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La sicurezza nel Caspio (I)

Miscela Strategica – Attorniato da cinque Stati e al confine tra Europa e Asia, il mar Caspio non è soltanto un importante luogo di estrazione di idrocarburi. Esso è soprattutto un crocevia di interessi di attori sia locali che globali. Le dinamiche che lo coinvolgono rendono questo mare il centro di un’area di estrema rilevanza geopolitica.

L’AREA E GLI ATTORI – È innanzitutto importante chiarire un aspetto quando si tratta del mar Caspio: non bisogna ritenere questo mare come una regione a composizione statica, fissa, né chiusa all’esterno. In particolare, il numero di attori che giocano un ruolo varia a seconda della questione specifica che si pone in evidenza. Riservando in seguito l’approfondimento per ciascuno dei temi, si può cominciare con l’affermare, a titolo d’esempio, che se nel caso dell’apparente corsa agli armamenti navali nel Caspio gli attori coinvolti sono sostanzialmente quelli rivieraschi, nella questione energetica invece i soggetti interessati sono anche quelli distanti migliaia di chilometri, quali Stati Uniti e Cina. Gli interessi in gioco, gli obiettivi e le strategie sono conseguenza della storia della regione e degli avvenimenti interni e internazionali per essa rilevanti, nonché delle costrizioni geografiche. Così gli Stati sorti dalla disgregazione dell’URSS (Kazakhstan, Turkmenistan, Georgia, Azerbaijan, Armenia) sono alla ricerca di percorsi di sviluppo e sicurezza che possono essere differenti, antitetici o anche simili, in un continuo tentativo di non perdere nuovamente, o vedere gravemente inficiata, la propria sovranità. Su di essi allo stesso tempo incombe la Federazione russa, che a tutela della propria sicurezza tenta di legare a sé o mantenere in una condizione di buffer zone i resti dell’impero sovietico, in perfetta congruità con il concetto di “Vicino Estero”. Tutto ciò senza dimenticare l’interesse russo per lo sfruttamento delle risorse energetiche a propria disposizione nel bacino. A sud poi c’è l’Iran, interessato alle opportunità offerte dal Caspio, ma impedito a goderne completamente dalle dinamiche mediorientali che attirano la sua attenzione, così come dalle sanzioni. Infine, allargando lo sguardo si colgono altri quattro detentori di interessi: la Turchia, gli Stati Uniti, l’Europa e la Cina, tutti per lo più chiamati in causa dalle opportunità nel settore energetico e dalle conseguenze geopolitiche che queste comportano.

Fotografia aerea del Mar Caspio
Fotografia aerea del mar Caspio

IL CASPIO E L’ENERGIA – La regione caspica è una delle più importanti al mondo nella produzione di idrocarburi. Al di là dei numeri delle riserve a disposizione di questi Stati, comunque abbondanti, l’aspetto di maggiore rilevanza geopolitica sono le rotte seguite dalle infrastrutture di trasporto delle risorse dai Paesi di produzione a quelli consumatori. Per via della propria posizione geografica, gli Stati maggiormente favoriti nel trasporto delle risorse estratte sono la Russia e l’Iran. Entrambi hanno la possibilità di trasportare e commercializzare quanto estratto dal proprio territorio, sfuggendo ai vincoli geografici cui sottostanno i vicini Azerbaigian, Turkmenistan e Kazakhstan, Stati senza sbocchi su mari aperti. Questi ultimi, che sin dall’indipendenza hanno cercato vie per ridurre la propria dipendenza da Mosca e l’ingerenza di quest’ultima, sono perfetti esempi di come le fonti energetiche possano essere utilizzate in tal senso. Le strategie messe in atto sono simili per Baku e Ashgabat, mentre differiscono nel caso di Astana (tutto ciò è messo bene in evidenza nella recente pubblicazione Caspian Security Issues, da poco recensita sul Caffè). La diversificazione dei Paesi consumatori dei propri prodotti è stata un’efficace linea perseguita dalle prime due capitali, che hanno così creato interessi di terzi all’interno dei propri territori, rendendo la propria stabilità (e la produzione di idrocarburi) un “bene” da perseguire. Si è creato così un contrappeso a ogni tentativo d’ingerenza da parte del vicino russo o ad altri possibili fattori d’insicurezza. Per quanto riguarda l’Azerbaigian nello specifico, l’oleodotto BTC, i gasdotti SCP, TANAP e TAP sono i progetti che hanno permesso, permettono e permetteranno l’integrazione del Paese caucasico con i mercati dell’Europa meridionale.

Il tracciato del TAP
Il tracciato del TAP

Definito l’interesse azero, restano da spiegare i rimanenti: gli Stati dell’Europa meridionale (Italia in primis), l’Unione europea e gli Stati Uniti vedono con favore queste infrastrutture, che diversificano l’approvvigionamento creando alternative in caso di instabilità o crisi nei rapporti con le altre fonti (di questi tempi si legga innanzitutto Mosca). Altre parti in causa in questa rete sono la Turchia e la Georgia, liete di essere territorio di transito di queste infrastrutture, che creano non solo introiti, ma anche occasioni di partnership con l’Azerbaigian e i Paesi occidentali. Sulla sponda opposta del mar Caspio il Turkmenistan ha invece ottenuto il medesimo risultato tramite rotte per l’esportazione del proprio gas naturale verso l’Iran (in quantitativi relativamente modesti), ma soprattutto verso la Cina (con un gasdotto che attraversa Uzbekistan e Kazakhstan), riducendo enormemente la quantità diretta a nord verso la Russia. Notizia datata 13 novembre 2014 è poi la creazione di una compagnia incaricata della costruzione e delle operazioni del TAPI, conduttura che partendo dal Turkmenistan attraverserà Afghanistan, Pakistan e giungerà in India. Tuttavia le incognite relative al progetto sono molte, senza dimenticare inoltre le sfide poste dai turbolenti territori da attraversare. Tutto ciò muove seri dubbi sulla concreta realizzazione del progetto, che però, qualora venisse attuato, garantirebbe ad Ashgabat ottime prospettive.
Un ulteriore possibile sviluppo, che può suscitare l’interesse di Unione europea, Stati Uniti e Turchia, è il progetto di una Trans-Caspian Pipeline, un gasdotto che colleghi attraverso il mar Caspio la produzione turkmena alle infrastrutture dirette a ovest. La fattibilità di ciò non appare comunque di breve termine, considerati i contrasti tra il Governo turkmeno e quello azero sullo sfruttamento di alcuni giacimenti off-shore e sulla delimitazione dei confini marittimi. Inoltre è importante notare come l’Azerbaigian stesso sia poco interessato a che l’abbondante gas turkmeno concorra con il proprio sui mercati europei e, in ultima istanza, va tenuta a mente l’opposizione russa e iraniana a questo possibile sviluppo.

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Fig.1 – Vista dei campi petroliferi Azeri, una parte dei quali forniti di infrastrutture datate

Venendo al caso kazako, deve annotarsi come la posizione geografica non consenta agevoli vie per il trasporto delle risorse verso i mercati europei non transitanti attraverso la Russia. Ciò ha ridotto la possibilità di utilizzare la strategia della diversificazione delle destinazioni come nei due casi appena visti. Questo discorso è però valido per la direttrice ovest, perché invece sono in attività, e se ne pianifica il potenziamento, infrastrutture dirette verso la Cina, attore sempre più competitivo per chiunque presente nella regione. Astana ha poi puntato al coinvolgimento di compagnie straniere (si pensi a ENI ad esempio) per lo sfruttamento delle risorse del proprio territorio, cercando così di creare l’interesse per gli Stati nazionali delle compagnie affinché queste operino in un contesto stabile e pacifico (la logica è la medesima dei due casi precedenti, ma perseguita in maniera differente). Una simile strategia è stata adottata anche da Baku in affiancamento alla prima già menzionata, mentre il Turkmenistan non ha sinora adottato una legislazione favorevole al coinvolgimento di aziende straniere.

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Fig.2 – Elicottero militare turkmeno sorvola una petroliera nel corso di un’esercitazione anti-terrorismo 

LA MILITARIZZAZIONE DEL MARE – In passato il Caspio è stato uno dei mari meno militarizzati. Nell’ultimo decennio, però si è registrata un’inversione di tendenza, con gli Stati litoranei che hanno avviato consistenti programmi per l’acquisizione di capacità navali. Dopo il collasso dell’URSS, la Russia è emersa come il principale attore nel settore navale, ereditando il 75% della precedente flotta sovietica, ma perdendo allo stesso tempo le principali infrastrutture stabilite a Baku (la base principale tornò a essere Astrakan). La Russia è stata la prima a lanciare un programma di riarmo navale, rendendo la flotta del Caspio quella meglio attrezzata, anche tramite lo schieramento della Tatarstan, considerata un gioiello della cantieristica russa.
La seconda potenza navale del Caspio è l’Iran. Trascurata negli anni della presenza sovietica (che Teheran non ritenne opportuno provare a contrastare) a vantaggio della posizione nel Golfo Persico, la flotta iraniana nel Caspio ha ricevuto molte attenzioni e le sono stati assegnati nuovi vascelli (tra i quali il Jamaran-2).
La flotta azera è la terza per importanza. Le vicende del conflitto con l’Armenia hanno in passato indotto il Governo azero a dare la precedenza nell’allocazione dei fondi a esercito e aviazione. Tuttavia, con l’incremento dei proventi derivanti dagli idrocarburi e la conseguente importanza a questi assegnata, Baku ha riconosciuto l’importanza della marina e ha avviato programmi di ammodernamento per il 2020 e per lo sviluppo della propria cantieristica.

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Fig.2 – Vladimir Putin visita un’unità navale della flotta russa del Caspio (Kaspiyskaya flotiliya) 

Le flotte kazaka e turkmena sono quelle attualmente meno sviluppate: questi Stati avevano rinunciato alla propria quota di naviglio sovietico a favore di Mosca e la creazione di una propria flotta non è avvenuta sino al termine del 2000 per il Kazakhstan (che in precedenza si affidava principalmente alla cooperazione con la Russia) e al 2008 per il Turkmenistan (che ha dichiarato la propria neutralità sin dal 1996). La ratio dietro all’acquisizione di capacità navali è dovuta all’esigenza di proteggere le proprie (vitali per alcune economie) attività estrattive off-shore in un contesto di incertezza dei confini marittimi, in un circolo che vede utilizzare i proventi del settore per finanziare i programmi di acquisizione (discorso valido specialmente per l’Azerbaigian). Nonostante questi sviluppi sembra ancora remota la possibilità di un confronto nel Caspio. Tuttavia capacità eccessive potrebbero condurre a un conflitto non voluto. L’area più suscettibile a un tale fenomeno sembra essere il Caspio meridionale, dove già sono avvenuti incidenti tra Iran e Azerbaigian nel 2001.

Matteo Zerini

(Continua)

[box type=”shadow” ]Un chicco in più

Nel corso dell’articolo si è fatto riferimento all’incertezza dello status giuridico del Caspio. La questione nasce dalla mancanza di un accordo tra gli Stati rivieraschi se considerarlo un mare oppure un lago e, in conseguenza di ciò, sul diritto da applicare (il che ha implicazioni per la determinazione della nazionalità delle risorse). La parte settentrionale del mare vede una situazione più chiara, grazie all’accordo raggiunto tra Azerbaigian, Russia e Kazakhstan per la delimitazione delle rispettive acque attraverso le linee mediane. L’incertezza sui confini marittimi permane però più a sud, dove manca un accordo tra Astana e Ashgabat, tra Ashgabat, Baku e Teheran e infine tra Teheran e Baku. Le conseguenze di tutto ciò sono ostacoli allo sfruttamento dei depositi e al raggiungimento di un accordo per lo sviluppo di infrastrutture (come nel caso della menzionata Trans-Caspian Pipeline), nonché l’assunzione da parte degli Stati di atteggiamenti più aggressivi nell’utilizzo delle proprie marine al fine di perorare i propri interessi e rivendicazioni.[/box]

 

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Matteo Zerini
Matteo Zerini

Laureato magistrale in Relazioni Internazionali presso la Statale di Milano, frequento ora il master Science & Security presso il King’s College di Londra. Mi interesso soprattutto di quanto avviene in Europa orientale, Russia in particolare, e di disarmo e proliferazione, specie delle armi di distruzione di massa.

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