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"L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere"

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Vince Chávez. O forse no?

Nelle elezioni per il rinnovo de la Asamblea Nacional della scorsa domenica Hugo Chávez conferma la maggioranza parlamentare, ma il risultato ottenuto delle opposizioni riduce di fatto il potere del Comandante. L'opposizione ha infatti superato il PSUV, partito del Presidente, per quanto riguarda i voti espressi (52% di preferenze), ma un ingegnoso sistema elettorale ha permesso al leader bolivariano di ottenere la maggioranza dei seggi.

DI NUOVO ALLE URNE – Lo scorso 26 settembre 17 milioni di venezuelani sono stati chiamati alle urne per eleggere i propri rappresentanti alla Asamblea Nacional, il Parlamento di Caracas. Nel 2005, praticamente tutti i partiti di opposizione avevano deciso, in un tentativo malriuscito di delegittimare la Asamblea, di boicottare i comizi, consegnando a Chávez e al suo Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV) il monopolio del parlamento. Nel corso degli ultimi 5 anni, quindi, il Comandante aveva potuto legiferare a proprio piacimento, producendo quella strana aderenza tra potere esecutivo e potere legislativo che al naso di molti analisti internazionali non profumava esattamente di democrazia. Dopo cinque anni di bolivarismo, gli antichavisti hanno imparato la lezione e si sono presentati alle elezioni sotto una unica bandiera, quella della Mesa de la Unidad Democratica (MUD).

I RISULTATI – L’affluenza del 66,45% (un dato storico per il Venezuela) ha prodotto risultati chiari seppur ancora provvisori: su 165 seggi disponibili, la MUD ha ottenuto ben 64 deputati, un numero sufficiente a bloccare iniziative unilaterali di riorganizzazione in senso autoritario dello Stato venezuelano. Il PSUV sará invece rappresentato da 95 deputati. Chavez mantiene quindi la maggioranza assoluta al Parlamento, ma non raggiunge l’obiettivo che aveva indicato ai suoi nelle settimane precedenti al voto: quei 2/3 dei seggi che avrebbero garantito al suo progetto rivoluzionario un cammino spedito e senza scossoni. Il dato interessante é comunque un altro: una attenta analisi dei risultati diffusi dal Consejo Nacional Electoral (CNE) mostra come la MUD abbia ottenuto il 52% dei voti espressi dai venezuelani. É solo grazie alla machiavellica organizzazione dei collegi elettorali (di recente il sistema di voto è stato mutato da proporzionale a maggioritario) partorita dal governo in carica che l’opposizione ha ottenuto un numero di seggi meno che proporzionale rispetto al totale dei voti ottenuti. Come detto, si tratta di risultati provvisori (restano da assegnare ancora 6 seggi) ma la sostanza é chiara: nonostante Chávez si sia affrettato a definire “solida” la vittora del PSUV su Twitter, egli non potrá piú disporre a piacimento del Parlamento come ha fatto negli ultimi cinque anni. Anche le opposizioni, del resto, hanno accolto i risultati con soddisfazione.

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E ORA? – A questo punto é lecito porsi delle domande su cosa succederá nei prossimi anni a Caracas e dintorni. L’assenza di un parlamento monocolore obbligherá Chavez a confrontarsi con le opposizioni sui temi piú sensibili della revolución, a meno di colpi di mano piú o meno legali. D’altra parte, la MUD (che raggruppa 22 organizzazioni che vanno dalla destra conservatrice alla sinistra moderata) dovrá confermare l’unitá elettorale anche nella quotidianitá parlamentare. L'estrema frammentazione dell'opposizione, infatti, è stata in questi anni uno dei fattori che ha agevolato il Presidente in carica. Nemmeno in questa occasione è riuscita a presentarsi compatta: il partito di sinistra Patria Para Todos, alternativo al PSUV come alla Mesa, si è presentato da solo ottenendo due seggi. Inoltre, sullo sfondo, gli elevati indici di corruzione che caratterizzano la política venezuelana, l'alto tasso di criminalità, le incognite sugli andamenti futuri del prezzo del petrolio e le relazioni politico-diplomatiche con alleati e oppositori dentro e fuori dal continente americano. Solo una cosa é certa, la strada che porta alla rielezione del 2012 non é per Chávez cosí in discesa come pensava.

Vincenzo Placco

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