Il Giro del mondo in 30 Caffè – Facciamo in breve il punto sul precario stato di salute dell'Unione Europa. Il 2010 europeo ha evidenziato le fragilità di gestione della crisi economica e le evidenti difficoltà di coordinamento emerse tra le diverse anime dell’Ue. L'Europa “gigante economico” sembra mostrare segni di fragilità, e l'Europa “nano politico”, come in preda a una sindrome di Peter Pan, sembra non voler crescere mai.
2010, TUTTO IN SALITA – Le difficoltà economiche delle cosiddette “piccole d’Europa” hanno pesantemente contribuito nel conferire un segno negativo al 2010 dell’Unione.
Circa un anno fa, infatti, abbiamo assistito al collasso economico della Grecia (tuttavia ampiamente annunciato) e all’innescarsi di un acceso dibattito sulle modalità d’intervento e di sostegno che ha visto Germania, Francia e Gran Bretagna contendersi il ruolo di paese guida all’interno del processo di decision making relativo alla crisi.
Bce e FMI attingendo lautamente alle rispettive risorse hanno erogato una cifra pari a circa 110 milioni di euro, un airbag finanziario necessario per agevolare la ripresa dei conti ellenici ed infondere nuova linfa vitale nei mercati pesantemente sfiduciati.
Successivamente, questo pacchetto di aiuti è stato riproposto, seppur con cifre sensibilmente inferiori, in favore dell’Irlanda, secondo paese membro a farne ufficialmente richiesta.
Il vento della crisi finanziaria ha portato sul continente europeo anche una certa dose d’instabilità politica, con alcune debacle elettorali di un certo rilievo.
La Gran Bretagna dopo anni di egemonia laburista, fatto raro in una democrazia maggioritaria che dovrebbe prevedere facilità di alternanza tra maggioranza ed opposizione, ha visto in faccia prima lo spettro dell’ingovernabilità e poi la nascita di una coalizione governativa inedita tra conservatori e liberaldemocratici.
Nella Germania federale, la coalizione di governo guidata da Angela Merkel, in forte calo di consensi, ha perso una regione chiave come il Nord Reno – Westfalia.
E parlando di calo di consensi è facile rifarsi a Sarkozy per la Francia e Zapatero per la Spagna; i due, infatti, oltre ad aver perso le rispettive tornate elettorali regionali sono accomunati anche da un crollo di appeal politico senza precedenti che mette in forte discussione le reciproche chance di rielezione.
A questo panorama, già abbastanza desolato, bisogna tuttavia aggiungere gli alti e bassi dell’euro sui mercati internazionali e soprattutto la flessione della moneta unica europea nei confronti del cambio con il dollaro statunitense.
2011, IMMIGRAZIONI E CRISI DA ARGINARE – Potrebbero rappresentare le principali sfide per l’Unione nel 2011, anno che non è di certo iniziato sotto i migliori auspici.
Si è riaperta, infatti, in tutta la sua gravità, la questione inerente alla gestione delle politiche migratorie europee, da sempre un problema caldissimo e puntualmente sottovalutato.
Spagna e Italia, i due paesi maggiormente coinvolti nelle tratte dei clandestini nordafricani, più volte in passato hanno richiamato l’attenzione dei paesi membri dell’Unione nella speranza di attivare un processo che porti ad una cooperazione più stretta e quindi all’adozione di politiche univoche più efficaci .
La risoluzione però è sempre rimasta latente, come latenti sono stati gli appelli dei ministri dell’interno italiano e spagnolo nel non sottovalutare la gravità e la portata dellepotenziali immigrazioni.
Le rivoluzioni in corso in Tunisia, Egitto e Libia hanno prodotto un elevatissimo numero di profughi pronti a tutto pur di abbandonare il paese d’appartenenza; alla ricerca in primis di un approdo sicuro sulle coste dei due paesi più vicini, per poi, nella maggior parte dei casi, spostarsi verso Francia, Germania e Regno Unito.
L’auspicio è dunque che, svolgendo un ruolo decisivo nell’azione umanitaria di soccorso delle popolazioni nordafricane, l’Ue possa avviare anche una discussione sulla ridefinizione delle competenze e degli ausili in materia di immigrazione.
Per quel che riguarda invece la gestione della crisi economica si segue con una certa preoccupazione la situazione del Portogallo, che, secondo fonti autorevoli, potrebbe essere il prossimo paese membro a richiedere il fondo salva-stati messo a punto dall’Unione Europea.
Il rischio principale, in tal senso, riguarda la possibilità che Lisbona non riesca a far fronte autonomamente al proprio finanziamento sui mercati e che quindi possa, non accettando per tempo gli aiuti, contagiare alcuni dei paesi della zona Euro al momento meno solidi economicamente: Belgio e Spagna su tutti.
E’ evidente dunque, come anche nell’analisi economico/politica valga il detto: prevenire è meglio che curare.
Andrea Ambrosino [email protected]