Analisi – A qualche mese dalla diffusione del virus, ecco gli sviluppi delle tensioni sociali in Cile, tra difficoltĂ economiche e riforma delle pensioni.
LE MANIFESTAZIONI POPOLARI E LE TENSIONI NEL 2019
La diffusione della Covid-19 in Cile e l’attuazione delle misure restrittive per il suo contenimento hanno portato al congelamento dei fermenti politici e sociali, protagonisti del panorama politico cileno negli ultimi mesi del 2019. Tutto era iniziato lo scorso ottobre, quando l’aumento del 4% sul prezzo dei biglietti della metropolitana aveva costituito la scintilla per l’esplosione di intense manifestazioni diffusesi poi velocemente su tutto il territorio. La presidenza di Sebastián Piñera era stata così travolta da un uragano di contestazioni capace di accrescere la propria forza giorno per giorno e di vanificare qualsiasi tentativo di placare il malcontento popolare. In breve tempo le proteste avevano finito per rivolgersi all’intero sistema socio-economico cileno, ereditĂ della transizione democratica avvenuta negli anni Novanta e da allora piĂą volte sopravvissuto ai diversi tentativi di una sua modifica sostanziale, come recentemente aveva provato a fare l’ambizioso programma riformista della Presidente Michelle Bachelet.
Con la fine del regime di Augusto Pinochet, infatti, il sistema economico era stato plasmato secondo i canoni del modello neoliberale, che se da un lato aveva garantito la veloce crescita economica del Paese, dall’altro aveva favorito l’emersione di forti disuguaglianze. Di fatto, le importanti privatizzazioni effettuate in diversi settori avevano ostacolato la formazione del classico welfare state, affidando la responsabilitĂ dell’erogazione dei servizi essenziali agli enti privati. Per completare il quadro bisogna considerare anche la limitata capacitĂ redistribuiva dello Stato, che ha impedito la correzione della distribuzione del reddito, una delle principali cause concernenti l’aumento delle disuguaglianze interne. Alla base delle proteste scoppiate nel 2019, vi sono dunque ragioni che affondano le proprie radici nelle scelte economiche, aderenti al modello neoliberale, attuate dai diversi Governi in carica dagli anni Novanta in poi.
Fig. 1 – Proteste e tensioni contro il Presidente Sebastian Piñera, 25 ottobre 2019, Santiago del Cile
LA PANDEMIA E LE TENSIONI NELLE PROTESTE SOCIALI
Gli effetti della Covid-19 in merito alle tensioni sociali preesistenti sono stati tra loro contrastanti: le misure applicate per il contenimento del virus hanno infatti comportato l’interruzione delle manifestazioni, permettendo al Governo di Piñera di riprendere fiato. Al tempo stesso, però, la forte pressione esercitata sull’intero sistema sociale ha contribuito a mettere maggiormente in luce le gravi carenze del sistema sociale cileno. Le pesanti conseguenze economiche e l’incremento della disoccupazione (nel trimestre marzo-maggio è stato registrato un livello pari all’11,2%) hanno inevitabilmente esasperato le rivendicazioni dei mesi precedenti. Oltretutto le misure restrittive adottate hanno comportato il rinvio di importanti appuntamenti politici ed elettorali, come il referendum del 26 aprile, una delle principali conquiste delle precedenti manifestazioni con cui sarebbe stato avviato il processo di riforma costituzionale.
Nonostante lo stato di quarantena, alcune piazze cilene sono tornate al centro di intense manifestazioni sfociate spesso in azioni violente. Infatti, il drastico peggioramento delle condizioni di vita soprattutto delle fasce meno abbienti, la mancanza di alimenti e l’abbandono statale nei confronti dei gruppi sociali più esposti hanno inasprito il livello di tensione sociale. La pandemia, tra le tante conseguenze generate, non ha fatto altro che mettere in risalto le evidenti lacune circa la limitata capacità statale di garantire l’erogazione dei servizi essenziali e tutelare i diritti fondamentali dei propri cittadini.
Fig. 2 – Un poliziotto guarda lo striscione dei manifestanti con scritto: “Se non ci uccide il virus, ci uccide la fame”, 20 maggio 2020, Santiago del Cile
LA RIFORMA COSTITUZIONE SULLE PENSIONI
Nel quadro più generale riguardante le manifestazioni dei mesi precedenti, anche il sistema pensionistico era stato al centro di intensi dibatti per una sua eventuale modifica che potesse soddisfare alcune delle richieste dei protestanti. Senza addentrarsi nella spiegazione sul funzionamento delle pensioni cilene, è importante considerare come i suoi elementi di privatizzazione e forte capitalizzazione abbiano costituito una delle principali cause del basso livello di risparmio previdenziale nel Paese.
In risposta alla crisi del coronavirus e seguendo l’esempio del PerĂą, lo scorso mese il Congresso è stato coinvolto nel voto per l’approvazione di un progetto di riforma costituzionale per permettere ai cittadini di ritirare anticipatamente una somma di denaro dalle proprie pensioni. L’urgenza derivata dalle difficoltĂ economiche indotte dalla diffusione della pandemia ha permesso di intervenire velocemente su questo tema altamente dibattuto. Nonostante la forte contrarietĂ presidenziale, l’evidente schieramento popolare a favore del progetto, come testimoniano anche i cacerolazos (proteste con pentole e coperchi), ha portato alla sua approvazione e promulgazione lo scorso 24 luglio. La riforma costituzionale prevede che gli affiliati al Sistema pensionistico privatizzato (AFP) possano ritirare anticipatamente una somma di denaro pari al 10% dei fondi pensione, cifra che potrĂ variare da un minimo di un milione di pesos (1.300 dollari) fino ad un massimo di 4,3 milioni (5.600 dollari).
L’importanza di questa riforma risiede soprattutto nella sua potenzialitĂ di aver avviato un processo in grado di scardinare le basi dello stesso modello economico-sociale del Paese. Per un verso l’attuale emergenza sanitaria ha permesso di intervenire velocemente su questo tema lungamente dibattuto, dall’altro però risulta piuttosto improbabile immaginare che nei prossimi mesi verrĂ dato uguale spazio a riforme che non abbiano lo stesso livello di urgenza e inerenza rispetto alla crisi. La riforma ha inoltre inflitto un altro duro colpo alla stabilitĂ della presidenza Piñera, piuttosto precaria durante le manifestazioni dei mesi precedenti – anche se leggermente risollevata nei primi tempi di diffusione della pandemia, – e adesso nuovamente indebolita vista l’incapacitĂ di convincere parte della propria maggioranza a bocciare il progetto di riforma. Non a caso Heraldo Muñoz, capo dell’opposizione, ha definito tale successo come “uno tsunami cittadino, seguito da un terremoto politico per il Governo”.
Giulia Cittadini
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