Analisi – Fra le centinaia di migliaia di persone che partecipano alle manifestazioni indette dagli studenti per il crollo della pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad ci sono anime fra loro molto diverse. Nella presunta apoliticità che gli studenti richiedono ai manifestanti, si sta lentamente infiltrando l’estrema destra.
MANIFESTAZIONI E LAPSUS FREUDIANI
Il 15 marzo scorso, a Belgrado, gli studenti che da 4 mesi occupano tutte le Università del Paese hanno indetto una manifestazione di protesta, a cui hanno partecipato quasi 300mila persone, le quali reclamano giustizia per il crollo della pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad, che il 1 novembre scorso ha causato 16 vittime.
Per le strade di Belgrado sono scesi in piazza anche i membri dell’associazione Krokodil, fondata da Vladimir Arsenijević, scrittore e attivista. Arsenijević e i suoi amici sventolavano le bandiere dell’Unione Europea, dell’Ucraina, della Georgia e della Palestina. Sono stati subito aggrediti da alcuni ragazzi, che hanno strappato loro i vessilli e li hanno insultati. Alcune signore hanno cominciato a urlare “Solo bandiere serbe“. Nessuno degli altri manifestanti ha reagito e gli esponenti di Krokodil hanno rischiato di essere linciati. Per fortuna, anche grazie all’atteggiamento accondiscendente dei membri di Krokodil, la situazione si è calmata e le signore hanno smesso di urlare lo slogan sulle bandiere, ma una di loro, forse distratta, forse presa da manie di protagonismo, ha continuato a scandire, senza accorgersi delle parole che stava pronunciando, la seguente frase: “Solo bandiere russe, solo bandiere russe!“. Un vero e proprio lapsus freudiano, che indica chiaramente da che parte stiano alcuni manifestanti.
Fra di loro, a garantire la sicurezza degli studenti, c’erano anche i veterani della 63ma brigata paracadutistica, nota per aver commesso ignobili e feroci crimini contro la popolazione albanese del Kosovo negli anni Novanta. Veri e propri criminali di guerra acclamati come eroi e liberatori. Moltissime anche le bandiere con la scritta “Kosovo – Non c’è resa“, molto amate dai gruppi di estrema destra. Perché gli studenti hanno permesso ai criminali di guerra di sfilare in divisa e ai manifestanti di mostrare i simboli tipici dell’ideologia nazionalista e hanno invece vietato la bandiera dell’UE e quelle della Georgia, dell’Ucraina e della Palestina?

Fig. 1 – Proteste a Novi Sad, 3 febbraio 2025 | Foto: Christian Eccher
L’APOLITICITÀ E L’ILLUSIONE DELLA DEMOCRAZIA DIRETTA
Gli studenti che protestano non hanno una precisa ideologia e non appoggiano nessun partito politico di opposizione. Affermano di non essere né di destra né di sinistra. Organizzano manifestazioni, vanno a piedi nei paesi più sperduti della Serbia a render note a tutti le ragioni della loro protesta: vogliono giustizia ed esigono che le Istituzioni facciano il proprio dovere. Come, non lo spiegano. È chiaro che il loro obiettivo principale sia quello di mettere in crisi il Presidente Aleksandar Vučić, che governa da anni il Paese il maniera autocratica, ma non del tutto autoritaria (l’opposizione esiste e c’è libertà di parola). Questa apoliticità ha fatto di loro delle autorità morali indiscusse, addirittura esagerate. Se i partiti di opposizione avanzano delle proposte (per esempio, quella di un Governo tecnico che porti a elezioni libere), i principali commentatori in tv e sui giornali si esprimono così: “Bisogna vedere cosa dicono gli studenti”, “Si può fare solo se gli studenti votano a favore nei loro plenum”. Nei Balcani, la politica viene considerata un’attività sporca, per cui l’apoliticità degli studenti viene vista come simbolo di verginità ideologica e purezza morale assoluta. Non senza una buona dose di ingenuità, gli studenti hanno invitato i cittadini serbi a riunirsi in comitati popolari che dovrebbero sostituire le Istituzioni. Ci si trova in strada e si vota, esattamente come fanno gli studenti nelle proprie facoltà. Il primo problema è legato al fatto che non è possibile che 6 milioni di persone, vale a dire tutti gli abitanti del Paese, possano davvero esprimersi su ogni questione in maniera diretta. La seconda è che anche i “plenum” nelle facoltà hanno un deficit di democrazia: non sono trasparenti, nel senso che non vengono redatti verbali, o quanto meno non vengono resi pubblici. In più, almeno nella Facoltà di Filosofia di Novi Sad, solo un centinaio di studenti partecipa a queste riunioni, cioè meno del 2% del numero totale di iscritti all’ateneo. Una studentessa, che vuole rimanere anonima e che non condivide l’idea dell’occupazione (pur non essendo una elettrice di Vučić), mi scrive: “Sono andata una volta al plenum e ho avuto la chiara sensazione che l’unica libertà permessa fosse quella di essere d’accordo“.

Fig. 2 – “Qualcuno deve”, slogan dell’occupazione alla Facoltà di Economia dell’Università di Novi Sad | Foto: Christian Eccher
PORTE APERTE ALL’ESTREMA DESTRA
L’apoliticità degli studenti ha aperto la porta all’estrema destra, che, sotto la veste dei valori nazionali, si è infiltrata con i propri simboli nelle manifestazioni, e in modo davvero semplice, quasi naturale: la “serbità” viene venduta come un valore a-ideologico. È naturale che tutti i serbi, ovunque vivano, si debbano unire nella lotta contro Vučić per sconfiggere la corruzione e costringere le Istituzioni a fare il proprio dovere. Peccato che dietro quelle bandiere si nascondano dei contenuti estremamente pericolosi, che gli studenti non vogliono vedere perché, se ne parlassero apertamente, comincerebbero le divisioni interne: l’idea della Grande Serbia è sempre presente nella mente dei serbi e la comparsa della bandiera della Republika Srpska e dello slogan “Kosovo – non c’è resa” ne sono la testimonianza. Si lotta contro la corruzione, ma, nei sogni più intimi di molti manifestanti, rimane vivo quello di una Serbia funzionale e scevra di corruzione che comprenda tutti i serbi dei Balcani. Con la relativa annessione di tutti i territori abitati dai serbi, vale a dire di parte della Bosnia e del Kosovo.
Sia chiaro: la maggior parte degli studenti non pensa e forse non vuole che questo sia l’esito delle proteste, ma c’è il rischio che siano proprio i gruppi di estrema destra a prendere il potere una volta caduto Vučić e che i fantasmi del passato tornino a rivivere in un non troppo lontano futuro. Come potrebbe accadere tutto ciò? Nel vuoto istituzionale, i gruppi di destra potrebbero formare in maniera estremamente rapida dei partiti o dei movimenti, isolerebbero gli studenti con l’accusa di essere troppo deboli e di non avere idee concrete (e in effetti non le hanno) e si presenterebbero alla popolazione come gli unici possibili salvatori dello Stato.
Fig. 3 – Un’immagine della grande manifestazione anti-governativa tenutasi a Belgrado il 15 marzo 2025
PRIME DIVISIONI E STRATEGIE INCERTE
Durante le manifestazioni di protesta, ormai quotidiane, la polizia si è sempre comportata in maniera abbastanza corretta. Non ci sono state scene di violenza come a Berlino nel corso delle manifestazioni pro-Palestina o in Georgia. Il 15 marzo a Belgrado, però, è stata usata un’arma impropria, un cannone sonoro, che ha creato panico fra i manifestanti, senza tuttavia conseguenze serie. È chiaro che le Autorità serbe non sanno come affrontare i manifestanti ed è altrettanto evidente che hanno ormai perso l’appoggio della maggior parte della popolazione. L’accusa mossa all’inizio delle proteste agli organizzatori delle manifestazioni di essere pilotati da forze straniere, dagli americani e soprattutto dai nemici di sempre, croati e albanesi, non ha convinto neppure gli stessi elettori del partito del Presidente. L’opposizione è però frantumata e non riesce a canalizzare il potenziale della manifestazioni del 15 marzo verso esiti istituzionali. Nel frattempo, la polizia ha arrestato alcuni membri del gruppo studentesco informale STAV (che ha una chiara ideologia politica di sinistra e che vuole fare una volta per tutti i conti con il passato bellico e imperialista della Serbia degli anni Novanta). Una registrazione audio, ottenuta grazie a microfoni spia piazzati a casa di un attivista, ha rivelato che i membri di questa organizzazione si preparavano a scandire slogan che invitavano la popolazione alla rivolta durante la manifestazione del 15 marzo. Nulla di illegale, ma le Autorità hanno accusato i ragazzi di tentativo di colpo di Stato. Da parte degli altri studenti, quelli apolitici, non c’è stata alcuna reazione di rilievo, se non un paio di blandi comunicati stampa in difesa dei compagni arrestati, ai quali è stata comunque vietata la partecipazione futura all’occupazione. Questo ha creato una prima divisione fra gli studenti e, ancora una volta, ha rafforzato la presenza dei gruppi nazionalisti di estrema destra alle manifestazioni.
In Serbia le proteste vengono vissute con un’esaltazione estrema (anche in Italia e nel resto d’Europa, dove ormai ci sono più esperti di Balcani che idraulici). In realtà, l’esito è assolutamente incerto: gli studenti hanno poco tempo per decidere se e a chi dare il proprio appoggio. La favola delle democrazia diretta non potrà reggere a lungo. Un’eventuale caduta di Vučić potrebbe portare a un caos istituzionale e a una totale implosione delle Istituzioni, che è in parte già cominciata. Il caos solitamente genera mostri, uomini forti e dittatori. Lo stesso Vučić, nel caso in cui riuscisse a rimanere al Governo, potrebbe abbandonare le proprie tendenze autocratiche, promuovere una repressione senza precedenti e instaurare un vero e proprio Governo dittatoriale. Sono pochi gli intellettuali e i politici che mettono in luce questo rischio, e uno di loro è Vladimir Arsenijević. I serbi non sembrano volerlo ascoltare: ancora prigionieri di una mentalità prepolitica, per ora preferiscono l’esaltazione e l’adorazione irrazionale nei confronti degli studenti.
Christian Eccher
“Protest on the bridges in Cacak” by dejankrsmanovic is licensed under CC BY