In 3 sorsi – L’Unione Europea ha a lungo esportato plastica per raggiungere gli obiettivi ambientali, delegando le operazioni di riciclo ad altri Paesi. Con l’inizio del 2021 l’UE dovrà tornare a fare i conti con i rifiuti a casa propria.
1. NUOVE REGOLE PER SMALTIRE LA PLASTICA EUROPEA
Il 22 dicembre 2020 la Commissione Europea ha approvato nuove disposizioni per regolamentare l’esportazione di rifiuti plastici prodotti all’interno dell’Unione. A partire dal 1° gennaio 2021 le nuove regole proibiscono il trasporto di rifiuti plastici indifferenziati, pericolosi o compromessi verso economie che non fanno parte dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), permettendone l’export solo a scopo di riciclo. Anche per trasferire rifiuti verso Paesi OCSE come la Turchia, tra le principali destinazioni per i rifiuti europei, viene introdotta la pratica del consenso informato a priori: sia il Paese emittente che quello destinatario dei rifiuti dovranno esprimere il loro consenso al trasporto della plastica e dichiarare la presa visione del tipo di rifiuti che viene ammesso. La nuova regolamentazione mette in atto una decisione presa dai Paesi aderenti alla Convenzione di Basilea del 1989 sul trasporto di rifiuti pericolosi e rappresenta un passo avanti verso gli obiettivi del Green Deal europeo e della Plastic Strategy adottata nel 2018. Per la prima volta i 27 Paesi dell’unione riconoscono le proprie responsabilità riguardo alla produzione di rifiuti plastici e intraprendono un percorso che, nel lungo termine, favorirà la transizione verso un’economia circolare.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Una discarica di rifiuti plastici nelle vicinanze di Bangkok, Thailandia
2. DESTINAZIONI DI PUNTA PER L’IMMONDIZIA UE
Per anni gli Stati europei hanno delegato a economie emergenti, come Vietnam, Malaysia, Cina e Turchia lo smaltimento della plastica prodotta nell’UE dietro remunerazione. Tuttavia questi Paesi spesso non dispongono di risorse o infrastrutture adeguate a riciclare le enormi quantità di plastica provenienti dal Vecchio continente, portando quindi al loro incenerimento indiscriminato o, in alternativa, generando immense discariche con un impatto significativo sull’ambiente e sulla salute delle comunità locali. Le cose hanno iniziato a cambiare nel 2018, quando la Cina, il principale importatore di rifiuti europei fino ad allora, introdusse nuove regole e standard più stringenti per l’ammissione di plastica da altri Paesi. Oltre a causare un intasamento dei sistemi di smaltimento rifiuti in Occidente, la mossa di Pechino spinse la Commissione Europea ad accelerare nel formulare politiche e regolamentazioni più ambiziose per l’uso e il riciclo della plastica. Nello stesso anno, infatti, la Commissione lanciò la sua Plastic Strategy, un piano per rendere tutti gli imballaggi in plastica nell’Unione riciclabili o riutilizzabili entro il 2030.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il palazzo della Commissione Europea a Bruxelles, Belgio
3. LE PROSPETTIVE PER IL SETTORE DEL RICICLO
La sfida per la diminuzione dei rifiuti plastici nell’UE è però tuttora in corso. Le nuove regole danno un chiaro segnale a Stati membri e attori economici privati che un cambio di rotta è necessario e che la questione dello smaltimento della plastica deve riguardare chi la produce, ma ad oggi gli europei gettano 25 milioni di tonnellate all’anno, e di questi arrivano a riciclarne solamente un terzo. In molti Paesi dell’Unione l’attuale infrastruttura del riciclo potrebbe non essere pronta a far fronte a crescenti quantità di prodotto da recuperare. Inoltre gli attuali investimenti nell’industria del recupero e del riciclo non sono sufficienti a rendere competitive le alternative riciclate e biodegradabili con imballaggi di plastica vergine, che costano in media la metà. Per non trasferire il costo della sostenibilità sulle spalle dei consumatori, l’UE dovrà aumentare i prorpi investimenti in ricerca e implementare un sistema di finanziamenti e incentivi per raggiungere gli obiettivi della Plastic Strategy, assicurandsi allo stesso tempo che la catena dello smaltimento di rifiuti non lasci i Paesi sommersi dalla plastica.
Sara Pasqualetto
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