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Kirghizistan: assalto alle ‘terre rare’ – II

Oro e altri minerali, fondamentali per l’industria hi-tech, sono il tesoro dei clan che governano lo ‘sconosciuto’ Paese centro-asiatico. È soprattutto la sua posizione strategica, però, a muovere l’interesse di grandi potenze, come il ‘gigante’ cinese, e dei trafficanti di oppio che partono dall’Afghanistan per arrivare in Russia.

Seconda parte (leggi qui la prima parte)

TERRE RARE – La Cina, però, non è disposta a lasciare il Kirghizistan a Putin soprattutto in prossimità dell’abbandono definitivo dell’Afghanistan da parte di Washington – che perderebbe così ogni capacità di (im)moral suasion contro l’estremismo fondamentalista. Pechino confina con il Kirghizistan per 980 chilometri e ha ben chiara l’importanza della regione nel controllo delle istanze dell’islamismo separatista dello Xinjiang o ex Turkestan cinese. È importante per la Repubblica popolare che l’Asia centrale rimanga neutrale nel caso d’inasprimento dei rapporti coi russi: il massimo sarebbe trasformare l’area in una base d’appoggio per le merci made in China, ma, soprattutto, a interessarle sono le cosiddette “terre rare” kirghise, ovvero i metalli sempre più utilizzati dall’industria hi-tech. Sul territorio kirghiso si trovano circa 20 depositi di metalli rari. La maggior parte di questi siti, tuttavia, necessita ancora di studi geologici, per cui l’esplorazione avverrà solo tra diversi anni. Dal 2012, per esempio, il sito Kutesay-2, vicino alla città di Osh è in fase di esplorazione (lì era prodotto l’85% dei metalli rari in epoca sovietica).

ORO SPORCO – Nel 2012 il Parlamento kirghiso ha votato contro la nazionalizzazione della miniera d’oro di Kumtor, che da sola rappresenta il 12% del PIL nazionale (2011) e metà dell’intera produzione industriale del Paese. La Centerra, società canadese che gestisce Kumtor insieme al Governo kirghiso (partecipa al 33%), paga allo Stato il 14% di tasse sui profitti: una percentuale che permette di dimenticare i danni ambientali dovuti all’estrazione. Proprio la Centerra è al centro di continui “tentativi di estorsione” da parte delle forze politiche kirghise che – divise in veri e propri “clan” direttamente o indirettamente arricchiti grazie agli accordi firmati dallo Stato con la compagnia mineraria, – a ogni cambio degli “equilibri di potere” richiedono di trattare nuovamente i patti, di solito in modo da guadagnare di più. In questa prospettiva bisogna guardare alla minaccia di “nazionalizzazione”, che, alla fine, convinse la Centerra a concedere una rinegoziazione degli accordi: naturalmente in cambio di ingenti profitti (che dureranno finché la politica rimarrà stabile).

LOTTA TRA CLAN – In Kirghizistan la politica è dominata dai clan e la carriera di un politico si basa sulla propria appartenenza a un certo clan etnico-familiare piuttosto che a un altro. La dinamica di lotta per il potere, ma anche del suo consolidamento per via clientelare, è visibile non solo nella politica nazionale – dove la fortuna di un leader è determinata dalla capacità di elargire favoritismi nella propria regione, – ma già durante le elezioni locali, con i nazionalisti arroccati nelle regioni del Sud; i seguaci dell’ex presidente Bakiev in superiorità nella seconda città del paese, Osh; il Partito socialdemocratico di Atambayev che, dalla promulgazione della Costituzione che riduce i poteri del Presidente del 2010, riscuote consensi in maniera capillare anche grazie allo sfruttamento proprio di queste divisioni politico-etniche (Nord-Sud e rivoluzionari-revanscisti), e nonostante i casi di corruzione che colpiscono i suoi esponenti al Governo centrale. Nella politica kirghisa la linea che separa la legalità dall’illegalità non è sempre netta. 

La miniera di Kumtor
La miniera di Kumtor

CARTELLO KIRGHISO – Secondo il rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite sul contrasto al crimine e alla droga (UNODC), «dopo la rivoluzione dei Tulipani del 2005 e fino a tutto il 2009 in Kirghizistan è stato assassinato un certo numero di boss criminali. Questa violenza, del tipo generalmente associato ai cartelli della droga sudamericani, non è stata la classica guerra per il controllo del territorio fra gang rivali. È sembrato piuttosto un cambio di gestione orchestrato ai più alti livelli politici, per cui le reti criminali gradualmente sono passate sotto il controllo di funzionari di alto rango». Un vecchio adagio dice che «dove si traffica droga prima o poi si finisce per consumarla», ma al momento i consumatori di oppiacei e derivati in Kirghizistan non sono più di 26mila (il dato è del 2006, al momento c’è chi parla di 100mila consumatori su 5 milioni di abitanti). Il grande obiettivo dei trafficanti che si approvvigionano in Afghanistan (la vendita di oppio garantisce grandi guadagni per i talebani) è la Russia, con i suoi quasi 2 milioni di consumatori di oppiacei. Il Kirghizistan rischia di diventare, insomma, una grande autostrada della droga sulla quale potrebbe passare anche una nuova ventata di terrorismo islamico.

NON SOLO OPPIO – Janishbek Nazaraliev, medico specializzato nel trattamento della tossicodipendenza, oltre che fondatore del primo centro per il trattamento dei tossicodipendenti in Kirghizistan, ha proposto al Governo di approvare un progetto pilota per la produzione controllata della cannabis. Già negli anni Novanta la proposta era stata avanzata da Felics Kulov, ex vice-presidente ed ex-premier. Si stima che fra il 60% e l’80% delle famiglie residenti nelle regioni di Issyk-Kul (dove sono state sequestrate 154 tonnellate nel corso del 2013) e Chui sia coinvolto nella raccolta dello stupefacente. Ma il Kirghizistan è afflitto anche da una corruzione endemica estesa a ogni livello della società (nel Corruption Perception Index 2013 di Transparency International, il Kirghizistan è al 150° posto su 177). Ciò impedisce una lotta efficace al traffico di stupefacenti e al riciclaggio del denaro ricavato dalla vendita della droga. I contadini che coltivano la cannabis corrompono i poliziotti, ma, secondo i dati 2013 dell’International Narcotics Control Strategy Report (INCSR) del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, esistono forti sospetti che molti alti ufficiali del Governo kirghiso controllino il traffico di stupefacenti e si arricchiscano grazie a esso. Inoltre numerose aree nel Sud del Paese si sono trasformate in veri e propri centri di smistamento controllati direttamente dalle Autorità locali.

Guglielmo Sano

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Guglielmo Sano
Guglielmo Sano

Nato nel 1989, ho conseguito la Laurea Triennale in “Filosofia, conoscenza e comunicazione”, presso l’Università di Palermo, con un lavoro sulla filosofia del linguaggio di Michel Foucault. Adesso frequento il corso di Laurea Magistrale in “Scienze Filosofiche” all’Università di Bologna, al momento approfondisco in particolare le questioni che ci pone la “biopolitica”. Un sogno… poter, un giorno, finalmente, dire: “sono un giornalista”. Qualcuno diceva che “si comincia a sognare quando si aprono gli occhi”, allora, da due anni ho cominciato a barcamenarmi nel mondo della cronaca: mi occupo di politica e attualità per vari blog e testate giornalistiche. Nutro, anche, una grande passione per tutto ciò che riguarda le culture e i territori “altri” da “noi”, per le dinamiche, non sempre esplicite, che in genere chiamiamo “politica internazionale”.

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