La minaccia del pastore evangelico Terry Jones di bruciare pubblicamente alcune copie del Corano ha fatto il giro del mondo, suscitando proteste di molte comunità musulmane. L'episodio fornisce l'occasione per riflettere sul processo di integrazione dei fedeli islamici negli Stati Uniti: a nove anni dal terribile attentato delle Torri Gemelle, tuttavia, il bilancio non sembra positivo. E Obama non sta facendo granchè
MOSCHEA A GROUND-ZERO? – Negli Stati Uniti si dibatte ormai da qualche settimana riguardo all’allargamento di un centro islamico sito nella famosissima Manhattan e chiamato Park 51, da anni incastonato tra bar e uffici ed ora finito sulle prime pagine dei maggiori quotidiani e nei servizi dei telegiornali nazionali. Molti considerano un oltraggio alla memoria dei caduti lasciare che i musulmani allarghino una moschea già esistente, a pochi isolati di distanza dal luogo in cui migliaia di civili inermi hanno perso la vita quella mattina di nove anni fa. Tuttavia inutili generalizzazioni, soprattutto quando si tocca un tema così delicato come il terrorismo di matrice religiosa, rischiano di incendiare gli animi di chi colpevole non è e né si sente tale. A rendere ancor più complicata una situazione in cui le opposte fazioni, i manifestanti anti-moschea contro i musulmani statunitensi, non si sono risparmiate accuse e insulti ci ha pensato Terry Jones, un pastore di anime della Florida (nella foto sotto) che ha organizzato nientemeno che il Koran Burning Day, minacciando ovvero di bruciare pubblicamente centinaia di copie del Corano.
TERRY NON FARLO – A questo punto però, la questione si è fatta più seria. Il presidente Barack Obama ha chiesto di sospendere la manifestazione per cercare di evitare un disastro mediatico di proporzioni internazionali. I governi di Iraq ed Indonesia hanno immediatamente chiesto spiegazioni alla Casa Bianca e dimostrazioni di piazza sono già avvenute in molti paesi musulmani. Il generale Petraeus, comandante delle forze ancora impegnate in guerra, ha chiesto di non mettere ulteriormente in pericolo gli uomini e le donne statunitensi schierate in Afghanistan. I leader degli studenti islamici hanno fatto sapere che, se in Florida fossero state bruciate copie del Corano, nel paese asiatico sarebbero stati attaccati i cristiani, anche se innocenti. Il Segretario alla Giustizia ha definito stupida, quanto pericolosa, l’intera iniziativa, ma che avrebbero potuto essere formalizzate solo accuse minori al pastore evangelico se il “rogo” avesse avuto luogo. I leader delle principali religioni hanno lanciato appelli a favore della tolleranza e hanno espresso la loro solidarietà ai fedeli musulmani e il Vaticano, in una nota ufficiale, ha definito un oltraggio il rogo del Corano. Alla fine Terry Jones ha deciso rinunciare al rogo simbolico del testo sacro: il miliardario Donald Trump comprerà i terreni dove avrebbe dovuto sorgere il centro islamico di New York. Alla fine sono stati il denaro e le speculazioni edilizie a prevalere.
I MUSULMANI IN USA – Entrambi gli episodi lasciano però pensare: gli Stati Uniti sono in preda all’Islamofobia? E’ forse presto per dirlo, ma i segnali scatenatisi negli ultimi giorni preoccupano il governo di Washington. La minoranza musulmana a stelle e strisce rischia di non riuscire ad integrarsi completamente ed episodi di intolleranza si sono verificati in tutto il paese. Su 305 milioni di cittadini statunitensi 2,5 milioni sarebbero di fede musulmana, distribuiti in circa 1900 moschee. Sebbene un sondaggio abbia rilevato che il 55% degli intervistati sia favorevole alla costruzione di un luogo di culto musulmano nel quartiere dove risiede, sono ancora in molti a credere che l’Islam sia una religione che incoraggia ad usare la violenza contro i non credenti. Il problema non sembra essere quindi dei cittadini di fede musulmana, che sembrano avere per la maggior parte valori tipicamente U.S. – oriented, quanto più degli statunitensi cristiani, ebrei e di altre religioni.
E OBAMA CHE FA? – Il problema vero, dunque, sembra quello dell'integrazione. L’attuale amministrazione statunitense non sembra essere riuscita a governare una situazione che rischia ancora di sfuggire di mano e di divenire un problema sul piano delle relazioni in politica estera. Molti osservatori hanno fatto notare che, a differenza del suo predecessore, Obama non ha ancora compiuto alcun gesto volto a favorire la tolleranza nei confronti dei musulmani statunitensi. George W. Bush si recò in una moschea a poche settimane dall’attacco al World Trade Center, il suo successore ha stentato nelle prime dichiarazioni sul possibile allargamento della moschea di New York e ha dovuto incassare, al contempo, i pesanti attacchi da parte Repubblicana. Il leader conservatore Newt Gingrich, ex speaker della Camera e possibile avversario di Obama alle prossime elezioni presidenziali del 2012, e Sarah Palin, altra possibile candidata alla leadership del ticket del Grand Old Party, hanno guidato la crociata anti-moschea, guadagnandosi l’appoggio dei molti cittadini incapaci di tollerare un minareto su suolo statunitense. Dall’altra parte i leader Democratici sono colpevolmente rimasti schierati su posizioni ambigue, in molti hanno dichiarato di considerare la decisione sulla moschea di stretta competenza delle autorità locali. Barack Obama ha difeso con forza i diritti della comunità musulmana newyorkese, ma si è trovato a dover fronteggiare in solitaria la furia dei Repubblicani, che hanno dominato le scena con dichiarazioni sprezzanti quanto pericolose. A ridosso della commemorazione del giorno di maggior dolore nella storia degli Stati Uniti sono tornate a bruciare ferite profonde, non ancora cicatrizzate. Riusciranno gli Stati Uniti, paese fondato sulla libertà e sulla tolleranza religiosa, ad integrare una minoranza che molti considerano con diffidenza, se non con odio?
Simone Comi [email protected]