In 3 sorsi – Nel 2020 i casi di violenza tra le comunità sudsudanesi sono drammaticamente aumentati, evidenziando la profonda eredità lasciata dal conflitto civile. Nonostante le previsioni contenute nell’accordo di pace del 2018, l’attuazione delle misure per promuovere la riconciliazione nazionale è in stallo.
1. VIOLENZE IN AUMENTO
A due anni dalla firma del Revitalized Agreement on the Resolution of the Conflict in the Republic of South Sudan (R-ARCSS), la riconciliazione nazionale nel Sud Sudan sembra ancora lontana. Nel 2020 le Nazioni Unite hanno segnalato un incremento del 371% degli episodi di violenza tra le comunità rispetto al 2019, registrando il maggior numero di casi nelle aree di Jonglei, Unity, Western Bahr el Ghazal, Warrap e Lakes. Di conseguenza le vittime della violenza intercomunitaria sono aumentate del 304%. Preoccupante è inoltre il fatto che la tale violenza abbia assunto progressivamente un carattere militare, sia nelle tattiche che nelle armi utilizzate. Oltre alla violenza intercomunitaria, il programma per il disarmo dei civili, aspetto fondamentale nei Paesi post-conflitto, si sta dimostrando particolarmente complesso, incontrando resistenze e portando a veri e propri scontri.
Il conflitto civile del 2013 ha lasciato ferite dolorose, causando un profondo trauma non solo a livello individuale, ma anche comunitario. Le gravi violazioni dei diritti umani commesse durante il conflitto, seguite da una generale impunitĂ nei confronti di coloro che le hanno perpetrate, hanno incrementato la distanza tra le diverse etnie che popolano il Paese, danneggiando il giĂ fragile senso di unitĂ nazionale.
Fig. 1 – Il Presidente sudsudanese Salva Kiir (a destra) e il vicepresidente Riek Machar
2. L’ACCORDO DI PACE DEL 2018
Dalla sua recente nascita come Stato indipendente a seguito di un referendum nel 2011, il Sud Sudan ha conosciuto un violento conflitto civile, scoppiato nel dicembre del 2013 a causa della contrapposizione tra il Governo del Presidente Kiir e il SPLM-IO (Sudan People’s Liberation Movement In Opposition), guidato invece dal vicepresidente Machar. Ben presto quello che si presentava come un conflitto causato da una lotta per il potere ha assunto i connotati di un conflitto etnico, contrapponendo in particolare l’etnia Dinka, alla quale appartiene Kiir, e quella Nuer, gruppo di Machar. Nel 2015 fu raggiunto un primo accordo di pace, collassato in breve tempo. Un nuovo accordo fu raggiunto grazie alla mediazione della regionale Autorità governativa per lo sviluppo (IGAD) nel 2018.
Il Capitolo V dell’accordo R-ARCSS, che riprende quasi interamente il testo del 2015, prevede la creazione di tre meccanismi fondamentali per la riconciliazione nazionale: una Commissione per la verità , la riconciliazione e la guarigione; un’Autorità per compensazione e riparazione; una Corte ibrida per il Sud Sudan. I tre meccanismi, indipendenti ma complementari, mirano al medesimo obiettivo: assicurare giustizia per i crimini commessi a partire dal 2013, per promuovere la tutela dei diritti umani e la riconciliazione nazionale. Ad oggi tali organi non sono ancora stati istituiti.
Fig. 2 – Da sinistra Salva Kiir, l’ex Presidente sudanese Omar al-Bashir e Riek Machar durante la firma della tregua per porre fine alla guerra civile in Sud Sudan, Khartoum, 27 giugno 2018
3. QUALI PROSPETTIVE?
L’importanza della riconciliazione nazionale in Paesi che hanno vissuto un conflitto civile è oramai ben nota. Come dimostrato da altri casi noti quali Sudafrica e Ruanda, il ruolo dei meccanismi di giustizia transizionale in contesti così complessi è fondamentale per procedere verso una costruzione della pace sostenibile. Per questo motivo i ritardi nell’attuazione dell’accordo R-ARCSS, in particolare per quanto concerne il Capitolo V, rappresentano un grande rischio per la sostenibilità della pace in Sud Sudan.
Il processo di riconciliazione nazionale risulta dunque in stallo a causa dalla mancanza di progresso nell’istituire gli organi fondamentali incaricati di terminare la generale impunità per i crimini commessi durante il conflitto e di promuovere l’unità nazionale. Il Governo di transizione, insediatosi il 22 febbraio 2020, dovrà agire con urgenza per dare vita ai meccanismi di riconciliazione e giustizia transizionale previsti nell’accordo di pace del 2018, per scongiurare un incremento delle violenze intercomunitarie che rafforzano ulteriormente la divisione tra le diverse comunità sud sudanesi.
Alessia Rossinotti
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