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Un anno di ‘Pepe’

Il primo anno di governo di Porfirio Lobo Sosa è passato tra gli sforzi volti alla riconciliazione nazionale e alla riammissione dell’Honduras in seno alla comunità internazionale dopo la destituzione di Manuel Zelaya del 2009. I problemi del secondo paese più povero delle Americhe, soprattutto quelli legati alla sicurezza, restano però ancora senza soluzione

PRIMO ANNO DI GOVERNO – Il 27 Gennaio “Pepe” Lobo  ha compiuto il primo anno del suo mandato quadriennale da Presidente della Repubblica: un primo anno caratterizzato a livello internazionale dall’intenso lavoro di lobbying per permettere all’Honduras di far ritorno all’interno delle organizzazioni di integrazione americane e, sul piano interno, dall’inizio di un proceso di riconciliazione nazionale per uscire dalla polarizzazione creatasi dopo il colpo di stato del giugno del 2009. In entrambi i casi, la strada da percorrere per raggiungere gli obiettivi prefissati é ancora lunga.

LO SCENARIO INTERNAZIONALE – Se da una parte “Pepe” é riuscito ad  ottenere he il suo governo fosse riconosciuto da vari governi tra cui quelli di Stati Uniti, Italia, Israele, e Messico, riattivando cosí il flusso di risorse proveniente dalla cooperazione internazionale e dagli organismi multilaterali di credito, la manifesta ostilitá dei paesi dell’ALBA guidati dal Venezuela impedisce al paese centroamercano di far ritorno in seno all’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), dalla quale é stato sospeso da piú di un anno e mezzo dopo la ormai celebre cacciata dal paese manu militari dell’ex presidente Mel Zelaya.

É proprio in seno all’Assemblea Generale dell’OSA che si gioca la partita piú interesante: la discussione sulla riammissione dell’Honduras dovrebbe essere fissata per il prossimo giugno, a due anni esatti dal “golpe”, ma se la sospensione fu decisa all’unanimitá, per l’eventuale  riammissione appare scontata una decisione a maggioranza. La caccia al voto è già aperta: da una parte, Pepe e il suo ministro degli esteri Mario Canahuati, stanno tessendo relazioni con i paesi membri della Comunità Caraibica (CARICOM); dall’altra, Venezuela e i Paesi che gravitano nella sua orbita (il Presidente venezuelano Hugo Chávez, ideologicamente affine a Zelaya, era stato il più contrario alla sua destituzione) stanno cercando di invogliare gli stessi paesi a esprimersi contro la riammissione dell’Honduras usando come “forma di persuasione” l’iniziativa Petrocaribe, che fornisce ai Paesi della zona petrolio tramite un sistema di prezzi agevolati (vedi “Un chicco in più). La riammissione dell’Honduras nell’OSA appare quindi tutt’altro che scontata, e sembra subordinata all’eventuale decisione di Tegucigalpa di permettere a Zelaya di far ritorno in patria dal suo esilio a Santo Domingo con la garanzia di non subire un proceso “político”.

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IL FRONTE INTERNO – Ma il ritorno di Mel rappresenta l’ago della bilancia anche rispetto ai temi di politica interna e di riconciliazione nazionale. Se é vero che il Congresso ha da poco approvato, con l’appoggio dei due partiti maggioritari, una riforma costituzionale che rende piú snelle le procedure per la convocazione di referendum popolari (uno dei punti della discordia che avevano causato il golpe), é vero anche che i gruppi della “Resistencia contra el golpe” riuniti sotto la sigla del FNRP non hanno fin qui partecipato alle iniziative di riconciliazione promosse del Gobierno de Unidad Nacional e non hanno intenzione di farlo finchè non si permetta il ritorno in patria del loro leader. Il presidente Lobo si trova quindi tra due fuochi: vuole favorire il ritorno di Mel e assumersi i meriti della avvenuta riconciliazione ma allo stesso tempo non vuole inimicarsi i settori più conservatori del paese, pronti, secondo alcuni quotidiani locali, a un eventuale nuovo colpo di stato.

Intanto il paese continua a convivere con i problemi di sempre che, lungi dal risolversi, sembrano invece acutizzarsi: il narcotraffico sta prendendo sempre più piede nelle zone più remote e mono controllate del paese, la violenza delle bande giovanili, le rapine e i sequestri occupano costantemente le prime pagine dei giornali e la situazione dei diritti umani continua a essere critica con abusi e violazioni sistematiche nei confronti di oppositori politici, giornalisti e contadini in lotta per la proprietà della terra nella zona del Bajo Aguàn. Come risultato di tutto ciò, il tasso di omicidi in Honduras è balzato a 77 per ogni 100,000 abitanti, un tasso 8 volte superiore alla media mondiale. Forse sarebbe il caso che, oltre alla questioni squisitamente politiche, Pepe si occupasse anche di altri temi.

Ettore Giuliani

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