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Vietnam e Covid-19: i segreti di un successo

In 3 sorsiPur con poche risorse, il Vietnam è riuscito a contenere con successo l’epidemia di Covid-19, limitando sia il numero delle vittime che i danni economici. Fondamentali il ruolo della cultura confuciana e la capacitĂ  del Governo di mobilitare la popolazione.

1. UNA STRAORDINARIA CAPACITĂ€ DI REAZIONE AL VIRUS

Sono bastati sei contagi alla fine del mese di gennaio per portare il Primo Ministro Nguyá»…n Xuân PhĂşc ad annunciare ufficialmente che un’epidemia di Covid-19 era in corso nel Paese, istituendo subito un comitato direttivo nazionale e prendendo delle drastiche misure atte al contenimento della malattia.
Va detto che il Vietnam aveva già una certa dimestichezza nell’affrontare pericoli epidemici, a partire dal ruolo fondamentale che ebbe durante la drammatica diffusione del virus della SARS nel 2003, quando proprio nella sua capitale Hanoi venne identificato il nuovo ceppo virale e lanciato l’allarme al mondo intero da Carlo Urbani, un medico italiano in servizio nel Paese del Sud-est asiatico per conto dell’OMS. Questo permise al Vietnam di arginare l’epidemia e di limitare il conto delle vittime a poche unità, tra le quali, purtroppo, Urbani stesso.
Forti di quell’esperienza e di quelle successive, come l’influenza aviaria e quella suina, i vietnamiti hanno reagito tempestivamente a questa nuova minaccia sospendendo tutti i collegamenti aerei e ferroviari con la Cina, ordinando la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, attuando restrizioni e imponendo quarantene, negando i visti d’ingresso ai viaggiatori provenienti dai Paesi in quel momento più colpiti dal virus, tra cui l’Italia.  
Tutto questo ha frenato in modo efficace la trasmissione della Covid-19 nella comunità, mantenendo il numero dei contagi basso e stabile, e facendo in modo che durante le prime tre settimane di marzo non ci fossero nuove infezioni.
La situazione è cambiata dopo il 20 marzo, quando il numero di casi confermati era salito a oltre cento, ed era evidentemente in atto una seconda ondata di contagi provocata soprattutto dal ritorno dei vietnamiti dall’estero.

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Fig. 1 – Viaggiatori in attesa di partire dall’aeroporto internazionale di Hanoi, settembre 2020. Il Vietnam ha ripristinato i collegamenti aerei solo con alcuni Paesi asiatici

2. IL RUOLO DEL CONFUCIANESIMO

Dopo pochi giorni le Autorità hanno quindi bloccato tutti i voli internazionali e chiuso le frontiere, reclutato gli studenti di medicina e richiamato i medici in pensione, sospeso tutte le attività commerciali e sportive, ridotto al minimo il traffico urbano, lanciato campagne di tamponi a tappeto, organizzato campi di quarantena forzata all’interno di strutture militari.
Per incrementare la consapevolezza generale del pericolo è stato attivato un imponente apparato di propaganda in tutta la nazione tramite la stampa, la televisione, gli altoparlanti e, soprattutto, i social media, con delle applicazioni obbligatorie che hanno permesso un tracciamento capillare dei cittadini e dure sanzioni contro i trasgressori delle regole imposte dal Governo.
Un regime autoritario come quello vietnamita permette l’uso di una certa forza di persuasione e la polizia a volte applica sistemi piuttosto invadenti, ma va anche detto che il popolo tende a obbedire senza opporsi.
Una manifestazione di negazionisti o di “no mask” sarebbe impensabile in Vietnam, perchĂ© nelle societĂ  confuciane l’autoritĂ  non va mai messa in discussione finchĂ© lavora per il bene comune. Il concetto di opposizione è odioso, perchĂ© evoca l’idea della disgregazione della societĂ : non per niente la parola “libertĂ ” prende spesso il significato negativo e arrogante di “faccio quello che mi pare e piace”. 
Grazie all’efficacia di tale mobilitazione di massa, verso la metĂ  di maggio si è iniziato a non contare piĂą casi d’infezione e sono state revocate le misure di distanziamento sociale, hanno riaperto uffici e scuole, la vita è tornata apparentemente alla normalitĂ  con solo 350 contagi registrati complessivamente e, soprattutto, nessun morto dall’inizio dell’epidemia.

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Fig. 2 – Una ragazza prende una mascherina da un distributore gratuito nelle strade di Hanoi, agosto 2020

3. TERZA ONDATA EPIDEMICA E SECONDO LOCKDOWN

Purtroppo però, dopo 99 giorni senza nuovi casi in tutto il Paese, a fine luglio è emerso un focolaio d’infezione nella città di Da Nang, provocando una terza ondata del virus che si è rivelata più aggressiva e letale delle altre, tant’è che in poche settimane ci sono state oltre 700 persone contagiate e 35 decessi.
La reazione del Governo è stata ancora una volta tempestiva e severa, e dopo un mese e mezzo di pesanti misure di contenimento la situazione risulta essere sotto controllo e la vita torna gradualmente a normalizzarsi.
Ancora una volta la risposta delle Autorità vietnamite e la mobilitazione del popolo si sono dimostrate vigorose e incisive. Si dice che gli orientali sono confuciani quando le cose vanno bene e taoisti quando vanno male, cioè la dottrina dell’organizzazione rispetto alla filosofia del fatalismo, ma l’efficacia e la prontezza di reazione che i vietnamiti hanno dimostrato affrontando l’epidemia smentisce tale affermazione.

Paolo Scampini

Photo by Tho-Ge is licensed under CC BY-NC-SA   

Dove si trova

Perchè è importante

  • Sicuramente non favorito dalla propria collocazione geografica, con 1,400 chilometri di confine con la Cina, il Vietnam è stato uno dei primi Paesi a essere colpito dal coronavirus.
  • Le AutoritĂ  vietnamite sono tradizionalmente forti nel mobilitare le masse e hanno preso molto sul serio la lotta alla Covid-19, dichiarando pomposamente “guerra repressiva ai contagi”.
  • Mentre la risposta alla pandemia in Occidente è stata lenta e confusionaria, il Vietnam, con meno risorse e tempo a disposizione, è riuscito a giocare d’anticipo e a limitare i danni a un migliaio di contagi e a poche decine di morti.

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Paolo Scampini
Paolo Scampini
Sono piemontese di origine e dal 1995 sono residente in Vietnam, dove ho avviato alcune attivitĂ  commerciali nel campo immobiliare e della ristorazione.
Da allora ho avuto modo di frequentare e approfondire i vari aspetti culturali, economici e politici di questo Paese e di quelli limitrofi, incluso quel gigante in piena evoluzione che è la Cina.
A essere sincero, ero venuto in Asia con l’intenzione di restarci poco, poi, col tempo, l’Oriente mi è cresciuto prima addosso e in seguito dentro, fino al punto di non riuscire più a immaginarmi altrove.

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