Il caso di corruzione o presunto tale esploso all’interno della European Union Rule of Law Mission in Kosovo mette a dura prova la stessa UE. La missione, lanciata nel 2008, è stata più volte criticata, ma adesso Bruxelles rischia di dimostrarsi incapace a gestire la situazione.
CORRUZIONE ALL’INTERNO – Il caso di corruzione all’interno della missione evidenziato dai media kosovari e dalla BIRN (rete di reporter investigativi nei Balcani) e partito con la denuncia fatta da una procuratrice britannica della stessa EULEX, Maria Bamieh, rischia di mandare a monte il lavoro svolto durante tutti questi anni. Secondo la procuratrice, diversi alti funzionari della missione avrebbero preso tangenti per archiviare procedure avviate, muovendo delle accuse dirette ad alcuni colleghi, come al magistrato capo Jaroslava Novotna e all’ex Capo dell’Assemblea dei giudici Francesco Florit. Sicuramente le rivelazioni della procuratrice britannica e il tam-tam dei media hanno avuto l’eco giusta per attirare l’attenzione del Parlamento europeo e della nuova lady PESC, Federica Mogherini. Il capo della EULEX, Gabriele Meucci, si è messo a disposizione di Jean Paul Jacqué, l’esperto legale inviato da Bruxelles per indagare sul caso. Lo stesso Meucci ha richiesto che gli esiti siano riportati dai media.
UE ATTORE GLOBALE – L’Unione europea si è fatta notare in Kosovo per il mancato supporto durante la crisi, lo scioglimento e la fine della ex-Iugoslavia negli anni Novanta. Presa nella sua evoluzione da Comunità europea in vera e propria Unione nel 1992 (Trattato di Maastricht), non ha potuto fornire un apporto significativo in fase di decisione su quello che succedeva ai suoi confini. Gli attori principali che hanno avuto capacita decisionale sono stati così altri: USA, NATO e ONU da una parte e Russia post-URSS dall’altra. Sul piano demografico, economico e ideologico sicuramente l’UE ha oggi un’importanza globale ben definita e non ci sono dubbi sull’impatto della sua presenza. Sul piano della politica internazionale, invece, il “balbettamento” durante la crisi degli anni Novanta nei Balcani occidentali ha spinto i vertici dell’UE a tentare di cambiare direzione nel tempo. L’Unione ha così partecipato a diverse missioni di pace in Bosnia, Macedonia e Kosovo, ma sempre come partner secondario o in casi in cui la dimensione della crisi era di minore portata. Per sopperire a questa mancanza, Bruxelles ha ad esempio deciso di intervenire in prima persona nella vicenda Kosovo dopo la dichiarazione di indipendenza. Il Kosovo del 2008 rappresentava «il paziente ideale per un medico alle prime armi», un’occasione non solo da un punto di vista di vicinato, ma anche per rivendicare un ruolo come attore globale e come parte interessata direttamente nelle faccende balcaniche post-Guerra Fredda, anche nell’ottica di includere i Paesi dell’area come possibili futuri Stati membri.
RICONOSCIMENTO DIFFICILE – L’UE ha deciso di farsi carico della situazione kosovara attraverso la missione EULEX (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) con l’obiettivo di aiutare le Autorità kosovare a costruire uno Stato di diritto. Da subito l’approccio avuto dall’UE in Kosovo ha riservato alla missione EULEX due importanti criticità . Da una parte al suo interno la faccenda Kosovo metteva in difficoltà la stessa UE per via delle posizioni assunte da cinque Stati membri sulla dichiarazione d’indipendenza unilaterale da parte di Pristina. Grecia, Cipro, Spagna, Slovacchia e Romania, infatti, non hanno riconosciuto e tuttora non riconoscono il Kosovo. Quindi, l’intervento dell’UE è rimasto ambiguo per certi versi, non potendo basarsi su una inequivocabile unità d’intenti. Per di più, gli altri attori già presenti nel territorio (UNMIK, NATO, classe politica kosovara, Serbia, minoranza serba nel Nord) hanno avuto un approccio di non collaborazione verso la EULEX, non riconoscendone il significato sperato da Bruxelles. Così la stessa EULEX è stata interpretata rispettivamente da serbi e kosovari come una missione a favore della controparte.
IN CONCLUSIONE… – La missione è da molto tempo nel mirino dell’UE. Già da qualche anno la Corte dei conti europea aveva espresso le sue perplessità sul denaro speso e sui risultati ottenuti in termini di lotta alla criminalità e alla corruzione. Il problema della EULEX rimane il suo posizionamento all’interno dello scacchiere geopolitico del Kosovo. La mancanza di pieno supporto da parte delle Istituzioni kosovare e le divisioni politiche degli Stati membri dell’UE sull’indipendenza di Pristina hanno influenzato direttamente l’operato della missione, ma soprattutto la maniera in cui essa è percepita all’interno del Kosovo in termini di legittimità e di autorevolezza. EULEX sta diventando vulnerabile per la pressione negativa subita, e ciò si riflette in termini di autonomia dell’operato sul territorio. Tutti questi fattori – riconoscimento, autonomia, autorità e coesione – sono elementi basilari per identificare un attore globale nella politica internazionale ed EULEX non ha dimostrato di possedere questi punti di forza. Il presunto caso di corruzione esploso durante gli ultimi giorni riflette la vulnerabilità della EULEX e della stessa UE in Kosovo. Il terreno politico trovato sin dal primo giorno di dispiegamento era stato preparato da altri, e le connessioni tra crimine organizzato, classe politica e interessi internazionali avevano già occupato il tessuto istituzionale. Un fallimento della EULEX rappresenterebbe non solo il fallimento di un progetto dell’Unione europea in Kosovo, ma rischierebbe anche di minare l’approccio politico dell’UE in tutta la regione.
Juljan Papaproko
[box type=”shadow” align=”aligncenter” ]Un chicco in più
Lo sforzo maggiore, con relativo successo, è stato profuso dall’UE durante gli accordi per la normalizzazione dei rapporti tra la Serbia e il Kosovo. Per un approfondimento, leggete il nostro articolo sul tema: C’è un accordo tra Kosovo e Serbia[/box]
Foto: quinn.anya