di alto livello organizzate dall’ONU che hanno seguito la catastrofe del terremoto (due a Santo Domingo ed una a New York fra marzo e aprile), la comunitá internazionale ha promesso aiuti allo sviluppo per 11 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Al momento peró solamente 100 milioni sono stati versati (dal Brasile per oltre la metá). Ció équivale all’1,9 % dei 5,4 miliardi promessi nei primi due anni post-terremoto. Un Fondo per la Ricostruzione di Haiti, sotto l’egida del governo e copresieduto dall’ex presidente statunitense Bill Clinton, era stato creato per facilitarne la gestione e per finanziare il piano di ricostruzione nazionale le cui necessitá su diciotto mesi sfiorano i 4 miliardi di dollari (3864 milioni). Se lo slogan delle autoritá é di ricostruire un Haiti migliore, in realtá molti haitiani si chiedono quando la ricostruzione comincerá.
NUOVE DIFFICOLTA’ – L’inadempienza dei donanti riguardo alle promesse di aiuti non é cosa nuova, come insegna il caso dello tsunami del Pacifico ed altre crisi analoghe. Ciononostante per Haiti questo implica che i lavori di ricostruzione stentino faticosamente a decollare per l’assenza di risorse (diversi progetti sono stati sottomessi alla Commissione del Fondo di Ricostruzione, l’organo incaricato di coordinare e ripartire il denaro promesso, per poi essere “congelati” in attesa dell’arrivo dei finanziamenti). Ma a discapito dei rallentamenti, la paralisi degli esborsi ed in particolare del Fondo che avrebbe dovuto assicurare una ricostruzione diretta “dagli haitiani per gli haitiani” ripropone la questione spinosa dell’autonomia del governo. Molti dei paesi donanti infatti non sarebbero pronti a dar fiducia ad Haiti che naviga tutt’ora agli ultimi posti nella classifica dei paesi a maggior tasso di corruzione. Ciononostante l’appoggio esterno é oggi più che mai necessario. Il terremoto del 12 gennaio, oltre alle drammatiche conseguenze sulla popolazione, ha provocato una brutta battuta d’arresto nello sviluppo del paese, che stava cominciando a dare qualche frutto positivo. La disoccupazione e l’insicurezza si sono aggravate con il diffondersi di accampamenti senza controllo e con scarso sostegno del governo ed internazionale mentre l’imminente stagione delle piogge (24 potenziali cicloni potrebbero riversarsi sull’isola in queste settimane) rappresenta un rischio per i migliaia di senza tetto che, in particolare nella capitale Port-au-Prince, vivono ancora in accampamenti. Ma per Haiti che soffriva giá prima di una drammatica fragilitá, i problemi rimangono gli stessi. Su tutti, l’assenza di risorse umane, molte delle quali e le piú qualificate hanno abbandonato il paese, la corruzione e la stabilitá politica. Quest’ultima é fondamentale per favorire gli investimenti promessi nel 2009, in particolare dagli Stati Uniti attraverso le petizioni di Bill Clinton nelle vesti di inviato speciale dell’ONU. Ma adesso questa prospettiva sembra meno sicura dal momento che il Senato americano rivaluta i rischi di una implicazione commerciale sull’isola.

ELEZIONI IN ARRIVO – Nel corso dei prossimi dieci mesi Haiti attraverserá un intenso periodo elettorale (le legislative si svolgeranno in novembre mentre il mandato del Presidente René Préval giunge a termine nel febbraio del 2011). La sfida del prossimo governo sará sicuramente d’assumere la coordinazione degli aiuti internazionali. Nei suo quinquennio alla presidenza Préval, che non potrá ricandidarsi, ha assicurato la stabilitá richiesta dai donanti internazionali. Questo peró non é stato sufficiente per rilanciare il paese sulla strada dello sviluppo. Préval non ha fatto mostra della leadership necessaria lasciando spesso alla comunitá internazionale la responsabilitá di scrivere le strategie e di implementarle. É vero che solamente nel 2006 il paese é uscito da una lunga parentesi d’instabilitá e di conflitto sociale e che negli ultimi anni Haiti ha visto il passaggio di cicloni devastatori (nel 2007 e 2008) e particolarmente sofferto le conseguenze della crisi globale dei prezzi degli alimenti (2008). Ciononostante i risultati sono stati lenti e poco consistenti, a discapito di una – seppur debole- crescita fino al momento del terremoto. Inoltre, il governo non ha saputo rispondere alle richieste della popolazione che oggi, come sempre alla vigilia di stagioni elettorali in Haiti, si fanno sempre piú pressanti, un rischio di instabilitá che preoccupa le Nazioni Unite presenti sul territorio con una forza militare di stabilizzazione. Tuttavia, l’aspetto di maggior rilevanza é che il prossimo presidente haitiano, ed il suo governo, riescano nel difficile esercizio d’assumere la responsabilitá della ricostruzione soddisfacendo alcune (per lo meno ) delle piú incalzanti esigenze della popolazione e fare in modo che gli aiuti internazionali arrivino concretamente all’uomo della strada.
Gilles Cavaletto (da Haiti)