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Hugo al capolinea?

Le immagini del presidente venezuelano Hugo Chávez di ritorno da Cuba hanno fatto il giro del mondo: in un paese dove il presidente incarna il progetto stesso del socialismo del XXI Secolo, la debolezza causata dai cicli di chemioterapia e l’esito della lotta contro il cancro hanno chiaramente un effetto politico diretto. Di più: pongono interrogativi su una eventuale successione e sulla possibilità di un chavismo senza Chávez, ad appena un anno dalle elezioni presidenziali. Nonostante questo, la malattia va a sommarsi ad una fase di debolezza politica e di contrazione della politica estera venezuelana

CHAVEZ 1998-2008 – Il salto è notevole, se si pensa che fino a qualche anno fa Hugo Chávez faceva notizia principalmente per le misure socialiste interne e per gli strali rivolti contro il diavolo Bush, il capitalismo inumano e le istituzioni finanziarie colpevoli di affamare i popoli. I caratteri principali della politica chavista sono stati la costruzione di un modello per il socialismo del XXI Secolo ed il tentativo di esportare questo modello negli altri paesi dell’America Latina attraverso una politica estera aggressiva e sopra le righe. Gli alti prezzi del greggio fornivano gli strumenti economici per finanziare programmi sociali in Venezuela e all’estero, ma anche per creare Organizzazioni regionali come Petrocaribe e Alba (Alternativa Bolivariana per le Americhe) che assicuravano a Caracas il sostegno dei suoi vicini politicamente più simili, quali Ecuador, Bolivia e Cuba. Allo stesso tempo, le politiche unilaterali dell’amministrazione Bush creavano l’ambiente ideale per la retorica antiamericana e antimperialista del presidente Chávez. A livello regionale Chávez era stato abile a ritagliare per il Venezuela un ruolo da protagonista, sfruttando il momento di crisi di Brasile e Argentina, le tradizionali potenze sudamericane. CRISI DI UN MODELLO –  Queste condizioni si sono via via affievolite, o sono scomparse del tutto. Fino al 2008 il Venezuela aveva tassi di crescita sensibilmente più alti rispetto agli altri paesi della zona, grazie soprattutto agli alti prezzi del greggio. Con l’esplodere della crisi finanziaria il Venezuela ha arrestato la propria crescita, mentre le economie degli altri Paesi sono stati in grado di rispondere molto meglio. Negli ultimi due anni il Venezuela è entrato in recessione, mentre Cile,  Brasile e Argentina hanno avuto tassi di crescita del 5-7% nel 2010. In particolare, il Brasile si è affermato come nuova potenza emergente a livello mondiale, grazie ad un modello di sviluppo decisamente meno radicale rispetto a quello chavista. Il successo del Brasile ed il momento di offuscamento della stella venezuelana hanno avuto effetti concreti a livello di politica regionale, riducendo notevolmente l’influenza venezuelana sul continente. Uno degli esempi migliori in questo senso è il caso di Ollanta Humala, neopresidente del Perù: se durante le elezioni del 2006 Humala dichiarava il proprio apprezzamento per le politiche di Hugo Chávez, nel 2011 ha assunto posizioni più moderate, ispirate a quelle adottate da Lula in Brasile.

QUALE FUTURO? – In questa situazione di debolezza fisica e politica Chávez si avvicina alle elezioni presidenziali del 2012, vero e proprio spartiacque della vita politica venezuelana. Già dal 2008 l’attenzione del mandatario venezuelano si è rivolta verso l’interno, come già era accaduto prima del 2004, all’alba del suo successo continentale. Se in quel caso i problemi interni derivavano dalle conseguenze del fallito golpe dell’opposizione dell’aprile 2002 e dalla condizione di guerra civile strisciante del paese, oggi colpisce soprattutto la disaffezione verso un progetto politico entrato in crisi (vedi chicco in più). Una riconferma di Chávez appare comunque possibile: il sostegno delle fasce più disagiate della popolazione pare garantito, ed il presidente venezuelano ha dimostrato più volte nel corso degli anni di saper coalizzare consenso attorno a sé. Nonostante questo, la proiezione esterna del Venezuela ed il ruolo protagonistico di Chávez a livello sudamericano e mondiale appaiono legati più al passato recente che al prossimo futuro: il modello lulista pare aver definitivamente tracciato la strada per i paesi sudamericani, lasciando indietro il Socialismo del XXI Secolo. Francesco Gattiglio [email protected]

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