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La missione fantasma

L’attentato contro il convoglio italiano della Missione UNIFIL2 vicino a Sidone è stato una sorpresa perché avvenuto in un teatro sostanzialmente ritenuto “tranquillo” dal pubblico italiano. Infatti gli eventi in Afghanistan, Pakistan, Libia, Siria e Israele tendono a catalizzare l’attenzione nostrana molto più di quanto lo faccia il Libano

 

TEATRO DIMENTICATO – Ci si ricorda della Missione UNIFIL2 solo in caso di incidenti come questo. Eppure la situazione in zona è tutt’altro che semplice. Ricordiamo che l’intervento ONU è nato in autunno del 2006 per fermare gli scontri della Seconda Guerra del Libano tra Israele ed Hezbollah. Le regole d’ingaggio vennero create apposta per tutelare i Caschi Blu in un contesto molto difficile e contemporaneamente proteggere la popolazione evitando si ripetessero casi come quello di Srebrenitza in Croazia.

 

LE ORIGINI – La missione aveva l’intento di tutelare entrambe le parti: da un lato impedire a Israele di continuare il conflitto che era sfociato in un’invasione del Paese dei Cedri e tutelare così il popolo libanese. Dall’altro favorire il disarmo di Hezbollah per tutelare il popolo israeliano. Purtroppo giĂ  nel 2006 iniziarono a essere proposti molti dubbi sulla reale efficacia della missione. Innanzi tutto le regole d’ingaggio rimanevano confuse: autorizzavano l’uso della forza per proteggere i civili, anche in via preventiva, ma rimaneva difficile individuare quanto davvero si potesse considerare che i civili fossero sotto pericolo diretto (deve essere sparato un missile? O basta puntarlo?), col rischio quindi di entrare in conflitto con una delle due parti che solo avesse mostrato atteggiamenti minacciosi.

 

I DUBBI DEI CASCHI BLU – Inoltre il disarmo di Hezbollah non poteva essere eseguito dalle truppe ONU, ma solo dall’esercito Libanese, che però era considerato troppo compromesso e inadeguato come capacitĂ  per tale compito. Del resto alle truppe ONU poteva (e può) essere vietata l’ispezione a villaggi e zone se Hezbollah così richiede. Cosa significa? Alcuni anni fa parlando con degli assistenti del Generale Arena (allora al comando della Brigata Aeromobile Friuli, appena tornata dal Libano) mi venne detto senza mezzi termini che spesso si doveva “chiudere gli occhi” e far finta di non vedere (uno di loro aggiunse: “come in Somalia”), che i miliziani provvedevano a spostare carichi sospetti e armamenti mentre i soldati ONU aspettavano fuori dai villaggi, e solo dopo che tutto era stato ripulito veniva concesso l’ingresso per l’ispezione… che a quel punto ovviamente non rilevava niente.

 

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UTILITA’ – Non sorprende quindi che Israele abbia sempre mal visto la missione UNIFIL poichĂ© aveva impedito di chiudere i conti con Hezbollah. Per quanto infatti il conflitto fosse iniziato male per Tsahal, nell’ultima settimana l’influsso di un’enorme quantitĂ  di truppe aveva ribaltato le sorti e, a giudicare dalle intercettazioni radio, portato i miliziani vicini al collasso. Dall’altra parte Hezbollah ha del resto sempre accusato velatamente la missione ONU di essere maggiormente dalla parte di Israele. Scambiando qualche opinione con il Prof. Efraim Inbar del Centro Studi Strategici BESA dell’UniversitĂ  di Bar-Ilan, un nazionalista, la visione della missione UNIFIL2 è una di totale inutilitĂ , poichĂ© secondo i rapporti di intelligence non ha disarmato Hezbollah, nĂ© ha fermato il loro rifornimento di armi; allo stesso modo, senza mezzi termini, egli ha affermato la presenza dei Caschi Blu non avrebbe impedito una eventuale risposta armata di Israele se si fosse ripresentato un conflitto.

 

Hezbollah del resto nelle sue dichiarazioni anti-Israele non ha mai citato la presenza ONU come fattore limitante e anzi recenti accordi – e ancora di piĂą il nuovo governo filo-sciita – di fatto hanno legittimato la natura armata del movimento, eliminando quindi una delle funzioni principali della missione stessa.

 

CHI HA COLPITO? – La domanda ora è: se tutti ci considerano così inutili e così innocui, chi ha avuto interesse ad attaccarci? Probabilmente non Hezbollah, che ha tutto da guadagnare da una presenza ONU che comunque funge da utile schermo senza limitare davvero in alcun modo le proprie operazioni. NĂ© Israele, come giĂ  qualcuno ipotizza con la solita teoria del complotto, che ha sempre avuto una forte cooperazione con UNIFIL2 e non ha bisogno di “trucchi” per avere il supporto occidentale nei confronti di Hezbollah.

 

L’attentato è avvenuto del resto in una zona che non è sotto il controllo sciita, pertanto risulta più probabile un’azione di uno dei gruppi salafiti che si ispirano ad al-Qaeda. Piccoli, sfuggenti e spesso poco coordinati tra loro, possono comunque colpire isolatamente e senza preavviso, cosa che li rende comunque pericolosi. Nascono principalmente nei campi profughi palestinesi, dove la mancanza di prospettive e lavoro favorisce il reclutamento e lo sviluppo delle ideologie estremiste. Proprio nel 2010 il gruppo Jund al Sham (originario del campo di Ayn al Hilwe vicino a Sidone) si è scontrato contro i miliziani legati a Fatah che tengono il controllo dei campi, e prima ancora nel 2007 si ricordano gli scontri a Nahr el Bared tra estremisti ed esercito libanese.

 

Lo scopo di questi movimenti appare continuare la lotta che ai loro occhi i movimenti maggiori e piĂą conosciuti sembrano avere abbandonato per la via politica, oltre alla necessitĂ  di guadagnare visibilitĂ  e reclute. Non sono ancora capaci di azioni intense e continue come in altri paesi, ma sono comunque capaci di riprovarci.

 

In mezzo ci sono i Caschi Blu, più vulnerabili perché non si aspettano una conflittualità tipo Iraq o Afghanistan. Mentre l’utilità della missione diventa ogni giorno più evanescente, rimane la necessità di maggiori attenzioni e misure di sicurezza.

 

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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