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Libia: l’attivismo di Ankara cambia il corso della guerra

In 3 sorsiIl protagonismo di Erdogan in politica estera trova spazio anche in Libia. Con il supporto militare turco, infatti, al-Serraj ha riconquistato quasi tutta la Tripolitania, spingendosi fino alle porte di Sirte. Haftar è in netta difficoltà, ma i suoi maggiori sponsor, Russia ed Emirati, non stanno a guardare.

1. LA TURCHIA IN LIBIA

La partita a scacchi della Turchia in Libia si gioca su più fronti. Dopo aver firmato, a fine novembre dello scorso anno, un trattato con il Governo di Tripoli (GNA) per la definizione delle rispettive zone economiche esclusive (ZEE) – che garantisce ad Ankara importanti diritti marittimi a discapito di Grecia e Cipro – il Parlamento turco ha inaugurato il 2020 approvando un progetto di legge per inviare truppe a sostegno di Fayez al-Serraj. Report di aiuti militari della Turchia al GNA compaiono già nel 2015. Le spedizioni di armi e dei primi veicoli corazzati, però, diventano evidenti nel maggio 2019, un mese dopo che l’Esercito Nazionale Libico (LNA), comandato dall’uomo forte della Cirenaica Khalifa Haftar, sferra un attacco contro le milizie che difendono Tripoli. Erdogan decide di inviare non solo tecnici e consiglieri militari, ma anche droni Bayraktar TB2 e missili anti-carro grazie al coinvolgimento del Qatar. Mentre le bombe di Haftar cadono incessantemente sui sobborghi di Tripoli, il supporto militare di Ankara al GNA compie un salto di qualità: migliaia di miliziani jihadisti filo-turchi provenienti dal fronte siriano di Idlib – in lotta contro il regime di Bashar al-Assad – sono infatti stati spediti in Libia per respingere l’offensiva del LNA. Da qualche mese, inoltre, sono presenti ufficialmente anche soldati dell’esercito turco, operativi a fianco dei mercenari siriani pro-Erdogan per supportare il GNA.

Fig. 1- Una mappa del territorio libico diviso per sfere di influenza aggiornata a maggio 2020 | Fonte: Political Geography Now

2. GLI OBIETTIVI GEOPOLITICI DELLA TURCHIA

Sono diversi i motivi che spingono la Turchia di Erdogan a intervenire nello scenario libico. Anzitutto bisogna sottolineare la scelta di campo. Ankara, infatti, sostiene con il Qatar il governo tripolitano per il forte legame che quest’ultimo ha con la Fratellanza Musulmana. La componente ideologica delle milizie che appoggiano al-Serraj, basata sulla volontà di favorire la diffusione dell’Islam politico, è un elemento determinante anche per comprendere le scelte geopolitiche del fronte opposto. Russia, Emirati ed Egitto, convinte avversarie dell’organizzazione islamista, spalleggiano Haftar, il quale si pone in continuità con le politiche ostili alla Fratellanza attuate da Muammar Gheddafi durante il suo regime quarantennale. In secondo luogo, Ankara – riempendo il vuoto lasciato dall’inerzia della politica estera italiana e dalla colpevole assenza di una strategia europea – conduce una politica assertiva in Libia perché vuole cristallizzare il suo status di potenza regionale, coerentemente con la sua strategia “neottomana”. La possibilità di condurre esplorazioni nella regione, consentita dal già menzionato accordo sulle ZEE, potrebbe poi portare alla Turchia enormi vantaggi in termini energetici: qualora venisse scoperto un giacimento nella propria ZEE, Erdogan farebbe del suo Paese uno Stato produttore di gas e potrebbe rifornire così direttamente le nazioni europee. Un’opportunità, quindi, anche per contrastare il progetto del gasdotto Eastmed, il quale dovrebbe portare il gas dall’area del Mediterraneo orientale in Grecia e, successivamente, anche in Italia. Ottenere un concreto peso politico in Libia significherebbe per la Turchia ulteriori due benefici in termini strategici: accrescere il peso negoziale nei confronti dell’Unione Europea attraverso il controllo dei flussi migratori (Erdogan ha appreso da anni, grazie alla gestione dei flussi della rotta balcanica, che il tema può rivelarsi molto profittevole) e creare le condizioni sul campo per la pacificazione attraverso un accordo con la Russia di Putin – seguendo lo schema delle de-escalation zones siriane, – escludendo in tal modo le potenze europee dai tavoli decisionali.

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Fig. 2 – Membri delle milizie fedeli ad al-Serraj combattono durante “l’Operazione tempesta di pace” contro le forze del generale della Cirenaica Khalifa Haftar nel distretto di Salahaddin, alla periferia di Tripoli, 18 aprile 2020

3. COME ANKARA STA CAMBIANDO IL CORSO DELLA GUERRA

Dopo che a fine marzo il LNA aveva conquistato numerose città della costa nord-occidentale, avvicinandosi pericolosamente al confine tunisino e cingendo d’assedio Tripoli, i rinforzi militari inviati da Erdogan al GNA hanno reso possibile l’inizio della controffensiva, denominata “Operazione tempesta di pace“. Ad aprile la fanteria del GNA – rimpolpata dai mercenari turcomanni e coadiuvata dai droni di Ankara – è riuscita a ottenere importanti vittorie, riconquistando la costa occidentale della Libia e strappando al LNA le postazioni prossime al confine tunisino. Inoltre, di particolare rilevanza strategica per le milizie di Tripoli è stata la presa della base aerea di al-Watiyah, a 125 chilometri dalla capitale. Due settimane fa, ulteriori progressi: il GNA è riuscito a espugnare le strategiche Tarhuna (già bombardata a metà aprile, la città era l’ultimo bastione a sud della capitale in mano alle forze di Haftar) e Bani Walid. Il 6 giugno scorso, infine, le forze di al-Serraj hanno lanciato un’offensiva nella città strategica di Sirte mentre Haftar ha appoggiato la proposta egiziana di un nuovo cessate il fuoco.
Le recenti vittorie del GNA hanno spinto Russia ed Emirati Arabi Uniti a incrementare il supporto militare a Haftar, in quello che potrebbe essere l’inizio di una grave spirale bellica nell’ex colonia italiana. Il Cremlino ha infatti fornito al LNA sei caccia Mig-29 e due bombardieri Su-24s nella base logistica di al-Jufra: sono aerei siriani – Damasco riconosce Haftar quale interlocutore legittimo – partiti dalla base russa in Siria di Khmeymim e scortati da due caccia Sukhoi Su-35 russi. L’attivismo di Ankara in Libia, bilanciato dalla presenza russa desiderosa di espandere la propria influenza in Nord Africa per legittimare lo status di grande potenza, certifica la crescente “sirianizzazione” del conflitto libico, ormai diventato una guerra per procura tra potenze regionali e internazionali. Uno scontro in cui Turchia e Qatar sono destinate a esercitare un enorme ruolo in Tripolitania, la coppia Russia-Emirati (ma anche la Francia, sebbene lontano dai riflettori, e l’Egitto, che ha appena annunciato la costituzione di un’alleanza anti-turca) in Cirenaica e l’Arabia Saudita nel Fezzan. Verso una futura federalizzazione del Paese e con l’Italia sempre più anonimo spettatore.

Vittorio Maccarrone

Immagine di copertina: Photo by Kaufdex is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • Da un anno la Turchia ha intensificato il supporto militare al Governo di al-Serraj al fine di respingere l’offensiva su Tripoli, condotta dalle milizie fedeli all’uomo forte della Cirenaica Khalifa Haftar.
  • Erdogan persegue una chiara strategia geopolitica volta ad accrescere l’influenza di Ankara in Libia, sfruttando il vuoto lasciato dall’Italia e dall’Unione Europea.
  • Il dinamismo turco nel Paese nordafricano ha radicalmente cambiato il corso della guerra in favore di al-Serraj. Russia ed Emirati corrono ai ripari per bilanciare Ankara.

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Vittorio Maccarrone
Vittorio Maccarrone

Catanese di nascita, ho conseguito la laurea specialistica all’Università di Pavia (città d’adozione) in World Politics and International Relations con tesi sulla guerra in Siria. Durante il periodo accademico colgo l’opportunità fornita dal progetto Erasmus per ben tre volte: Atene e Budapest sono le mete che scelgo per due tirocini in organizzazioni internazionali e non governative, mentre Gent mi accoglie per il periodo di studio all’estero. Seguo molto sia la politica interna che quella estera. Nelle dinamiche internazionali pongo particolare attenzione al martoriato Medio Oriente. Sono un accanito sostenitore del Calcio Catania, un fervente amante dello sport, appassionato di fotografia, aspirante giornalista e sì… bevo una modesta quantità di Caffè giornaliera!

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