Analisi – Washington e Taipei rinsaldano la loro intesa. Nel mezzo della pandemia globale gli Stati Uniti sfidano Pechino e rinnovano il loro supporto politico e militare a Taiwan. La tensione nella regione sale sempre di più.
GLI STATI UNITI E TAIWAN: UN RINNOVATO SODALIZIO POLITICO
Mai come quest’anno l’intesa tra Washington e Taipei sembra essere così forte. Complice la crisi sanitaria globale e un rapido deteriorarsi delle relazioni sino-americane, l’Amministrazione Trump ha più volte espresso il suo sostegno politico a Taiwan, elogiandone i successi (e la trasparenza) nel contenere la diffusione del coronavirus e enfatizzando la sua “identità alternativa” a Pechino. Dalle dichiarazioni politiche ai fatti concreti.
In quella che può sembrare una “prova di forza diplomatica” gli Stati Uniti sono intenzionati a inaugurare un nuovo corso delle relazioni (informali) con Taiwan. Negli ultimi due mesi il Governo statunitense ha promosso lo scambio di funzionari governativi, come previsto dal Taiwan Travel Act, approvato con un consenso bipartisan al Congresso nel febbraio 2018.
Il primo ad aver messo piede sull’isola è stato ad agosto il Segretario della Salute Alex Azar, il funzionario governativo di più alto rango a essersi recato sull’isola dal 1979. Durante la sua permanenza di tre giorni, Azar ha ribadito “la profonda partnership che lega Stati Uniti e Taiwan”, firmando un Memorandum of Understanding in materia di cooperazione sanitaria.
Circa un mese dopo, il 17 settembre, le Autorità taiwanesi hanno dato il benvenuto al Sottosegretario agli Affari economici Keith Krach, arrivato in veste ufficiale per partecipare alle commemorazioni per la scomparsa, lo scorso 30 luglio, dell’ex Presidente Lee Teng-hui. Sebbene non abbia rilasciato dichiarazioni ufficiali, Krach ha avuto occasione di partecipare a un banchetto in cui era presente anche Morris Chang, il fondatore del colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), che prevede di costruire un impianto da 12 miliardi di dollari in Arizona.
Fig. 1 – Il Segretario della Salute Alex Azar insieme al Ministro della Salute e del Welfare Chen Shih-chung durante la firma del MoU
VERSO IL DIALOGO ECONOMICO?
La visita del Sottosegretario Krach ha dato adito a molte indiscrezioni circa la possibilità di imminenti trattative che dovrebbero portare alla sigla di un accordo commerciale bilaterale, un obiettivo a lungo ricercato da Taiwan. Lo scorso 28 agosto, la Presidente Tsai Ing-wen aveva dimostrato tutta la sua buona volontà annunciando la decisione di allentare, a partire dal prossimo anno, le restrizioni sulle importazioni di carni bovine e suine americane contenenti ractopamina.
La decisione, contestata in patria dall’opposizione politica e dalle categorie di settore, è stata tuttavia ben accolta a Washington. Il 31 agosto David Stilwell, Assistente segretario di Stato per gli Affari dell’Asia orientale e del Pacifico, ha reiterato la disponibilità ad avviare “un dialogo economico bilaterale” per esaminare “l’intero spettro delle relazioni economiche”, senza però fornire maggiori dettagli su condizioni o tempistiche.
Washington e Taipei godono da anni di una robusta partnership economica. Lo scorso anno gli scambi commerciali hanno superato gli 85 miliardi di dollari. Nella prima metà del 2020 Taiwan è stato il nono principale partner commerciale di Washington, contando per circa il 2,2% delle esportazioni e il 2,6% delle importazioni americane.
Ma la strada delle buone intenzioni potrebbe essere irta di ostacoli. E il primo si chiama proprio Cina. Sin dagli anni Ottanta Taiwan ha sviluppato una forte dipendenza economica da Pechino, suo principale partner commerciale. Dipendenza “formalizzata” nel 2010 con la firma dell’Economic Cooperation Framework Agreement che, liberalizzando gli scambi sullo Stretto, ha legato maggiormente le due economie. Includendo anche Hong Kong, la Cina vale rispettivamente il 40% e il 20% delle esportazioni e importazioni dell’isola. Numeri importanti considerando che il 70% del PIL taiwanese deriva proprio dall’export.
Fig. 2 – Taipei è il centro politico, economico e culturale di Taiwan
LA SICUREZZA DI TAIWAN
L’intesa tra Washington e Taipei innervosisce Pechino e aumenta le tensioni al largo dello Stretto. Dopo le incursioni di due jet cinesi, Shenyang J-11 e Chengdu J-10, lo scorso 9 agosto, la Cina ha “salutato” la visita del Sottosegretario Krach avviando delle esercitazioni militari “legittime e necessarie per proteggere la sovranità e integrità del Paese”. Lo stesso Ministero della Difesa taiwanese ha confermato l’ingresso nel proprio spazio aereo di 18 aerei militari cinesi, riaccendendo il dibattito sulla fattibilità o meno di un’invasione cinese dell’isola.
È proprio la retorica sempre meno conciliante di Pechino ad aver spinto l’Amministrazione Tsai a irrobustire le spese militari, anche grazie a un maggiore impegno americano. Proprio nel pieno dell’estate il Governo taiwanese ha formalizzato, dopo un anno, l’acquisto di 66 caccia F-16 di ultima generazione. Si tratta della settima compravendita di armamenti sotto l’Amministrazione Trump, per un valore complessivo di 13,27 miliardi di dollari.
L’uso massiccio di tecnologia militare americana rientra nella più ampia politica di Taiwan di modernizzare la Difesa. Per il prossimo anno l’Amministrazione Tsai ha deciso di aumentare del 10% le spese destinate alla difesa, toccando il record di 15,4 miliardi di dollari, circa il 2,4% del PIL nazionale.
Fig. 3 – Dal 13 al 17 luglio l’esercito di Taiwan ha tenuto le annuali esercitazioni militari di Han Kuang
AMBIGUITÀ STRATEGICA
Taiwan è un elemento chiave nel quadro di sicurezza regionale e un importante tassello nelle ambizioni geostrategiche di Pechino e Washington. È indubbio che in questi quattro anni di presidenza Trump Taiwan abbia goduto di un rinnovato supporto militare, politico e legislativo, ma fino a che punto può davvero arrivare l’impegno americano?
Il Taiwan Relations Act del 1979 e le cosiddette “sei assicurazioni” del 1982 danno a Washington la capacità di fornire assistenza e armi di carattere difensivo all’isola, ma nulla dicono circa la possibilità o meno di un intervento americano in caso di aggressione militare cinese.
La politica dell’ambiguità strategica ha, nei passati quarant’anni, dissuaso la Cina da tentazioni armate e scoraggiato Taiwan dal prendere decisioni unilaterali. Con l’inasprirsi della competizione tra Washington e Pechino sempre più voci si levano affinché l’Amministrazione statunitense mandi un segnale inequivocabile.
Le elezioni americane intanto si avvicinano e la questione Cina sarà senza dubbio uno dei temi più caldi e dibattuti. Non c’è dubbio che per quanto riguarda la relazione Washington-Pechino-Taipei il prossimo inquilino della Casa Bianca, Trump o Biden che sia, avrà molto su cui rimuginare.
Rocco Forgione
“01.07 總統專機升空後,空軍派遣4架F-16及2架IDF戰機護航” by Taiwan Presidential Office is licensed under CC BY