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Le virtù della moderazione

Tra attese, incertezze, paure e speranze si sono svolte le elezioni politiche in Tunisia, le prime dopo la caduta del dittatore Ben Ali; a vincere il partito islamico moderato Al-Nahda, diventata la prima forza politica del paese. Le parole rassicuranti dei suoi esponenti non convincono ancora del tutto né gli oppositori né le diplomazie internazionali, tuttavia al momento non esiste nessun chiaro segno verso una decisa svolta del paese verso l’islam radicale

 

ISLAM (MODERATO) AL POTERE – I dati definitivi non sono ancora disponibili e forse qualche aggiustamento sarà necessario, ma con il 35-38% delle preferenze il partito islamico moderato Al-Nahda ha raggiunto la maggioranza relativa in Tunisia. Non ha quella assoluta, ma la sua enorme popolarità e il rischio di scontri difficilmente porteranno gli altri partiti di ispirazione laica (circa 5-6 entreranno in parlamento, nessuno sopra il 15-16%) a creare un unico blocco parlamentare che lo estrometta dal governo. Rachid Ghannouchi, leader di Al-Nahda, dunque potrebbe diventare il nuovo premier tunisino, ma questo non è l’unico elemento che si può trarre dall’analisi dei risultati e della campagna elettorale.

 

I PERCHE’ DELLA VITTORIA – Al-Nahda ha vinto grazie a una cosa che ha in comune con tanti altri movimenti e partiti di ispirazione islamica che si avvicinano alle elezioni nel dopo-rivolta (come in Egitto): è strutturato, capillare e compie una profonda opera di propaganda elettorale tanto nelle città quanto, soprattutto, nelle campagne. Ovunque arriva, porta avanti un messaggio messaggi semplice ed efficace improntato alla concretezza. Le opposizioni al contrario si sono presentate in maniera spesso meno incisiva e la loro mancanza di struttura – dovuta alla recente formazione – impedisce di coordinare correttamente gli sforzi. E’ un partito di ispirazione islamica ma ha mantenuto un linguaggio e un programma moderato. La sua intenzione dichiarata è diventare come il partito AKP del premier Recep Tayyip Erdogan in Turchia, e per quanto questa somiglianza possa risultare in realtà un po’ eccessiva date le differenze sociali e culturali dei due paesi, il concetto è risultato di facile comprensione per gli elettori. E’ più semplice e allettante votare per qualcosa che si vede già all’opera con buoni risultati. I suoi portavoce hanno affermato che un futuro governo vedrà una maggiore ispirazione ai principi islamici ma manterrà al centro i diritti umani e non si trasformerà in una dittatura religiosa. Allo stesso tempo sono aperti alla collaborazione e alla disponibilità di contatti con le imprese estere. Questa dichiarazione sarà ovviamente da verificare col tempo e molti sono i dubbi sia in Tunisia sia all’estero, ma contribuisce ad allargare la base di sostegno e cerca di rassicurare gli investitori esteri, che saranno comunque fondamentali per sviluppare l’economia del paese.

 

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DA SOLI NON SI PUO’ – Infine, Al-Nahda non può governare da solo, semplicemente perché non gode della maggioranza assoluta. Saranno necessari accordi con almeno uno degli altri partiti per formare un esecutivo che possa lavorare davvero, cosa che può evitare una deriva estremista del paese. Al tempo stesso le forze islamiche dovrebbero sentirsi comunque rappresentate evitando dunque di formare consistenti gruppi di resistenza che possano volgersi al conflitto armato. In definitiva, la vittoria di Al-Nahda non va vista come un inevitabile discesa verso l’estremismo islamico, poiché non vi sono (ancora) segni al riguardo. Due sono gli elementi da tenere sott’occhio: innanzi tutto verificare se Al-Nahda manterrà davvero un profilo moderato: una cosa infatti è la propaganda elettorale, dove si può essere pronti a offrire di tutto, e un’altra la realtà successiva alla vittoria. Secondariamente va osservato il suo stile di governo. Nel caso infatti l’opera dell’esecutivo risulti fallimentare, questo potrebbe far perdere in popolarità, a tutto vantaggio dei partiti ora di opposizione che potrebbero raccoglierne i frutti in futuro grazie anche al maggior tempo di preparazione. In ogni caso nessuna delle parti può permettersi di stravolgere i risultati tramite azione di forza: gli echi delle rivolte sono ancora troppo vicini e gli unici risultati sarebbero nuovi scontri armati.

 

Lorenzo Nannetti

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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