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Se un piccolo diventa un gigante

Caffè Geoeconomico – Anche nel 2011 gli Stati dell'America Latina e dei Caraibi vedranno una crescita delle loro economie che si aggirerà attorno al 4,7% confermando il trend positivo che ha avuto inizio dalla metà del 2009. Lo si evince dallo studio economico della Cepal (Comisión Económica para América Latina) 2010-2011, presentato il 13 luglio scorso. Ma non sono tutte rose e fiori. Nel prossimo biennio la regione dovrà affrontare sfide economiche importanti che potrebbero condizionarne lo sviluppo nel lungo termine

LO SCENARIO – La situazione del 2011 recupera in parte lo scenario antecedente alla crisi economica che aveva visto il continente latinoamericano avviarsi sulla strada dello sviluppo economico, grazie soprattutto all’input dell’aumento della domanda interna e dei consumi. All’aumentare di questi due indicatori è corrisposto anche un innalzamento degli investimenti e quindi del credito, che hanno consentito all’economia di tornare ai livelli precedenti al 2009.  In particolare le statistiche della Cepal, presentate dalla presidentessa Alicia Bárcena, si concentrano sui problemi della gestione di questo incoraggiante boom economico che dovrebbe essere “pilotato” dagli Stati della regione, nel senso di sostenere crescita con occupazione, produzione e uguaglianza sociale, attraverso un’ intelligente politica fiscale.

ECONOMIA A TRE VELOCITA’ – Una delle peculiarità individuate dallo studio Cepal è lo sviluppo di uno crescita economica a tre velocità.  In particolare gli Stati del Cono Sur del continente cresceranno di un 5,1% nell’anno corrente, grazie soprattutto al fattore più importante delle loro economie, l’ esportazione delle materie prime a prezzi di scambio più alti. La crescita sarà invece minore per gli Stati centroamericani e caraibici, che segneranno rispettivamente un 4,3 e un 1,9% di crescita. Ma non finisce qui. Le prospettive per l’ America Latina e l’area caraibica, anche per il 2012, sono di una crescita che si attesterebbe attorno al 4,1%, equivalente a un 3% del PIL per abitante, nonostante persista un’ elevata incertezza derivante dalla congiuntura internazionale.

Nella lista dei paesi a maggior crescita, al primo posto c’è Panama (8,5%) seguita da Argentina (8,3%), Haiti (8%) e Perù (7,1%). Seguono Uruguay con il 6,8%, Ecuador (6,4%), Cile (6,3%) e Paraguay (5,7%). A sorpresa, ma non troppo, le due economie più forti dell’area come Brasile e Messico cresceranno solo di un 4 %, ottenendo un risultato peggiore anche di Colombia (5,3%) e Venezuela (4,5%).

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DUE OSTACOLI: INFLAZIONE E LIQUIDITA’ – Nel suo studio, la Cepal evidenzia le sfide in materia di politica macroeconomica che si presentano ai governi in un contesto di aumento generale dei prezzi delle materie prime, di un’ elevata liquidità monetaria internazionale e della solidità di alcune economie sudamericane. L’ agenzia Onu ha individuato infatti nell’ inflazione uno dei problemi che potrebbero rallentare la crescita. L’ aumento internazionale del prezzo dei prodotti alimentari e dei combustibili unita all’aumento della domanda interna, potrebbe creare un’eccessiva fluttuazione del valore delle monete dei diversi Stati, e di conseguenza un incremento della differenza tra i tassi di interesse interni e quelli internazionali. Certamente, nel breve periodo ci saranno effetti benefici dovuti al maggior flusso di capitali che potrebbero entrare nella regione e alle pressioni rivalutative delle monete locali, benefici che potranno comportare anche una riduzione della povertà e un abbassamento dei prezzi degli alimenti. Ma senza dubbio ci sono anche dei possibili rischi. Ad esempio, gli Stati potrebbero tornare ad essere vulnerabili a movimenti di capitali speculativi per ottenere guadagni a breve termine, e potrebbero prodursi variazioni nei prezzi degli attivi finanziari e dei mercati immobiliari. Un’ altra questione è quella dell’elevata liquidità internazionale che comporta un abbassamento dei cambi reali e un aumento dei prezzi delle materie prime internazionali, incentivando così un’ intensiva produzione ed esportazione di materie prime locali. Questo provoca una vulnerabilità delle economie regionali agli shocks esterni e genera maggiore volatilità degli investimenti andando ad incidere negativamente quindi sulla crescita, l’ occupazione e la riduzione delle disuguaglianze sociali.

OCCHIO ALLA CONGIUNTURA INTERNAZIONALE – Infine bisogna tenere sempre un occhio di riguardo alla situazione internazionale, soprattutto alle economie di Stati Uniti, Europa e Giappone perché un eventuale deterioramento delle stesse comporterebbe un ostacolo alla potenziale crescita della regione. Da qui sarebbe conveniente sfruttare al massimo l’ attuale congiuntura favorevole per poter recuperare spazi economici da poter sfruttare in futuri ed eventuali momenti di crisi. Per ottenere ciò le autorità economiche regionali dovrebbero adottare misure per contenere l’ apprezzamento dei cambi con interventi nel mercato, controlli delle entrate di capitali e regolazioni finanziarie accompagnate da un politica fiscale di risparmio della spesa pubblica.

Alfredo D’Alessandro [email protected]

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