In 3 sorsi – La politica commerciale di Joe Biden sembra puntare sul multilateralismo. A parte questo, però, la cesura con Trump potrebbe essere meno significativa di quanto atteso. Starà dunque agli altri Paesi sfruttare l’opportunità di maggior dialogo.
1. “AMERICA FIRST” E IL COMMERCIO INTERNAZIONALE
Negli anni della Presidenza Trump e della dottrina “America First”, il mondo ha osservato con stupore gli Stati Uniti abbandonare progressivamente il proprio ruolo di chiave di volta nel regime internazionale del libero commercio per mettere al centro il proprio interesse nazionale. Con lo scopo di porre fine a rapporti economici ritenuti svantaggiosi, l’Amministrazione Trump ha infatti attuato una politica commerciale di stampo protezionistico, caratterizzata da minacce e misure unilaterali, assestando un duro colpo ai principi del multilateralismo e del libero scambio, di cui gli Stati Uniti erano stati uno storico fautore. È in quest’ottica che si possono comprendere le politiche con cui Washington ha messo in discussione diversi accordi economici e avviato forme di ritorsione nei confronti di importanti partner commerciali. Ne sono esempi eloquenti l’uscita dal Partenariato Transpacifico (TPP), l’indolenza nei confronti dello stallo in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e l’introduzione di dazi sulle esportazioni provenienti non solo dalla Cina, considerata la principale minaccia (geo)economica, ma anche dall’Unione Europea.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Robert Lighthizer è l’uomo dietro all’aggressiva strategia commerciale di Trump
2. L’AMBIGUITÀ DI BIDEN
Ora però, con la vittoria di Biden, sono in molti ad aspettarsi il ritorno di un clima più favorevole per il commercio internazionale. Su questo tema, infatti, il Presidente eletto ha preso le distanze da quello uscente, prediligendo un approccio che valorizza la leadership statunitense, il multilateralismo e il rispetto delle regole comuni. Tuttavia sarebbe ingenuo aspettarsi un totale ritorno all’era pre-Trump in cui gli Stati Uniti erano il faro del libero mercato sul piano internazionale. Infatti, dopo la sconfitta del 2016, i Democratici hanno ridimensionato il proprio sostegno alla politica commerciale liberale, ponendo attenzione sul suo possibile impatto negativo per l’interesse dei lavoratori statunitensi e per l’ambiente. Infatti, per il nuovo Presidente, la tutela di questi due aspetti diventa una priorità per Washington nell’ambito di futuri accordi commerciali, il che potrebbe renderne più complesse le trattative. A creare incertezza sono anche le potenziali ripercussioni sulla concorrenza internazionale della politica di investimenti e di sussidi con cui Biden mira a sostenere l’industria domestica. C’è poi una questione economica che rimane legata alla sicurezza nazionale: la Cina. Se da un lato Biden si è detto d’accordo con la necessità di rispondere con fermezza alle pratiche commerciali sleali cinesi, dal’altro lato ha anche criticato la reazione unilaterale di Trump, esprimendosi invece a favore di una coalizione internazionale per far leva su Pechino.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Biden è atteso da una difficile transizione
3. GLI SCENARI PER L’UNIONE EUROPEA
Un approccio di rinnovata ispirazione istituzionale e multilaterale da parte del nuovo inquilino della Casa Bianca potrebbe consentire a Bruxelles non solo di migliorare i rapporti economici con gli Stati Uniti, ma anche, più in generale, di accrescere il proprio potere regolatorio sui mercati internazionali. Sul primo punto, ad esempio, i Paesi europei auspicano l’abbattimento dei dazi sulle proprie esportazioni, specie nell’ottica di sostenere la ripresa economica all’indomani della pandemia. Sul secondo punto i toni più concilianti di Washington potrebbero aprire la strada per superare l’impasse nell’OMC e per creare un asse economico transatlantico in chiave anticinese. Dal canto suo, però, per cogliere l’occasione di rinegoziare regole e ruoli, l’UE dovrà confrontarsi ancora una volta con i contrasti interni già emersi, non a caso, sia riguardo agli accordi commerciali con gli Stati Uniti, che alla linea da seguire con Pechino.
Cristiano De Vergori
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