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Caos caucasico

L’azione terroristica imbastita dai guerriglieri ceceni lo scorso 19 ottobre contro il Parlamento di Grozny ha lasciato sul terreno sei morti tra i ribelli e forze dell’ordine ma ha anche nuovamente evidenziato la forte instabilità politica che caratterizza la Repubblica autonoma cecena, tormentata da anni di guerriglie intestine e da un cordone ombelicale con Mosca che le spinte autonomiste vorrebbero recidere al più presto. Andando oltre la cronaca, proviamo a ripercorrere le tappe principali di questa vicenda.

LOTTA PER L’INDIPENDENZA – Approfittando del collasso del sistema egemonico sovietico, i movimenti indipendentisti ceceni a partire dai primi anni novanta entrarono in conflitto con quella che fino a poco tempo prima veniva considerata giocoforza come la propria Madrepatria. Auto dichiarando l’indipendenza dalla Russia nel 1991, Dudaev, l’allora presidente della Repubblica cecena, sfidò il governo moscovita di Boris Eltsin che, dopo molte trattative mai consolidatesi, inviò le truppe russe sul territorio caucasico per riportare la situazione sotto controllo. Anni di aspri conflitti portarono alla firma di un trattato di pace nel 1997 e alla successiva elezione, sotto la supervisione degli osservatori internazionali, di Alslan Maskhadov come nuovo Presidente ceceno. Ma la pace fu quanto mai effimera, a tal punto che appena due anni più tardi ripresero i combattimenti con la Russia a causa di un tentativo di fuoriuscita territoriale ad opera dei guerriglieri ceceni. Grozny, la capitale, fu ripetutamente rasa al suolo e divenne l’emblema della desolazione in cui versava la Cecenia. Ad oggi la situazione non si è mai risolta del tutto, generando anno dopo anno una serie di spaventosi atti terroristici ad opera dei separatisti ceceni.

TERRORISMO SENZA FINE – I cosiddetti ribelli separatisti ceceni hanno dato ripetutamente sfoggio d’imprevedibilità ed efferatezza per ciò che concerne le azioni terroristiche volte a generare sconcerto nell’opinione pubblica mondiale e con l’intento indiretto di richiamare l’attenzione della comunità internazionale sulla drammatica situazione in cui versano le piccole Repubbliche caucasiche.

Il sequestro nel 2002 di 800 civili nel teatro Dubrovka di Mosca, l’assalto alla scuola di Beslan, nell’Ossezia del Nord, che causò nel 2004 la morte di centinaia di persone, tra cui quasi duecento bambini.

L’attacco alla città di Nazran, capitale della piccola Repubblica autonoma dell’Inguscezia, da considerarsi forse come lo smacco politicamente più rilevante contro alla Russia governata nel 2004 da Putin.

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LA FALLITA NORMALIZZAZIONE – Questo susseguirsi di attività terroristiche evidenzia quanto sia utopistica l’aspettativa di pacificazione dei territori del Caucaso, almeno per quel che riguarda il breve periodo.  Quella “normalizzazione cecena” decantata circa un anno fa da Putin è lungi dall’esser attuata. La Russia sovvenziona lautamente ormai da anni il governo ceceno ma l’aspetto più controverso riguarda il monitoraggio e la gestione di questi finanziamenti a fondo perduto. Con un tasso di disoccupazione alle stelle ed un forte aumento delle discrepanze sociali, i conflitti nel mosaico caucasico sono all’ordine del giorno e l’impressione comune è che dietro questa perpetua situazione di caos vi siano degli interessi più o meno condivisi che allontanino costantemente ogni possibilità di risoluzione del conflitto.

LE POTENZIALI CAUSE – In un gioco di potere che ha come principale scopo quello di destabilizzare ogni tentativo di pacificazione, ricercare le cause della crisi non è certamente un compito semplice, tuttavia alcune di esse sono perlomeno ipotizzabili: il controllo di alcune vie privilegiate che portano all’estrazione del petrolio nel Mar Caspio, la presenza dei cosiddetti signori della guerra che reclutano i ribelli e hanno il controllo del traffico delle armi, gli scontri di matrice religiosa connessi a quell’estremismo islamico che vorrebbe la creazione di un emirato nella regione cecena. A questa breve lista potrebbero sommarsi altre diverse potenziali concause meno identificabili. Il ruolo fondamentale nel ricercare un’auspicata risoluzione dei conflitti nell’area del Caucaso spetterà alla Russia di Medvedev che dovrà dar prova di una certa maturità politica cercando di dar vita ad un modello federale differente.

Andrea Ambrosino [email protected]

Sui fatti avvenuti in Cecenia la scorsa settimana, leggi anche l'articolo di Simone Comi "Tutto come prima?"

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