L’Unione Europea ormai da molti mesi è alla ricerca di una cura valida per sanare i conti in rosso di alcuni paesi dell’Eurozona. Tuttavia i lauti fondi erogabili in favore degli ultimi della classe senza un forte impegno unanime non possono più bastare, è necessario dunque uno sforzo considerevole da parte di ogni singola unità statale chiamata in causa per evitare quel pericoloso effetto domino che sancirebbe con ogni probabilità il fallimento del progetto della moneta unica ed una potenziale crisi senza precedenti delle istituzioni comunitarie.
IL TERMOMETRO DELLA CRISI – Messa da parte, almeno per il momento, la questione Grecia con l’accettazione da parte del governo di Atene di un piano di aiuti/prestiti dilazionati nel tempo, il prossimo dei quali è previsto per il mese di gennaio, l’attenzione della Comunità europea ora è tutta concentrata su Irlanda e Portogallo, i due paesi che dati alla mano più di altri rischiano il collasso economico.
LE RESISTENZE DI DUBLINO – La settimana appena trascorsa ha riacceso i riflettori sulla critica situazione in cui versano le casse irlandesi. Il sistema finanziario di Dublino infatti continua ad accumulare perdite su perdite a causa anche di un garantismo ad oltranza ostentato dal primo ministro Brian Cowen che risulta oggettivamente difficile da comprendere se non si sposta il piano della riflessione dall’economia alla politica. E’ così facendo che ci si rende conto che in Irlanda nelle prossime due settimane è prevista in primis un’importante tornata elettorale locale e successivamente l’approvazione del bilancio dello Stato. Senza dimenticare che nel 2011 i cittadini irlandesi saranno nuovamente chiamati alle urne per votare il rinnovo del parlamento e per un difficilmente ipotizzabile reincarico nei confronti di primo ministro in carica Cowen che, temporeggiando nell’accettare gli aiuti proposti in sede europea, tenta di giocarsi disperatamente le sue ultime e poche chance di successo.
PORTOGALLO IN BILICO – Anche Lisbona da tempo naviga in acque molto poco raccomandabili ed è pronta qualora il rischio d’annegamento dovesse materializzarsi all’improvviso ad accettare il salvagente lanciato dal FMI (Fondo Monetario Internazionale) e dalla Bce (Banca centrale europea). Per il momento però il governo portoghese di Josè Socrates naviga a vista, fiutando il pericolo ma facendo di necessità virtù continuando a finanziarsi sui mercati.
LE DIAGNOSI – Non sono mancati in queste ore i commenti sulla critica situazione economica europea da parte di numerosi ed importanti protagonisti: uno su tutti quello di Jean Claude Junker, presidente della Bce che, soffermandosi sul caso Irlanda, ha esortato Dublino a render note nel più breve tempo possibile le proprie intenzioni, sottolineando tuttavia che il piano di intervento riguarderebbe soprattutto le banche irlandesi e che fino al 2013 non saranno previsti alcuni aiuti per i settori privati. Netta è stata anche la presa di posizione del presidente del Consiglio Ue, Herman Von Rompuy che ribadendo le posizioni espresse poco prima da Angela Merkel ha affermato che “è in gioco la sopravvivenza stessa dell’Eurozona ed in generale dell’Ue”. In sede europea notevoli preoccupazioni arrivano proprio dalla Germania della Merkel, vero e proprio motore trainante dell’Ue che però, ultimamente, sta mostrando alcuni segnali preoccupanti di un Euro-pentimento che se non fermato in tempo potrebbe generare nei delicati equilibri continentali crepe insanabili.
LA CURA IN CIFRE – Dopo i 110 miliardi di euro messi nel pacchetto di finanziamenti alla Grecia sono pronti ad essere erogati, grazie al contributo congiunto del FMI e della Bce circa 100 miliardi per aiutare l’Irlanda a risanare il proprio debito ed altri preventivabili 60-80 miliardi nel caso in cui anche Portogallo dovesse farne presto richiesta.
Ma cosa potrebbe accadere se un altro Paese Ue dovesse richiedere ulteriori aiuti? E’ questa la domanda che preoccupa maggiormente gli addetti ai lavori e non solo in quanto con ogni probabilità non vi saranno più abbastanza risorse per venire incontro alle esigenze dei singoli Stati. Da qui la necessità di estinguere quanto prima il focolaio accesosi dapprima in Grecia e che sembra diffondersi con grande velocità e puntare su un’unanime maggior virtuosismo economico dei Paesi membri con il fine di evitare un catastrofico effetto domino.
Andrea Ambrosino [email protected]