In 3 Sorsi – Al vertice virtuale del 23 aprile i 27 leader dell’Unione Europea hanno deciso di dare vita ad un Recovery Fund per finanziare la ripresa economica dopo la pandemia. Una vera svolta o solo la prima tappa di un percorso ancora lungo?
1. LA RIUNIONE DEL 23 APRILE
C’erano forti aspettative sul Consiglio Europeo che si è tenuto giovedì sera in videoconferenza, ci si attendeva che fosse risolutivo per trovare una soluzione comune alla pesantissima crisi economica scatenata dalla pandemia da COVID-19. Dai leader dei 27 Stati Membri ci si aspettava in particolare una decisione politica sulla questione di cui si è discusso per settimane: eurobond sì o no? Tale soluzione, appoggiata dai Paesi dell’Europa meridionale, era infatti osteggiata dagli Stati piĂą “rigoristi” del Nord Europa, con la Germania in una posizione piĂą dubbiosa, o quantomeno non rigida quanto quella olandese. La riunione è stata relativamente veloce per gli standard a cui ci avevano abituato sessioni “fiume” in prossimitĂ di decisioni cruciali (pensiamo, ad esempio, alla drammatica notte in cui la Grecia fu sul punto di abbandonare l’eurozona nel 2012) e si è conclusa con l’approvazione a unanimitĂ delle raccomandazioni dell’Eurogruppo di due settimane fa, così come l’idea di istituire un nuovo fondo (“Recovery Fund”) che servirĂ per finanziare la ripresa economica.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il Presidente del Consiglio Europeo, il belga Charles Michel, al termine del Vertice Europeo
2. LE DECISIONI DEL CONSIGLIO EUROPEO
I 27 leader hanno confermato innanzitutto gli strumenti proposti dai Ministri delle Finanze: il fondo “SURE” da 100 miliardi di euro per sostenere i programmi di cassa integrazione nazionali; il nuovo fondo di garanzie bancarie da 25 miliardi (con una leva finanziaria fino a 200 miliardi) per le Piccole e Medie Imprese in capo alla Banca Europea degli Investimenti; e il tanto discusso “MES 2.0”, ovvero la linea di credito denominata “Pandemic Crisis Support” del valore di 240 miliardi e che sarà scorporata dai fondi del Meccanismo Europeo di Stabilità e destinata – senza l’applicazione di condizionalità macroeconomiche – a spese sanitarie dirette e indirette. Tutte queste misure saranno operative dal 1 giugno 2020.
Inoltre, il Consiglio Europeo ha concordato di creare il Recovery Fund con “urgenza”, demandando alla Commissione la definizione dei dettagli tecnici con una proposta che dovrĂ essere formulata entro poche settimane. A questo punto, è entrata in gioco la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, la quale ha annunciato che verranno mobilitate risorse per “migliaia di miliardi” di euro. La cornice c’è, ma ora manca il quadro.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – A Ursula von der Leyen spetta il compito di definire i dettagli del nuovo Recovery Fund
3. I (MOLTI) PUNTI DA CHIARIRE
Non è però chiaro dove verranno reperite queste risorse aggiuntive. Le strade sono essenzialmente due: creando emissioni di debito comune, che avrebbero un rating molto alto e dunque bassissimi tassi di interesse (in sostanza, i famosi “coronabond”); oppure aumentando il budget dell’Unione Europea. Tale soluzione viene presa in considerazione proprio perché in questi mesi gli Stati stanno negoziando la definizione del nuovo Quadro Finanziario Pluriennale dell’UE, che entrerà in vigore nel 2021 fino al 2027 e che ammonta attualmente all’1% circa del PIL dell’intera Unione. Considerando che tutti gli Stati andranno incontro ad una massiccia recessione, è chiaro che – se il conto del nuovo “budget europeo” fosse fatto sulla base del PIL nel 2020 – sarà necessario aumentare in maniera massiccia le risorse a disposizione, ed è per questo che si parla di un aumento fino al 2%. In ogni caso, è evidente che non sarà possibile mettere in campo queste risorse prima dell’anno prossimo.
Cosa ha ottenuto dunque l’Italia? Non si può certo dire che per Conte sia stato un trionfo su tutta la linea (anche perché le richieste italiane non erano del tutto chiare). Tuttavia, la partita rimane aperta e gli Stati più rigoristi si sono dovuti arrendere – complice la spinta decisiva della Germania – alla necessità di mettere in campo più risorse per fronteggiare una crisi senza precedenti. Quel che è certo è che sul tavolo ci saranno, tra poco più di un mese, risorse fresche che potrebbero essere molto utili per affrontare la cosiddetta “fase 2” nel modo opportuno (pensiamo ad esempio alle spese che andranno sostenute per mettere in sicurezza uffici, fabbriche, spazi pubblici e mezzi di trasporto). Al di là di polemiche e strumentalizzazioni politiche, non ricorrere al “Pandemic Crisis Support” (che per l’Italia si tradurrebbe in 37 miliardi subito utilizzabili) sarebbe quantomeno poco saggio.
Davide Tentori
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