In 3 sorsi – Dopo l’incidente di frontiera a Galwan tra India e Cina, il piĂą grave da circa mezzo secolo, i due Paesi hanno adottato misure per evitare un’escalation, ma le questioni di fondo non sembrano risolte e la calma potrebbe essere solo apparente.
1. L’INCIDENTE DI GALWAN E LA DESTABILIZZAZIONE DEGLI EQUILIBRI
Nelle relazioni tra Cina e India non sono mai mancati i litigi, a volte anche con conseguenze sanguinose per l’una o l’altra parte, sin dalla guerra del 1962. I due Paesi condividono alcuni luoghi di confine che non sempre sono stati concepiti allo stesso modo. Infatti la Cina considera come confine la linea Macartney-MacDonald del 1899, che divideva il Ladakh dall’Aksai Chin, nonostante non ci sia mai stato un riconoscimento esplicito di Pechino. Delhi invece si basa ancora sulla linea introdotta dal Governo britannico, la linea Ardagh-Johnson, che include l’Aksai Chin all’interno del proprio territorio.
Nonostante queste incomprensioni, che ciclicamente hanno aumentato le tensioni, nell’ottobre 2019 i rispettivi Primi Ministri si sono impegnati per un miglioramento delle relazioni. A seguito del vertice, i funzionari hanno definito attività congiunte da portare avanti a tal fine, tra cui lo scambio di delegazioni commerciali e militari e collaborazioni per la ricerca accademica, ma ciò non è bastato. Dopo le tensioni di inizio maggio, nella notte tra il 15 e il 16 giugno violenti tafferugli nella valle di Galwan hanno portato a 20 morti da parte indiana e a un numero ignoto da parte cinese, seppur non siano state utilizzate armi da fuoco.
Fig. 1 – Un caccia indiano sorvola l’area di Galwan, teatro dello scontro brutale tra truppe indiane e cinesi del giugno scorso
2. QUALI CONSEGUENZE?
Ventiquattro ore dopo lo scontro l’agenzia di stampa nazionale cinese Xinhua ha sottolineato la necessitĂ di gestire la situazione al confine e “insieme mantenere la pace e tranquillitĂ “, dopo aver accusato la controparte di aver violato volontariamente la Line of Actual Control (LAC). L’India, da parte sua, ha dichiarato di essere un Paese pacifico, ma “capace di dare una risposta adeguata se provocato“, accusando Pechino di voler modificare lo status quo al confine.
Nulla di troppo plateale o minaccioso si è concretizzato tra i due vicini, ma ognuno ha preso delle misure per cercare di difendere la propria posizione. In Cina i siti indiani e i giornali online sono stati bloccati, accessibili soltanto attraverso un Virtual Private Network (VPN). Il Governo di Delhi ha bloccato 59 app cinesi, tra cui TikTok, per essere “pregiudicanti della sovranitĂ e integritĂ dell’India, della difesa dell’India, della sicurezza dello Stato e dell’ordine pubblico”.
Da parte di Pechino le Forze Armate si sono rafforzate con l’arrivo di membri dell’Esercito Popolare di Liberazione su tutti i punti di confine con l’India, facendo dubitare gli indiani se interpretarlo come volontà di maggior difesa o intenzione di voler passare all’attacco.
Fig. 2 – Manifestazione anti-cinese a Mumbai, 20 giugno 2020
3. I POSSIBILI SCENARI
Queste tensioni potrebbero portare a un avvicinamento di Delhi a Washington, ma con la presenza “incomoda” della Russia, grande fornitore di equipaggiamenti militari all’India. Il Presidente americano Donald Trump si è dichiarato subito a supporto delle rivendicazioni indiane, proponendosi come intermediario per la risoluzione delle dispute in corso a differenza di Mosca, che ha mantenuto una posizione neutrale, data sia la grande importanza di Delhi come partner per la fornitura di armamenti che la dipendenza economica della Russia dalla Cina. Considerata la relazione instabile e non sempre rosea tra Pechino e Washington, la presa di posizione di Trump è sicuramente degna di nota. Nonostante questo, però, non sarà semplice per Delhi prendere una posizione al fianco degli Stati Uniti, data l’instabilità che caratterizza la politica americana, con le nuove elezioni alle porte, e i forti interessi economici che legano l’India alla Cina.
Le dichiarazioni ufficiali di Delhi e Pechino non mostrano alcun risentimento e sembrano voler arrivare a una risoluzione diplomatica delle controversie di confine. Purtroppo però la situazione sul terreno rimane instabile e non pare che attualmente ci siano le condizioni per risolverla in modo pacifico, visto anche l’aumento di personale militare impiegato da entrambe le parti.
Giuditta Vinai
Photo by David_Peterson is licensed under CC BY-NC-SA