In 3 sorsi – La geopolitica ci pone davanti spesso la differenza tra strategie e tattiche. Superpotenze quali gli Stati Uniti hanno avviato una ventennale strategia difensiva insieme a Messico e Canada, puntando quindi a una sortita offensiva cercando di controllare gli altri continenti. La tattica è perciò consolidare la propria leadership a livello globale attraverso la maschera del soft power. Anche la Cina sembra volersi muovere in tal senso, avvalendosi però di strumenti nuovi.
1. LA STRATEGIA GLOBALE DI PECHINO
La Cina sembra avere finalmente i mezzi per concretizzare quell’idea a lungo sognata da Xi e dai Governi precedenti, cioè riportare all’antico splendore Zhongguo nel suo significato intimo di terra al centro tra il Medio Oriente e il resto dell’Asia. Senza dubbio, dal punto di vista economico Pechino rappresenta già il motore di tutto il sistema commerciale asiatico. La politica estera cinese guarda al mondo con un occhio più globale rispetto al secolo scorso: lo confermano, ad esempio, il modello di sviluppo “sud-sud” del Bejing Consensus e le rivendicazioni territoriali nel Mar Cinese Meridionale. La rinnovata diplomazia verso i Paesi vicini è stata necessaria soprattutto per fronteggiare l’altra potenza mondiale rivale, gli Stati Uniti.
Ovviamente il processo di ascesa della Cina come partner strategico principale in Asia è stato velocizzato soprattutto dalla caduta dell’Unione Sovietica e dalle difficoltà recenti della superpotenza americana. Ragioni che hanno portato alcuni a guardare a tutto questo come all’inizio del “secolo asiatico”.
Fig. 1 – Xi Jinping insieme al Presidente brasiliano Bolsonaro durante l’ultimo vertice dei BRICS del novembre 2019
2. IL RUOLO DELLA CINA NELLE AMERICHE
Ormai da circa venti anni la Cina ha ampiamente dimostrato di volersi attestare come modello alternativo di sviluppo anche in America Latina. Infatti, con un ingente flusso di investimenti passato da 12 a 261 miliardi di dollari tra il 2000 e il 2013, la Cina è diventata il secondo partner commerciale (dopo Washington) dei Paesi latinoamericani. Già nel suo primo anno di presidenza Xi Jinping ha dato prova che il “sogno cinese” sarebbe arrivato anche a confrontarsi con quello americano. Per ben tre volte Xi ha visitato il continente americano tra il 2013 e il 2016, preannunciando che le sue visite in Stati Uniti, Messico, Venezuela, Cuba, Brasile, Perù e Argentina rappresentavano la pubblica ammissione del suo interesse per il Nuovo Continente, e secondo alcuni anche la volontà di voler ricambiare l’ingerenza di Washington nel Mar Cinese Meridionale. Di recente Pechino ha anche mostrato la volontà di diventare a qualsiasi costo una presenza fissa nel Golfo del Messico. La CNOOC (China National Offshore Oil Corp) è infatti una delle 12 società che si sono assicurate ben 8 blocchi di estrazione offshore nel Golfo del Messico, arrivando a offrire fino a 5 volte oltre il necessario per ottenere le relative concessioni. Tuttavia, alla luce di questo, pensare che la Cina abbia le potenzialità per contrastare gli Stati Uniti nel proprio “cortile di casa” appare eccessivo. Pensare invece che Pechino stia proseguendo nella sua strategia di investire un po’ ovunque nel mondo per valorizzare al meglio la prestanza economica cinese appare una possibilità realisticamente più concreta.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Yuan Guangyu, CEO di CNOOC, colosso petrolifero con crescenti interessi nel Golfo del Messico
3. SCENARI ECONOMICI E TATTICA COMMERCIALE
La presenza cinese ha fatto registrare una spinta economica non indifferente alle economie delle città lungo l’East Coast e il Golfo del Messico nel 2019. Viceversa, in alcuni Paesi del Sud-Est asiatico si è invece avuto un gap considerevole nelle importazioni. Si tratta certamente di analisi di breve periodo i cui risvolti verranno probabilmente influenzati ancora dall’incertezza economica causata dalla guerra dei dazi. Ed è proprio lo scontro commerciale tra Xi Jinping e Donald Trump a determinare un significativo svantaggio della Cina, che ha dovuto cedere il posto proprio a Canada e Messico come top trading partners degli Stati Uniti. Di fatto in questo ultimo periodo spiccano due considerevoli determinanti. Da un lato Washington continua a lavorare alla difesa del proprio continente tramite il rafforzamento degli accordi di vicinato (prima NAFTA e poi USMCA) con Messico e Canada. Dall’altro, stanno emergendo i limiti del soft power cinese nei Paesi americani, che ne impediscono una replica dei successi registrati in Asia-Pacifico. Tuttavia il progetto cinese di investimenti esteri e nello specifico la tattica commerciale ha ancora il potenziale giusto per conquistare posizioni nelle Americhe.
Massimiliano Giglia
Photo by Ylanite Koppens is licensed under CC0