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Quattro lezioni da Idlib

Analisi – Gli scontri a Idlib tra Turchia e regime di Assad di febbraio-marzo 2020 sono stati seguiti in maniera costante dai media, ma ci si è soffermati poco sulle reali lezioni di quel conflitto. Lo facciamo noi.

L’offensiva del regime del Presidente siriano Bashar al-Assad per riconquistare la regione di Idlib nel nordovest della Siria ha raggiunto il suo punto critico a febbraio 2020, quando la Turchia è intervenuta con forze militari terrestri e aeree. Gli scontri hanno visto la creazione di una situazione di stallo quando Turchia e Russia hanno raggiunto un accordo per un cessate il fuoco che vede un pattugliamento congiunto dell’importante autostrada M4, di fatto diventata il “confine” tra le principali fazioni. Al di là del racconto giornaliero degli eventi, simbolo di una crisi ancora accesa dopo 9 anni di guerra, il conflitto ha evidenziato alcuni aspetti chiave che riteniamo siano quelli da tenere maggiormente sotto osservazione perché ci forniscono le vere chiavi di lettura per questo e altri conflitti attuali.

SUL TERRENO NON COMANDA ASSAD, MA L’IRAN…

Quando si parla di “forze di Assad” per parlare dell’esercito di terra che appoggia il Presidente Siriano, si commette in realtà un’imprecisione. Come abbiamo spiegato in un video della nostra seria “Persian Crisis” (visibile anche qui sotto), dal 2015 si tratta infatti in larga parte di milizie filoiraniane. I lunghi anni di guerra civile hanno ridotto notevolmente le forze armate autoctone, in particolare tra i sostenitori del regime, causa defezioni, perdite e fuga di profughi dal Paese. Reclutare e addestrare nuove forze è complicato: servono uomini, denaro ed equipaggiamento. Oltre tre quarti delle forze di terra a disposizone del regime provengono perciò dall’estero (molti sono afghani di etnia azara) e vengono equipaggiati e pagati dall’Iran. Questo ovviamente rende Teheran uno degli attori più influenti sul terreno.

Il vero peso dell’Iran in Siria

…MA SENZA L’APPOGGIO RUSSO POSSONO BEN POCO

Nonostante la grande influenza iraniana, la realtà della guerra moderna (confermata dagli eventi di Idlib) mostra come si tratti comunque di forze armate non sempre addestrate e non in grado di affrontare adeguatamente un esercito moderno – come quello turco. L’appoggio aereo risulta fondamentale e fin dal 2015 l’aviazione russa (VKS – Vozdushno-kosmicheskiye sily, letteralmente: Forze Aerospaziali Russe) è stato elemento fondante della controffensiva che ha permesso ad Assad di recuperare parte del Paese. Inoltre la presenza russa di fatto costituisce una deterrenza contro attacchi di altre potenze regionali. Questi aspetti vanno al di là delle semplici considerazioni tattiche sul campo per fornirci un’importante indicazione circa i rapporti di forza in Siria: durante l’offensiva turca di Idlib, le forze di Assad sono state bersagliate dai droni turchi riportando gravi perdite. L’aviazione russa non è intervenuta e sono stati perciò resi palesi tutti i limiti delle milizie filoiraniane. La situazione si è stabilizzata solo quando Mosca ha inviato gruppi di soldati nella cittadina di Saraqib (dove si combatteva duramente) e hanno concordato con la Turchia un cessate il fuoco. In altre parole, gli Iraniani sono stati tra gli elementi che hanno spinto maggiormente per riconquistare Idlib a ogni costo, ma senza l’appoggio (materiale e di influenza) russo, tali sforzi non erano sufficienti. Al tempo stesso, la Russia preferisce non impegnare troppo i propri militari sul terreno e questo rende comunque l’Iran oltremodo influente nel determinare la sopravvivenza del regime – e nel decidere se mantenere o meno un cessate-il-fuoco. Questo ci ricorda come gli equilibri interni delle coalizioni che appoggiano determinati regimi o Governi nel mondo siano spesso fondamentali per capirne le reazioni e le scelte sul campo (situazioni simili con attori diversi avvengono in Libia e Yemen).

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Fig. 1 – Un militare nel villaggio di Aafes, a nord della città di Saraqib (a nordovest della provincia di Idlib), 19 aprile 2020

LA SUPERIORITÀ LOCALE CONTA PIÙ DI QUELLA ASSOLUTA

Durante l’intervento turco a Idlib è stato spesso ripetuto che, se la Russia avesse agito, la Turchia avrebbe sicuramente perso. In realtà non è così ed è questo che spiega proprio la dinamica russo-turca durante gli scontri. A livello teorico assoluto, la Russia dispone effettivamente di mezzi militari notevoli – per quanto, non dimentichiamolo, la Turchia sia militarmente molto avanzata, tanto da essere il secondo esercito della NATO, dopo gli USA.
Il punto però è che tali confronti, anche se giornalisticamente interessanti, di fatto hanno poco senso sul campo: nessun conflitto è mai slegato da altri aspetti. Ad esempio la logistica (a poco serve avere truppe superiori se non posso portarle sul campo di battaglia) o la situazione politico-diplomatica (potrebbero esserci importanti restrizioni a usare forze eccessive in una certa regione). Pensiamo ad esempio alla differenza tra numero e capacità totale delle Forze Armate occidentali rispetto a quanto può davvero essere impiegato all’estero. In breve, l’apparato militare russo in Siria è limitato sia sul terreno (pochi battaglioni), sia a livello aereo, una media di 30-40 aerei, principalmente cacciabombardieri, molti dei quali non particolarmente moderni (Su-24, Su-25, Su-30 e Su-35 in numero e composizione variabile). Si tratta di un dispositivo molto efficace contro i miliziani sul terreno e assai debole per un confronto con un avversario alla pari (o superiore) tecnologicamente, come la Turchia, che ha mezzi e sistemi d’arma moderni. Pertanto la Russia non era militarmente superiore alla Turchia in Siria perché non ne aveva i mezzi, se non trasferendoli o iniziando un’escalation di conflitto che nessuno voleva (nemmeno la Turchia). Quello che si è visto perciò è una sorta di accordo tra le parti per evitare ogni scontro diretto: la Turchia ha inviato droni per bombardare solo dove non c’erano i russi e i russi hanno ottenuto che la Turchia tenesse i propri cacciabombardieri fuori dalla Siria. La differenza tra ciò che l’opinione pubblica percepisce dei rapporti di forza e la realtà sul campo può quindi essere notevole.

LA GUERRA AEREA È CAMBIATA

Se l’uso massiccio di droni è stato l’elemento visibile più chiaro a Idlib, cosa che ha permesso una intensa campagna di bombardamenti riducendo il rischio di perdite tra i piloti militari, un altro aspetto è passato più sotto traccia. Durante gli scontri, un F-16C turco ha abbattuto un L-39 siriano con un missile aria-aria AIM-120C AMRAAM. I due aerei distavano 45 chilometri di distanza e l’aereo turco non ha dovuto nemmeno entrare in Siria.

Fig. 2- Visualizzazione grafica delle distanze tra F-16 turco e L-39 siriano bersaglio, by @ClashReport

Questo caso ci spiega un fatto solo apparentemente banale: la tecnologia non evolve solo per PC, cellulari ed elettrodomestici, ma anche per l’ambito militare. E quando cambiano le armi e gli equipaggiamenti, cambia anche il modo di combattere.
Molti di noi, quando pensano al combattimento aereo, pensano ancora a quanto visto nel film Top Gun: aerei che duellano nei cieli a distanza ravvicinata, il cosiddetto “dogfight”. Non è più così, da anni. In realtà il dogfight è ancora possibile, ma i moderni sensori e radar fanno sì che i velivoli moderni siano capaci di ingaggiare l’avversario anche a distanze molto elevate, oltre la vista del pilota (si parla allora di BVR, Beyond Visual Range), e abbatterlo con missili che viaggiano a velocità e gittata ben maggiori di quelli che vedemmo in azione con Tom Cruise. Analogamente, le contromisure elettroniche e le contro-contromisure elettroniche, i collegamenti tra radar, aerei di sorveglianza e sensori, tutti aspetti invisibili ai media ma particolarmente presenti nei conflitti moderni, risultano fondamentali, senza parlare dell’uso massiccio di droni che modifica il livello di rischio che si può prendere senza mettere a repentaglio le vite dei piloti.
La valutazione dell’efficacia di un velivolo passa quindi non solo dalle sue caratteristiche individuali, ma dall’intero sistema nel quale è inserito, un aspetto non sempre ben compreso dall’opinione pubblica (ad esempio per il caso delle capacità dell’F-35).

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Fig. 3 – Una visione aerea della città di Ariha, a sud della provincia di Idlib. Centinaia di persone che avevano abbandonato la città durante l’offensiva del regime hanno deciso di ritornare nelle loro case piuttosto che vivere in un campo profughi durante la pandemia di Covid-19.

CAPIRE COSA SUCCEDE È DIFFICILE, CAUSA PROPAGANDA

L’ultimo aspetto da segnalare è quanto sia difficile seguire gli eventi di un tale conflitto. In teoria, tutto viene raccontato sui social: si trovano foto, filmati, mappe, testimonianze, quasi a ritmo continuo. Il problema è che per la maggior parte sono di propaganda: ogni parte in causa inonda il web di contenuti che mostrano i propri successi e avanzate, gli errori e i problemi del nemico. Ogni parte prova a promuovere la propria legittimità (“salviamo il popolo che soffre” o ”eliminiamo i terroristi”) contrapposto alla missione criminale dell’avversario, e supportati sui social da account veri e falsi in continua lotta propagandistica di “bene” contro “male”.
La realtà sul terreno però spesso è differente, tutti i contendenti avevano responsabilità gravi nella situazione e a fronte di avversari che continuano a dichiarare di “stare vincendo” in ogni momento (in alcuni casi usando foto vecchie di mesi, o prese da altre parti del mondo), capire chi avesse ragione (o dove stia la realtà) era difficile, perfino per gli esperti. In un caso memorabile degli ultimi giorni prima della tregua, il regime di Assad ha dichiarato 4 volte di aver riconquistato la cittadina chiave di Saraqib nello stesso giorno, utilizzando anche vecchie foto e presentandole come attuali, nonostante stesse invece subendo forti perdite e fosse lontana dal riuscirci (come ha potuto fare solo dopo il dispiegamento delle forze russe che ha anticipato la tregua). Questo tipo di disinformazione continua, combinata all’illusione dell’opinione pubblica mondiale di poter “capire” un conflitto solo guardando i social, sono un problema fondamentale che colpirà la narrazione di ogni futuro conflitto, e il dibattito pubblico su di esso.

Lorenzo Nannetti

Immagine di copertina: Syrian Air Force bombs Tah in Idlib Governorate by Qasioun News Agency is licensed under CC BY 3.0

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Perchè è importante

  • Gli equilibri all’interno di una coalizione sono spesso complessi.
  • La superiorità locale conta di più di quella assoluta.
  • La guerra aerea moderna ha caratteristiche molto diverse dal passato.
  • La guerra di propaganda tra le parti rende difficile seguire gli eventi giornalieri del conflitto – una caratteristica sempre più comune nei conflitti attuali (e futuri).

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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