Il commercio in armi e tecnologie militari tra Russia e Cina è stato negli ultimi vent’anni una delle certezze dei rapporti commerciali bilaterali tra i due paesi. Dal 2008 in poi, però, la Cina ha ridotto notevolmente l’acquisto di armi russe, pur aumentando considerevolmente le spese militari
PARTNER COMMERCIALI “NATURALI” – Dal collasso dell’Unione Sovietica in poi, la Russia è stata il partner commerciale principale a cui la Cina si è rivolta per l’acquisto di armi e tecnologie militari. Durante l’era Gorbaciov venne aperta una finestra commerciale, favorita anche dall’embargo imposto dall’Occidente alla Cina a causa degli scontri di piazza Tienanmen, che fu mantenuta anche dopo il 1991, quando la Russia si trovò ad essere un Paese in piena crisi economica e istituzionale con un arsenale militare moderno e vastissimo, che poteva essere in parte rivenduto all’estero per finanziare la riorganizzazione interna. Favorito da queste condizioni, si stabilì un sodalizio sino-russo sul commercio in armamenti russi verso la Cina, che è cresciuto stabilmente negli ultimi vent’anni fino a coprire all’incirca il 50 % delle esportazioni totali russe in armi. Molto importante per la crescita è stato il ruolo del MIC (Military Industry Complex) russo, gruppo di pressione interno in grado di influenzare la politica estera di Mosca e di utilizzare lo Stato come strumento di trasmissione dei propri interessi. Il MIC è stato infatti il maggiore sostenitore del commercio con la Cina come via per la sopravvivenza e l’innovazione delle tecnologie militari russe. Infatti, due elementi hanno fatto sì che l’esportazione divenisse per l’industria militare russa l’unica via verso la sopravvivenza: (1) l’approvvigionamento domestico per le forze armate e il budget per mantenere le forze esistenti hanno subito una forte riduzione nella nuova Federazione Russa; (2) i fondi governativi per la ricerca e lo sviluppo sono praticamente nulli e le compagnie hanno bisogno di esportare armi per finanziare i loro programmi di ricerca e sviluppo, e mantenere la loro competitività sul mercato globale degli armamenti.
A questi incentivi interni al commercio, si aggiungono i vantaggi che entrambi i Paesi guadagnano dalla cooperazione a livello più ampio. I rapporti militari bilaterali sino-russi infatti, permettono a entrambi di avere un maggiore contrappeso strategico nei confronti di alcune minacce dell’era post guerra fredda, come l’unipolarismo USA, la crescita dell’influenza giapponese in Asia e il terrorismo islamico in Asia Centrale.
NON È TUTTO ORO QUELLO CHE LUCCICA – In passato, la vendita di armi e tecnologie alla Cina è stata oggetto di critiche e preoccupazioni da una parte dell’establishment di potere russo, che riteneva pericoloso armare Pechino. Russia e Cina infatti hanno mantenuto aperte dispute territoriali su varie aree dei loro 4,200km di confine comune (terminate soltanto nel 2008 con la cessione di territori da parte della Russia) e la vendita di armi alla Cina significava per alcuni armare un potenziale attacco nemico. Tuttavia, nonostante i timori sollevati da alcune aree della classe dirigente, le élite militari hanno continuato a ribadire l’assoluta sicurezza del commercio in armi con Pechino. La Russia infatti si è tutelata limitando la vendita alle tecnologie meno avanzate e ha sempre escluso dalla commercio brevetti e tecnologie che avrebbero potuto dare alla Cina la possibilità di produrre autonomamente le proprie armi. Inoltre, gli acquisti militari cinesi si sono concentrati su Taiwan e sul Mare Cinese Meridionale e dunque riguardavano principalmente tecnologie navali, piuttosto che armamenti di terra potenzialmente utilizzabili in caso di tensioni con la Russia.
Questi accorgimenti hanno permesso al Cremlino di godere di buoni vantaggi: crescita del commercio e protezione dalle minacce. Tuttavia, da tre anni a questa parte, la Cina ha ridotto drasticamente l’importazione di armi dalla vicina Russia e alla base del declino sembrano esserci proprio quelle limitazioni che la Russia ha imposto per tutelare la propria sicurezza e mantenere il proprio primato sulla vendita di armi nella regione.
PROSPETTIVE FUTURE – La Cina ha dimezzato di anno in anno l’acquisto di armi, passando dai 1331 miliardi di dollari del 2008 ai 410 del 2010. Pechino ha inoltre smesso di comprare sistemi militari completi dalla Russia, principalmente perché l’industria militare cinese ha sviluppato la capacità di costruire autonomamente le tecnologie d’era sovietica che la Russia le continua ad offrire. La Cina sta insomma reagendo al rifiuto russo di venderle tecnologie d’avanguardia cercando una maggiore autosufficienza produttiva e un proprio spazio nel commercio in armi. Questo cambiamento nella politica cinese impone una riflessione e una reazione da parte del Cremlino, che rischia ora di vedere un cambiamento a proprio sfavore dell’equilibrio militare esistente nella regione dell’Asia-pacifico. Il rischio maggiore che si profila per Mosca è la potenziale abilità da parte cinese di utilizzare le armi importate dalla Russia come base per migliorare la qualità delle proprie esportazioni militari, anche se per ora la Cina ha scalzato la Russia nella vendita di armi soltanto in alcuni Paesi del terzo mondo. Tuttavia, il pericolo principale per la Russia però è proprio quello di essere surclassata in futuro dalle esportazioni a basso costo di armi cinesi e di perdere così quote di mercato a favore del suo ex – miglior cliente.
Tania Marocchi