In 3 sorsi – Tra pandemia da coronavirus e instabilità politica, che scenario si presenta in Romania dopo le elezioni?
1. LA SITUAZIONE ATTUALE
A inizio dicembre in Romania si sono svolte le elezioni parlamentari che hanno segnato un record di astensionismo del 68%, uno dei dati più alti al mondo.
Questa enorme assenza di partecipazione dei cittadini può essere attribuita al generale clima di disaffezione verso la politica e alla situazione del Paese legata al coronavirus.
La Romania, infatti, risulta essere l’area dei Balcani più colpita dalla pandemia. Dall’inizio dell’epidemia il Paese dell’Est conta più di 500mila contagi e circa 14mila decessi, con la capitale Bucarest che registra il più alto numero di casi.
L’esito elettorale è stato quindi influenzato da questi fattori, consegnando un Paese instabile politicamente. Infatti, all’indomani delle elezioni il premier Ludovic Orban del Partito Liberale (PNL) ha rassegnato le dimissioni cedendo l’incarico, ad interim, al Ministro della Difesa Nicolae Ciucă.
Il PNL ha ottenuto il 29% dei voti facendosi scavalcare dal movimento euroscettico del PSD (Partito Socialista Romeno) di Marcel Ciolacu, che si piazza al primo posto della contesa elettorale.
2. IL CONTESTO POLITICO
Le votazioni di inizio mese hanno quindi restituito una Romania con un panorama politico molto confuso.
Questa situazione non è una novità per il Paese balcanico. Dal 2016 (anno delle ultime elezioni) ad oggi si sono susseguiti ben quattro Governi diversi, tre a guida socialista e l’ultimo presieduto dal liberale Orban.
Secondo gli ultimi negoziati il prossimo esecutivo dovrebbe essere ancora a guida liberale. I socialisti, infatti, non sembrano, al momento, avere la forza per dar vita a un’alleanza che possa avere la maggioranza all’interno del Parlamento romeno. Si va perciò verso un Governo retto dall’alleanza tra liberali, il partito della minoranza ungherese e la coalizione USR-PLUS. Quest’ultima ha ottenuto il 15% dei voti, è un agglomerato di partiti centristi nato nel 2019 e si ispira alla République en Marche di Emmanuel Macron, sedendo al Parlamento Europeo nel gruppo Renew Europe.
Una novità importante di queste elezioni è rappresentata dall’ascesa della forza estremista di AUR (Alleanza per l’Unità dei Romeni), una forza politica nata lo scorso anno che racchiude nazionalisti, estrema sinistra, no global, no vax, conservatori ortodossi e che sostiene il ricongiungimento della Moldavia alla Romania. Sfruttando il malcontento per la gestione della pandemia e la rabbia verso la classe politica, AUR ha ottenuto circa il 9% dei consensi, superando così la soglia di sbarramento per l’ingresso in Parlamento.
3. L’IMPORTANZA DI BUCAREST PER L’UE
Le ultime votazioni, oltre a creare un clima di incertezza politica, mostrano un Paese diviso a metà. Da una parte i centri rurali arretrati e poveri e dall’altra le grandi città che guardano all’Europa abitate da giovani che hanno viaggiato, studiato e vissuto in altri Stati europei.
La Romania, enormemente impoverita dal regime comunista di Ceaușescu, è entrata a far parte dell’UE nel 2007, ma ha sempre avuto un ruolo marginale nelle politiche europee.
Bucarest, al pari di altri Paesi dell’Est, è sotto osservazione da parte della Commissione Europea per gli scandali di corruzione e cattiva gestione amministrativa che hanno attraversato il Paese. Prima di entrare nell’Unione Europea, infatti, la Romania ha avuto lunghi e complessi negoziati con Bruxelles a partire dal 1995. I temi principali sui quali è stato chiesto alla Romania di migliorare gli standard hanno riguardato il rispetto dello Stato di diritto, il sistema giudiziario, la tutela delle minoranze e la lotta alla corruzione.
L’UE sta cercando, negli ultimi tempi, di spingere la Romania a una maggiore modernizzazione del Paese. Va in questa direzione la recente decisione di insediare a Bucarest il primo centro europeo di cybersecurity. Questo permetterebbe di attirare numerosi ricercatori nel Paese e renderebbe la Romania non solo una territorio dal quale i giovani decidono di partire, ma anche un Paese d’attrazione per chi desidera specializzarsi in tale settore.
Il nuovo Governo romeno, qualunque esso sia, dovrà inoltre utilizzare i fondi europei provenienti da Next Generation EU (NGEU). Al Paese dell’Est spetteranno circa 14 miliardi di sussidi e, secondo le prime anticipazioni del Piano Nazionale di Ripresa romeno, saranno impiegati per politiche verdi e digitali, sostegno alle piccole e medie Imprese, ricerca e sviluppo, potenziamento della sanità e delle infrastrutture.
L’esecutivo che si insedierà avrà quindi il compito di utilizzare le risorse di NGUE per avviare una politica europeista che miri a modernizzare il Paese, cercando di ridurre le disuguaglianze territoriali, e che punti a coinvolgere maggiormente la Romania all’interno della governance europea.
Luca Rosati
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