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L’indipendenza dei giudici e il futuro della democrazia georgiana

Analisi – Le elezioni dello scorso 31 ottobre hanno confermato la vocazione euro-atlantica della Georgia e il crescente grado di polarizzazione del suo panorama politico. Il percorso di riforme intrapreso dal Paese dovrà consentire di garantire l’effettiva indipendenza del sistema giudiziario, così come testimoniato dal controverso processo di nomina dei giudici della Corte Suprema e dalla presenza di casi giudiziari i cui sviluppi hanno assunto connotazioni di natura politica.

IL PROCESSO DI DEMOCRATIZZAZIONE GEORGIANO

Le elezioni parlamentari tenutesi lo scorso 31 ottobre hanno portato con sé tre conferme: Sogno Georgiano (Georgian Dream) rimane il partito di maggioranza; la vocazione euro-atlantica rimane il faro della politica georgiana; persiste il clima di polarizzazione così come testimoniato dal fatto che i principali partiti di opposizione hanno dichiarato di non voler formare un Governo di coalizione con Sogno Georgiano, ovvero dalla loro decisione di boicottare il Parlamento a seguito delle accuse di pressioni sugli elettori rilevate dai principali osservatori locali e internazionali. Se la volontà di aderire all’Unione Europea non è in discussione all’interno del Paese, l’attenzione degli Stati occidentali non può che essere altresì rivolta verso il rispetto dei valori democratici e dello stato di diritto. A tal proposito, da un lato, la riforma del sistema elettorale è stata accolta con grande positività, dall’altro non può essere sottovalutato quanto emerso nell’ultimo rapporto di Freedom House – Nation in Transit 2020 – in cui la Georgia continua a essere ritenuto un regime ibrido (Hybrid Regime), e il cui Democracy Score – cioè la media dei punteggi assegnati, su una scala da 1 a 7 e sulla base di quesiti predefiniti, in relazione a 7 categorie che descrivono lo stato di libertà concernente le istituzioni pubbliche elettive e non – è addirittura diminuito come risultato di un più basso Judicial Framework and Independence rating (relativo, tra le altre cose, alle garanzie costituzionali, alla tutela dei diritti umani, all’indipendenza dei giudici e allo status delle minoranze etniche). Il report evidenzia tra le principali cause l’uso sproporzionato della forza da parte delle forze dell’ordine durante le proteste del giugno 2019, la presenza di controversi casi giudiziari e le relative accuse di utilizzo selettivo della giustizia, ovvero le criticità relative al processo di selezione dei giudici della Corte Suprema.

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Fig. 1 – Le proteste dell’opposizione contro l’esito delle elezioni parlamentari dello scorso 31 ottobre

IL CONTESTATO PROCESSO DI NOMINA DEI GIUDICI DELLA CORTE SUPREMA

Il processo di selezione dei giudici della Corte Suprema si è dimostrato particolarmente delicato già a partire dal dicembre del 2018. A seguito delle modifiche costituzionali – le quali prevedono anche il mandato a vita dei giudici di tale organo – il Consiglio Superiore della Magistratura (HCoJ) sottomise al Parlamento dieci candidati al fine di sostituire i giudici il cui mandato era in scadenza a luglio dell’anno successivo. L’assenza di una legislazione atta a regolare le procedure di selezione provocò la reazione ostile dell’opinione pubblica, le cui proteste portarono al ritiro delle candidature e agli emendamenti dell’Organic Law on Common Courts. Nonostante le lacune evidenziate a più riprese dalla Commissione di Venezia e dall’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR) – anche successivamente all’adozione di suddetti emendamenti, – a partire dal luglio del 2019 l’HCoJ provvide a selezionare i 20 giudici da nominare per la successiva assegnazione dell’incarico in Parlamento. In particolare la selezione si contraddistinse per gli insufficienti criteri valutativi per i candidati e l’assenza di obbligo alcuno in merito alla motivazione delle scelte effettuate, ovvero in un clima di forti tensioni tra la componente giudiziaria e civile in sede di audizione. Gli osservatori internazionali fecero altresì pressioni – senza risultato – al fine di indurre alla nomina dei giudici meramente necessari per garantire i lavori della Corte, lasciando la nomina dei restanti alla maggioranza parlamentare che sarebbe emersa a seguito delle elezioni del 2020, ovvero conferendo l’incarico a vita agli 8 giudici rimasti in carica. L’assegnazione dell’incarico in Parlamento a 14 giudici, su un totale di 28, fu una mera formalità, stante il requisito della maggioranza semplice, il quale ha contribuito a fomentare la presente polarizzazione dello scacchiere politico georgiano.

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Fig. 2 – Il Ministro della Giustizia Thea Tsulukiani (Sogno Georgiano)

NUOVE POLEMICHE A RIDOSSO DELLE ELEZIONI PARLAMENTARI

Le vicende si sono protratte anche nel corso del 2020 a seguito del ricorso alla Corte Costituzionale da parte dell’Ombudsman Nino Lomjaria sulla base delle ragioni sopra esplicate. Il 30 luglio la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso: i 4 giudici che si sono opposti all’appello di Lomjaria sono stati coloro la cui lealtà nei confronti di Georgian Dream (“il Clan”) è stata spesso sottolineata dall’opposizione. Essi hanno sottolineato come la costituzionalità del processo di nomina sia garantita dal voto finale del Parlamento e dalle garanzie offerte dall’HCoJ. A ridosso delle elezioni – causando altresì il disappunto dell’Ambasciata statunitense – il Parlamento ha poi approvato un emendamento alla Law on Common Courts introducendo l’obbligo di sostanziare le decisioni dei membri dell’HCoJ e prevedendo procedure di ricorso durante le diverse fasi della selezione. L’emendamento, approvato senza attendere le opinioni degli osservatori internazionali, è stato osteggiato dall’Ombudsman e dalle associazioni locali che lamentano la natura meramente descrittiva delle decisioni dei candidati, ovvero le carenze riconducibili alla possibilità di ricorrere contro le decisioni dell’HCoJ nella misura in cui essa è rivolta verso la sezione competenze della Corte Suprema, i cui membri sono stati eletti dal Parlamento sulla base della sopracitata procedura.

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Fig. 3 – Il leader di Sogno Georgiano, Bidzina Ivanishvili, da anni accusato dalle opposizioni di essere in controllo di un “clan” di giudici

LE RAGIONI PER UN SISTEMA GIUDIZIARIO REALMENTE INDIPENDENTE

Le modalità per mezzo delle quali si è esplicato il processo di nomina di 14 giudici della Corte Suprema, ovvero la scarsa rilevanza degli emendamenti di recente adozione, non può che contribuire a rafforzare la polarizzazione esistente nel Paese, ovvero incrementare il rischio di giudiziarizzazione della politica alla luce soprattutto del fatto che la passata e attuale maggioranza di Governo si troverà ad aver nominato la quasi totalità dei giudici della Corte Suprema. Un rischio la cui portata è di estrema rilevanza all’interno di un contesto in cui, secondo un sondaggio del Caucasus Research Resource Centers, il 50% ritiene esista un “Clan” all’interno del sistema giudiziario, e il 45% che Sogno Georgiano sia in controllo dello stesso. Una percezione che è aumentata durante la repressione delle proteste nel giugno del 2019, alla luce di alcune decisioni giudiziarie che sono apparse politicamente motivate – il mancato rilascio per motivi di salute del dimostrante Levan Jikuri, ad esempio, avvenuto in contemporanea con il rilascio su cauzione del funzionario Levan Imerlishvili, accusato di abuso di potere. Il 2019 è stato altresì contraddistinto da casi giudiziari controversi, i quali hanno fatto emergere dubbi sull’indipendenza dei giudici e sull’utilizzo selettivo della giustizia. Il caso più importante concerne i co-fondatori della TBC Bank Mamuka Khazaradze e Badri Japaridze – i quali hanno successivamente fondato il partito Lelo for Georgia – che sono stati accusati di riciclaggio di denaro sporco. Una vicenda che assume connotati politici anche alla luce del fatto che TBC era il principale partner del consorzio che si sarebbe dovuto occupare della costruzione del porto di Anaklia, di rilevante natura geopolitica. Una vicenda che prova dunque l’importanza rivestita dal sistema giudiziario al fine di garantire il necessario flusso di investimenti esteri, e la conseguente crescente necessità di concentrarsi sull’indipendenza dello stesso nel corso della corrente legislatura.

Giacomo Citterio

Peace Bridge and new Parliament building, Tbilisi, Georgia Republic” by Boonlong1 is licensed under CC BY-ND

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Perchè è importante

  • La volontĂ  georgiana di perseguire il processo di europeizzazione rimane solita, ma il rapporto Nation in Transit del 2020 evidenzia le lacune relative al processo di democratizzazione.
  • In particolare il processo di nomina dei giudici della Corte Suprema è stato aspramente criticato dagli osservatori internazionali.
  • Una vicenda protrattasi a oltranza che ha indotto l’Ombudsman a ricorrere alla Corte Costituzionale e in seguito a criticare gli emendamenti apportati alla vigilia delle elezioni parlamentari.
  • Sogno Georgiano ha di fatto potuto esprimere la maggioranza dei componenti della Corte Suprema, contribuendo in tal modo ad accrescere la polarizzazione presente nello spettro politico, minando altresì la fiducia nel sistema giudiziario.

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Giacomo Citterio
Giacomo Citterio

Classe 1995, brianzolo, sono laureato in Scienze Politiche e in Politiche per la cooperazione internazionale allo sviluppo con una tesi sul trasferimento internazionale dei dati personali alla luce del caso Cambridge Analytica. Curioso di natura, dopo un anno passato tra Polonia e Georgia mi sono definitivamente appassionato alle dinamiche dell’Europa centro-orientale e dell’area post-sovietica. Attualmente lavoro come Project development assistant a WEglobal.

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