In 3 Sorsi – Ritorno al multilateralismo e approccio negoziale, come nel caso Airbus-Boeing, segnano una discontinuità nelle relazioni USA-UE, ma le questioni aperte nei rapporti transatlantici continuano a essere molte, a cominciare dal posizionamento rispetto alla Cina.
1. LE DISCONTINUITÀ TRA BIDEN E TRUMP
La trama di cui sono costituite le relazioni internazionali si sviluppa anche attraverso gli scambi e le politiche commerciali. Ecco allora che l’accordo del 5 marzo tra Unione Europea e Stati Uniti d’America sulla sospensione dei dazi commerciali che USA e UE si applicavano vicendevolmente a causa del contenzioso Airbus-Boeing rappresenta uno dei tentativi di riannodare alcune sfilacciature di quella trama.
L’annuncio del tentativo di risoluzione concordato è certamente sintomo di una cambiata attitudine da parte degli USA, laddove la filosofia negoziale della precedente Amministrazione Trump era basata sull’imposizione della volontà statunitense attraverso l’uso spregiudicato della “ritorsione” finanziaria e commerciale piuttosto che con le trattative. Ma l’uso di differenti approcci negoziali non implica necessariamente un cambiamento delle strategie complessive americane circa i rapporti transatlantici. Se Trump considerava l’Europa alla stregua di un nemico commerciale e un “costo” eccessivo in termini di spese militari NATO, già con l’Amministrazione Obama la lista delle priorità nella politica estera statunitense era cambiata rispetto ai vecchi tempi della Guerra Fredda. Per gli Stati Uniti obamiani, infatti, l’asse dell’interesse geopolitico si era decisamente spostato verso il Pacifico e l’Asia, con una certa attenzione al Mediterraneo, ma in riferimento al Medio Oriente, non certo ai Paesi dell’Unione Europea.
Fig. 1 – Finalmente distensione tra USA e UE sulla disputa Airbus-Boeing
2. IL RITORNO DEL MULTILATERALISMO
L’elezione di Joe Biden comporterà sicuramente un riallineamento degli USA a una politica estera orientata al multilateralismo e alle “buone maniere”, se non altro in quanto strumenti ritenuti utili a raggiungere gli obiettivi globali dell’agenda del nuovo Presidente, all’insegna del motto “guidare con l’esempio, non con la forza”. Una delle prime decisioni di Biden è stata quella di far rientrare gli USA nell’Accordo di Parigi, ad esempio, volendo recuperare la leadership in materia di lotta ai cambiamenti climatici e su questo terreno ci sarà sintonia con l’agenda europea del Green Deal. Lo stop, almeno temporaneo, alla vendita di armi all’Arabia Saudita segnala l’interesse a incrementare i progressi di stabilizzazione del Medio Oriente e contenere i rischi della questione nucleare iraniana. Qui le convergenze con gli europei, politicamente un po’ in ordine sparso, potrebbero essere meno immediate, ma comunque l’interesse alla stabilità è reciproco. Soprattutto, però, la cooperazione con l’Europa è essenziale per gli USA sia per il contenimento della Russia, sia soprattutto per limitare l’espansionismo della Cina. Su quest’ultimo punto, tuttavia, le posizioni non sono esattamente uguali e alcuni dossier in particolare riguardano molto da vicino l’Italia.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Biden a Bruxelles quando era vicepresidente con Barack Obama
3. I RAPPORTI CON LA CINA
Il fatto che l’UE abbia concluso un accordo commerciale con la Cina (divenuta nel 2020 primo partner commerciale di Bruxelles) proprio alla vigilia dell’insediamento di Biden ha suscitato più di qualche malumore a Washington. Se è plausibile che la tempistica, dopo sette anni di discussioni, sia stata forzata dal Presidente cinese Xi Jinping proprio per evitare interferenze americane, non è escluso che anche gli europei abbiano voluto mandare un segnale di autonomia all’alleato d’oltreoceano. Come detto, le posizioni su molti argomenti non sono sempre convergenti tra le due sponde dell’Atlantico. Gli anni di Trump hanno anche lasciato una conseguenza dal carattere ambivalente: da un lato gli Stati europei si sono sentiti liberi (o obbligati) a muoversi ognuno per proprio conto su alcune tematiche internazionali, dall’altro hanno sentito l’esigenza di elaborare a livello comune forme più accentuate di autonomia politica e commerciale dagli Stati Uniti.
Per quanto riguarda l’Italia, ricordiamo come il nostro Paese sia stato l’unico dei G7 ad aderire al disegno di espansione morbida di Pechino attraverso la BRI (Belt and Road Initiative), con qualche apprensione da parte statunitense e dei nostri partner europei. Sappiamo inoltre quanto sia delicata la questione dei possibili problemi di sicurezza legati allo sviluppo delle reti di comunicazione 5G, con la cinese Huawei bannata da alcuni Paesi europei (su pressione USA e NATO), ma in campo per l’implementazione del 5G in Italia. Anche l’insieme dei futuri sviluppi industriali e commercialo dei sistemi di Intelligenza Artificiale è materia sensibile sia per questioni legate alla sicurezza nazionale che allo sviluppo della società in generale.
Insomma, nel contesto dell’attuale momento storico considerato da molti analisti di shift of power dagli USA alla Cina, la posizione dell’Europa in cerca di una propria autonomia strategica meno dipendente dagli Stati Uniti è particolarmente delicata e i dossier da discutere con l’alleato americano saranno molti e importanti nel futuro prossimo.
Paolo Pellegrini
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