Si è concluso il quinto e penultimo round di colloqui per stipulare un accordo definitivo sul nucleare iraniano. Com’è andata?Â
Tra il 16 e il 20 Giugno i rappresentanti dei P5 +1 (Membri permanenti del Coniglio di Sicurezza + Germania) e la delegazione iraniana sono tornati a discutere a Vienna sulle condizioni essenziali per sottoscrivere un patto globale sulla questione. Nulla di nuovo emerge dopo 5 giorni di incontri, che rimandano la stesura di un’intesa al meeting del 2 Luglio.
DOSSIER APERTO – Si riaccende il dibattito internazionale per trovare entro il 20 Luglio un punto di incontro sul discusso e complesso dossier nucleare iraniano. A Vienna nulla di fatto. Sembra che lo storico impasse negoziale abbia colpito anche la presidenza Rouhani che rimane però aperta a dialogare con l’Occidente e si dice positiva circa il raggiungimento degli obiettivi congiunti. Dopo cinque giorni di colloqui le divergenze tra le parti rimangono sostanziali. Ancora non è stato accettato il numero delle centrifughe che rimarranno attive in Iran, l’indice massimo di arricchimento dell’uranio nĂ© la tabella di marcia per il sollevamento completo delle sanzioni. Quest’ultimo elemento, infatti, è la conditio sine qua non iraniana per una soluzione di accettabile compromesso.
I COLLOQUI DI VIENNA… – …si sono aperti con l’incontro tra l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri dell’UE Catherine Ashton e il Ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif. I due hanno discusso sulle necessitĂ di maggior trasparenza del programma nucleare di Teheran. La determinazione iraniana nello sviluppare tecnologia dual use (potenzialmente impiegabile sia per uso civile che per quello militare) fa crescere quel margine di ambiguitĂ che circonda il programma nucleare. La mancanza di fiducia, infatti, ha storicamente impantanato i dialoghi e irrigidito le singole posizioni: “Non sappiamo ancora se l’Iran è pronto a prendere tutte le misure necessarie per garantire al mondo che il suo programma nucleare è e resterĂ esclusivamente pacifico”, ha aggiunto Wendy Sherman, Sottosegretario di Stato americano per gli affari politici, una posizione che riflette soprattutto i timori della delegazione statunitense.
La serie di incontri svoltisi negli ultimi mesi riprendono i temi pattuiti lo scorso 9 Novembre a Ginevra in un accordo interinale, valido sei mesi ma prorogabile per altri sei. Le clausole poste dall’intesa, firmata il 20 Novembre ed entrata in vigore 2 mesi dopo (e definita da Israele “errore storico”) impegnavano l’Iran a mantenere metà dello stock arricchito al 20% per alimentare il reattore della capitale (per ottenere un ordigno atomico è necessario raggiungere il 90%), congelare il restante materiale fissile al 5 %, permettere l’accesso degli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) agli impianti di arricchimento di Natanz e ai reattori di Arak, e interrompere il programma di arricchimento. In cambio la comunità internazionale si impegnava ad alleggerite le sanzioni internazionali, eccetto quello che riducono la vendita petrolifera, non imporne delle nuove, e sbloccare 4,2 dei 60 miliardi di dollari di proventi della vendita di gas e petrolio congelati nelle banche asiatiche.
ROTTURA COL PASSATO – Contrariamente a quanto si è assistito con gli ultraradicali al potere, quando il programma nucleare era la punta di diamante di una retorica intransigente (non solo iraniana), la Repubblica Islamica appare oggi piĂą moderata, consapevole della necessitĂ di trovare una mediazione per ridurre l’impatto catastrofico delle sanzioni sull’economia interna. Essa soprattutto avverte l’esigenza di uscire dall’isolamento internazionale in cui era stata volutamente collocata. Nonostante permangano linee di frizione tra le parti ,Teheran mantiene ferma la volontĂ di continuare “ad oltranza” le trattative fino alla firma di un patto definitivo, senza fare marcia indietro su quello che dichiara essere suo diritto imprescindibile di arricchire uranio nelle centrali nucleari.
RUOLO REGIONALE – Il difficile percorso verso la redazione di un accordo definitivo e globale, incontra l’ambizione dell’Iran di imporsi quale pivot e crocevia strategico nell’area. Una potenza regionale di primo piano che per rompere l’isolamento diplomatico e risollevare l’economia stagnante ha bisogno di dialogare con l’Occidente. Il meeting di Vienna e l’intero iter negoziale assumono così una valenza cruciale per l’Iran di Rouhani, desideroso di reinserirsi nel gioco regionale. I colloqui della scorsa settimana, tra l’altro, si sono svolti in concomitanza delle complesse vicissitudini che stanno affliggendo lo scenario iracheno, assediato dalle forze jihadiste sunnite dell’ISIS. La pericolosa faglia fondamentalista apertasi in Iraq è un elemento non secondario per Teheran che, grazie alla sua stabilità interna, potrebbe assurgere a ruolo di stabilizzatore nell’area e interferire direttamente nella lotta anti qaedista. Proprio in questo periodo gli Stati Uniti hanno ridotto le relazioni con l’alleato saudita (finanziatore indiretto dei movimenti sunniti nella regione) ai minimi storici, mostrando una possibilità a dialogare con Teheran per la risoluzione della polveriera irachena.
ChissĂ se proprio gli eventi di confine possano creare la situazione favorevole per accelerare il processo di distensione tra Iran e Stati Uniti e mettere la parola fine alla lunga diatriba della questione nucleare.
Giorgia Perletta