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Haiti: l’isola in stato di agitazione

In 3 sorsi – Forti proteste si sono scatenate in tutto il Paese contro la presidenza Moïse, che si sta prolungando oltre la naturale scadenza. Le origini del disagio, però, hanno radici profonde e derivano da problemi endemici nel sistema politico e sociale haitiano.

1. LE PROTESTE CONTRO MOÏSE

Il mandato del Presidente Moïse sarebbe dovuto terminare il 7 febbraio 2021, ma è stato chiaro sin da subito come quest’ultimo non avesse alcuna intenzione di lasciare il proprio posto, affermando che il mandato presidenziale scadrà solo nel 2022. Da qui è scoppiata la reazione rabbiosa dell’opposizione e delle piazze, che sono tornate a riempirsi a Port-au-Prince e in tutto il Paese. Moïse aveva vinto il primo turno di elezioni nell’ottobre 2015, ma il voto fu invalidato per frode. Una nuova votazione si è quindi tenuta nel novembre 2016, confermando la vittoria di Moïse, il quale è entrato ufficialmente in carica il 7 febbraio 2017. Poiché il mandato è quinquennale, la discussione riguarda se sia da considerare l’entrata in carica dell’attuale Presidente nel 2016 o nel 2017. Nel frattempo la polizia non ha esitato a usare la violenza per fermare le proteste e si registrano numerosi feriti tra i giornalisti e i manifestanti.

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Fig. 1 – Il Presidente Jovenel Moïse all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2018

2. LE CAUSE PROFONDE DELLA CRISI

Non si deve cadere nell’errore di semplificare l’analisi dell’attuale situazione di Haiti: le proteste di queste settimane sono dovute alle vicende appena descritte, ma la crisi del Paese ha radici profonde e viene da lontano. Haiti è infatti lo Stato più povero delle Americhe, con una struttura economica fortemente dipendente dalle potenze straniere alle quali nel tempo è stata legata (Francia prima, Stati Uniti poi) e con corruzione e violenza come problemi endemici. L’instabilità politica, con continui rovesciamenti di potere, ha giustificato la costante presenza di soldati stranieri in territorio haitiano, come l’operazione di peacekeeping MINUSTAH delle Nazioni Unite del 2004. La missione porto con sé un’epidemia di colera nell’isola e si macchiò di innumerevoli stupri contro la popolazione haitiana. Il terremoto del 2010 causò oltre 300mila morti e un milione e mezzo di sfollati, provocando un’ulteriore dipendenza del Paese dai capitali stranieri. Nel 2018 la presidenza Martelly venne accusata di essersi appropriata dei fondi del progetto PetroCaribe e questo, insieme al contemporaneo aumento dei prezzi del carburante, fece esplodere la protesta in tutto il Paese. Sempre nel 2018 c’è da ricordare il massacro a La Saline da parte di bande criminali, assoldate oggi dal Presidente Moïse, in cui 71 persone vennero brutalmente uccise e 400 case date alle fiamme. Dal 2015 più di trecentomila persone hanno lasciato il Paese, pari a circa il 2,5% della popolazione. Recentemente la Repubblica Dominicana ha annunciato l’intenzione di costruire un muro lungo il confine con Haiti per frenare l’immigrazione e il commercio illegali. È chiaro, dunque, che, nonostante il malcontento verso l’attuale Governo Moïse vada avanti ormai da più di due anni, il Paese vive una situazione di disagio strutturale, aggravato ulteriormente dalla pandemia.

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Fig. 2 – Manifestazioni nella capitale Port-au-Prince contro il Presidente

3. UN PASSATO CHE RITORNA?

Secondo molti ad Haiti si sta assistendo a un ritorno al passato, con il Governo di Moïse che progressivamente assomiglia sempre più a quello dittatoriale dei Duvalier, durato dal 1957 al 1976. Moïse governa per decreti, senza un Parlamento che gli faccia da contrappeso, poiché questo è stato sciolto ormai più di un anno e mezzo fa e mai rinnovato. Il suo potere si regge sulla repressione da parte di polizia e bande criminali, diventate a tutti gli effetti milizie armate al soldo del Presidente che ricordano molto i Tonton Macoutes, sia dei manifestanti, sia dell’opposizione, come dimostra l’arresto di ventitré persone accusate di un presunto colpo di Stato, oltre alla rimozione di tre giudici della Corte Suprema. Recentemente è stata creata una forza di intelligence extra-costituzionale ed è in programma una riforma costituzionale con l’obiettivo di rafforzare il potere esecutivo. Gli Stati Uniti, che fino a questo momento avevano appoggiato il Presidente Moïse, osservano con attenzione l’evolversi della situazione ad Haiti.

Matteo Barbanera

Photo by David_Peterson is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • Il Presidente Moïse è accusato dall’opposizione di governare oltre la scadenza del suo mandato.
  • Alla base del malcontento però ci sono problemi sistematici di povertà, corruzione, violenza.
  • I metodi e i mezzi dell’attuale Governo ricordano sempre più quelli già visti durante la dittatura Duvalier, tra gli anni Cinquanta e Settanta.

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Matteo Barbanera
Matteo Barbanera

Laurea magistrale in Relazioni Internazionali conseguita presso l’Università degli Studi di Perugia. Due Erasmus, entrambi in Germania. Un’esperienza di volontariato in Brasile. Sport, libri e tanti viaggi. Non sono bravo a scrivere le bio! Qui per parlare soprattutto di Sud America.

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