Ristretto – Per la prima volta, i futures per il petrolio WTI hanno raggiunto valori negativi. Il petrolio non vale più nulla? No, il problema è dove metterlo.
Ieri, per la prima volta, i futures per il petrolio WTI (West Texas Intermediate) con consegna a Maggio hanno raggiunto valori negativi. Poco prima era successo lo stesso al petrolio pesante Canadese (il Western Canadian Select). Avete capito bene: per il petrolio che verrà consegnato a Maggio il petrolio ha prezzi negativi, cioè è il compratore ad essere pagato.
Ma come è possibile? Il petrolio non vale più nulla? Non è proprio così: il problema è dove metterlo. Il crollo del prezzo del petrolio, dovuto sia alla superproduzione saudita in seguito al mancato accordo con la Russia di qualche mese fa (un nuovo accordo è stato recentemente firmato, ma è da vedersi se potrò invertire il trend in fretta), sia al rallentamento della domanda a causa dell’emergenza Coronavirus, ha avuto tutta una serie di effetti a cascata: molti Paesi hanno continuato a comprare, riempiendo le proprie riserve strategiche. I Paesi produttori lo hanno fatto per sostenere l’industria estrattiva, di fatto creando riserve che venderanno poi a prezzo maggiore quanto la domanda mondiale crescerà di nuovo (prima o poi accadrà, è inevitabile), mentre gli importatori hanno sfruttato i prezzi bassi per riempire le proprie riserve strategiche come cautela per eventuali futuri “shock”. Il problema è che i depositi esistenti si stanno riempiendo, tutti. Costruire nuovi depositi è costoso e richiede tempo, e la maggior parte dei pozzi non possono essere semplicemente “chiusi” come un rubinetto. La complessità fisico-chimico-geologica dei giacimenti fa sì che l’operazione di chiusura sia particolarmente complessa e, una volta eseguita, non sia più possibile (o solo con difficoltà e alti costi) riaprire. Fanno eccezione solo i giacimenti di shale oil, che hanno caratteristiche differenti. Quindi quasi tutti esitano a farlo e la produzione continua.
Siamo perciò giunti al punto nel quale stoccare il petrolio costa più del valore del petrolio stesso e, tenersi in casa il petrolio è più costoso di regalarlo, o peggio… banalmente, i compratori sono giunti al punto di poter dire ai produttori: “ve lo prendiamo – e quindi evitiamo che dobbiate sobbarcarvi voi il costo di stoccaggio – ma solo se ci pagate”. O, dal punto di vista opposto, quello dei produttori: “prendete il nostro petrolio, vi paghiamo ma non lasciatecelo!”
E’ evidente che tale particolare distorsione non potrà esistere per sempre – al momento il problema immediato è solo per il petrolio con consegna a Maggio, quando si stima che la crisi sia ancora in piena evoluzione – ma costituisce comunque uno dei tanti effetti collaterali di questa crisi, che non è solo sanitaria ma raggiunge tanti altri aspetti dell’economia (e della società) mondiale.
Lorenzo Nannetti
Immagine “Shell Puget Sound Refinery“, by Walter Sigmund is licensed under CC BY 2.5