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Salvare l’Euro, evitando l’effetto domino

CaffEuropa – Comincia oggi una nuova rubrica, che vi porterà a scoprire quello che accade nel Vecchio Continente. Ogni settimana vi proporremo un articolo su un Paese differente, trattando di politica ed economia con il nostro consueto stile. Per la prima puntata di “CaffEuropa” potevamo non cominciare dalla Grecia, nell’occhio del ciclone per il suo enorme debito pubblico? Il governo Papandreou è da oltre un anno alle prese con una gravissima crisi economica e sociale che fa tremare non solo Atene ma tutti i mercati europei e mondiali.

DENTRO O FUORI? – Abbandonare la nave e salvare il salvabile oppure perseverare, affrontare la tempesta continuando a sacrificarsi nella speranza di uscirne e di riprendere la giusta rotta?

Forse è questa la domanda, il sentimento contrastante che da diverso tempo attraversa i pensieri di molti cittadini europei. Nella fattispecie concreta questa considerazione potrebbe interessare gli abitanti della Grecia; un Paese dal nobile e glorioso (seppur lontano) passato alle prese con un presente tormentato dai fantasmi della modernità rappresentati da un’economia globale priva di regole stabili che rischia di portare alla deriva Atene e non solo.

Disoccupazione, crescita zero, tagli selvaggi sono argomentazioni che non appartengono soltanto alla gloriosa terra delle poleis. Infatti, la possibilità che il collasso finanziario della Grecia possa generare un pericoloso effetto domino terrorizza non solo il vecchio continente, bensì i mercati ed i governi di mezzo mondo.

IL PASSO PIU’ LUNGO DELLA GAMBA – Lo spettro che attraversa in lungo e in largo i confini dell’area monetaria legata all’euro ha fatto si che la Bce e il Fmi abbiano prontamente attivato un salvagente economico, un vero e proprio meccanismo di soccorso per i conti più a rischio (Irlanda, Portogallo e appunto Grecia).  

Circa un anno fa sono stati assicurati alla Grecia aiuti per 110 miliardi di euro in tre anni, 80 di questi forniti dagli altri paesi e 30 dal Fondo monetario internazionale.

Un ausilio economico che evidentemente non è stato sufficiente per riportare i conti ellenici ad un livello minimo di garanzia, costringendo l’Ue ad una seconda fase di intervento.

E se anche questo ulteriore passo non dovesse bastare? Se la Grecia non fosse in grado di riattivare determinati meccanismi virtuosi per diminuire il debito pubblico e ripartire con la crescita economica? Il punto è esattamente questo, il rischio contagio, se la cura non dovesse avere gli effetti desiderati sarebbe altissimo e con conseguenze inimmaginabili.

L’impressione dominante è che la Grecia, come probabilmente altri paesi dell’Ue, per aderire alla sfida dettata dalla moneta unica abbia fatto nel 2001 il cosiddetto passo più lungo della gamba, ritrovandosi ora in una situazione di soffocamento forse preventivabile dal quale è difficile venirne fuori.

LA CONDICIO SINE QUA NON – La seconda tranche di aiuti economici prevista dall’Ue e dal Fmi per arginare i conti in rosso della Grecia contemplava come unica condizione per il via libera definitivo l’attuazione di un drastico piano di austerity, un giro di vite imprescindibile per sanare gradualmente il debito pubblico.

Così nelle scorse ore, in un’Atene blindatissima teatro di scontri tra forze dell’ordine e manifestanti, il Parlamento ellenico ha approvato la manovra: un piano che prevede tagli da oltre 28 miliardi di euro tra il 2012 ed il 2015 e circa 50 miliardi di nuove entrate provenienti da privatizzazioni.

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PATTO PER L’EURO – Come era logico che accadesse i leader europei e i principali mercati finanziari hanno reagito con soddisfazione all’attuazione del giro di vite made in Grecia. Ipotizzando che Atene si rimbocchi effettivamente le maniche potrà così ottenere circa altri 85 miliardi di euro di finanziamenti fino al 2014. Con ogni probabilità però non basterà sovvenzionare i conti in rosso di uno Stato in difficoltà per evitare ulteriori crisi o nuovi potenziali rischi di fuoriuscita dall’euro; in futuro infatti sarà necessario rimodellare i dettami dell’economia, creando un vincolo sempre più stretto tra economia globale e finanza dei singoli paesi membri.

L’attuazione di un “patto per l’euro” potrebbe essere l’inizio di una nuova fase fatta di regole più chiare e vincolanti. Controllare più strettamente le finanze pubbliche tramite dei meccanismi di stabilità sarà una necessità imprescindibile per evitare che il sogno dell’unità monetaria si trasformi in un pericoloso vicolo cieco.

Andrea Ambrosino

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