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Il ‘nunca mas’ cileno

Si è conclusa felicemente la vicenda che ha visto 33 minatori cileni intrappolati nella miniera di oro e rame a San José dal 5 agosto al 13 ottobre. Una dura sfida per il Presidente Sebastián Piñera che, a sette mesi dall’inizio del suo mandato, ha dato una grande prova del proprio impegno politico. Ora la speranza dei protagonisti della triste vicenda è il miglioramento delle condizioni di lavoro nelle miniere non solo in Cile, ma anche in tutto il resto del mondo, soprattutto alla luce degli eventi verificatosi nelle miniere in Colombia, in Ecuador e in Cina.

 

FENIX 2 – A seguito del crollo della galleria nella miniera di San José, lo scorso agosto 33 minatori sono rimasti imprigionati a 700 metri di profondità. L’operazione di salvataggio è stata resa possibile grazie all’impiego del Fenix 2, una delle tre capsule costruite in Cina, larga 55 centimetri e alta 4.5 metri, con una velocità di risalita di un metro al secondo. È stato Florencio Avalos il primo a raggiungere la superficie assistito durante la salita da uno speciale strumento per controllare le condizioni vitali, quali l’andamento cardiaco e respiratori, e non appena giunto in superficie, subito assistito da un ospedale da campo installato in loco per il primo soccorso.

 

NUNCA MÁS (MAI PIU’) – L’auspicio dei minatori è che l’accaduto non rimanga un semplice “milagro”, anzi, ambiscono all’elaborazione di una politica governativa ad hoc per le misure di sicurezza nei posti di lavoro. È stato questo l’impegno proclamato dal Capo di Stato cileno: “… mai più si lavorerà in condizioni tanto insicure e disumane …”. Il Presidente Piñera, inoltre, ha avviato le indagini per ricostruire la meccanica che ha provato l’incidente nella miniera di San José al fine di evitare la ripetizione un incidente similare e, soprattutto, e di individuare i colpevoli dell’accaduto. In particolare, sotto ai riflettori c’è la San Esteban, la proprietaria della miniera, che non solo si è rifiutata di partecipare alle operazioni di salvataggio, ma ha anche tardato nel dare l’allarme per l’incidente. Secondo le denunce dei lavoratori, all’impresa è stato imputato la violazione delle norme di sicurezza e il mancato pagamento dell’assicurazione sociale dei minatori.

La tragedia dei 33 minatori, convertita in una storia di sopravvivenza, è servita per richiamare l’attenzione su un problema, quello dell’insicurezza nel lavoro che riguarda molti settori in Cile, nonostante si tratti dello Stato della regione con il più alto indice di sviluppo umano.

 

CRITICHE – mentre continua l’euforia per il salvataggio dei minatori, Amnesty International ha mosso dure critiche nei confronti del governo cileno per non aver ratificato il trattato dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sulla sicurezza e la salute nelle miniere. Appena dopo 24 ore dal recupero dell’ultimo lavoratore intrappolato, un altro è morto all’interno della miniera di Boton de Oro, nella provincia di Petorca. Solo nel 2010 sono morti 35 persone per incidenti nelle miniere. La mancata ratifica dell’accordo ha contribuito a generare e a perpetuare profonde ingiustizie e abusi dei diritti dei lavoratori, che continuano a lavorare in condizioni di sicurezza molto precarie.

 

PROSSIME MOSSE – Come suggerisce la popolazione cilena, il primo passo concreto che dovrebbe compiere il governo è sottoscrivere il trattato dell’ILO, perché tra le varie novità che apporterebbe, è rilevante la possibilità di condividere le informazioni e le best practices nel settore minerario. Saranno, inoltre, elaborate delle misure per aumentare la sicurezza dei lavoratori non sono nel settore minerario, ma anche nelle costruzioni, trasporti e pesca, i settori più importanti per l’economica del paese. A questo scopo, il 23 agosto è stata costituita una commissione di esperti, diretta dal Ministro del Lavoro Camila Merino per aumentare le competenze degli organismi fiscali e imporre delle sanzioni per le imprese che violano le norme di sicurezza. In realtà, a molte imprese, risulta più economico pagare una multa che investire per migliorare le condizioni dei lavoratori.

 

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GLI ALTRI– Il problema della sicurezza nelle miniere non riguarda solo il Cile.  In Colombia, nella miniera di carbone di Tasco, dipartimento di Boyaca a nord est del paese, si trovano intrappolati due lavoratori, John Freddy Ordóñez e Hernán Alfonso Barrera con i quali non ancora si sono avuti contatti. La situazione è più complessa di quanto si possa immaginare: solo a giugno in Colombia sono morti più di 70 minatori in un giacimento di carbone a Amagà, dipartimento di Antioquia. Anche in Ecuador hanno perso la vita due dei quattro minatori intrappolati a 150 metri di profondità dopo un crollo verificatosi nel giacimento aurifero di Portovelo, località a sud del Paese al confine con il Perù. Continuano le ricerche per gli altri due che si pensa che siano ancora vivi in quanto al momento del crollo si trovavano nella parte più profonda del tunnel

In Cina, Nella provincia di Henan diciassette minatori sono rimasti intrappolati a seguito di un’improvvisa esplosione di gas in cui hanno perso la vita venti di loro. Un altro, incidente, invece ha visto come protagonisti due manager morti per asfissia mentre stavano compiendo un’ispezione in una miniera di rame situata nella città di Nanning, a sud della Cina.

Sono proprio le miniere di carbone il luogo in cui si verificano il maggior numero di incidenti, esplosioni, crolli e allagamenti. Sulla base delle ricerche compiute da CLSA (agenzia di studio sui finanziamenti), ogni anno muoiono 2.900 persone nelle miniere, si stima un morto per ogni milione di tonnellate di carbone estratto. Circa 20 mila l’anno, secondo fonti ufficiose, sono le vittime per incidenti in miniera, anche se si tratta di una stima indicativa perché i proprietari, delle volte con l’aiuto del governo, occultano il numero effettivo degli incidenti. A questa stima, si aggiungono le morti per pneumoconiosi o silicosi, intorno a 301 mila l’anno, secondo i dati forniti dal Ministero della Sanità cinese. Nonostante negli ultimi tre anni il governo cinese abbia promulgato una serie di regolamenti e, nello specifico lo scorso 7 ottobre ha emanato una legge che prescrivere l’obbligo per i proprietari delle miniere di fare dei sopralluoghi periodici nel sottosuolo con i dipendenti al fine di per migliorare le condizioni di sicurezza nelle miniere, di fatto la situazione non è mutata. La legge, come si può verosimilmente immaginare, non è stata ben accolta dai proprietari che al loro posto mandano giù i propri assistenti o manager.

 

Valeria Risuglia

 

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