In questi giorni sono avvenuti tre atti terroristici in tre Paesi diversi: Pakistan, Yemen e Australia. Le modalitĂ sono state differenti l’una dall’altra, così come i contesti dove sono avvenuti gli attacchi. Diversa è anche la natura degli assalitori, il che dimostra la totale assenza di connessioni tra i fatti. Analizziamoli in 3 sorsi (uno per attentato).
1. PAKISTAN – L’attacco all’istituto militare di Peshawar, in Pakistan, è stato il piĂą cruento sia per numero di vittime (almeno 141), sia per il tipo di obiettivo scelto. L’attentato ha visto in azione un commando che ha fatto irruzione nella struttura scolastica utilizzando armi da fuoco e ordigni improvvisati per ucciderne gli occupanti. A quanto risulta sarebbe intervenuto anche un kamikaze. Il gruppo autore della strage è il Tahrek-e-Taliban (TTP). Il suo portavoce Muhammad Khorrasani, nel rivendicare l’attacco ha spiegato la motivazione, ovvero che si è trattato di una rappresaglia contro l’operazione militare pakistana antiterrorismo nella regione del Waziristan, dove il TTP ha le sue roccaforti.
2. YEMEN – Nella cittĂ di Radaa, in Yemen, due automobili imbottite di esplosivo hanno provocato la morte di circa 31 persone, delle quali 20 sono bambini sotto i 12 anni. L’obiettivo dell’attacco era un centro di raccolta degli houthi, tribĂą islamica sciita. Secondo una ricostruzione provvisoria, la prima automobile avrebbe colpito l’obiettivo, mentre la seconda, constatata l’impossibilitĂ di raggiungerlo per cause ancora da determinare, sarebbe esplosa nelle vicinanze di un autobus carico di bambini di ritorno da scuola. L’attacco si inserisce nella cornice della guerra civile tra fazioni in atto da tempo in Yemen. La cittĂ di Radaa, fino allo scorso ottobre, era in mano ai miliziani legati ad AQAP (al-Qaida nella Penisola arabica), tuttavia, dopo numerosi scontri, è stata conquistata dalle milizie sciite della tribĂą houthi, che stanno ottenendo successi militari notevoli in diverse aree del Paese. Molto probabilmente l’attentato è opera proprio del gruppo AQAP, nell’ottica di una strategia volta a riguadagnare terreno e riconquistare la cittĂ .
Fig. 1 – Le unitĂ di artificieri della polizia di Sidney eseguono una bonifica del luogo del sequestro
3. AUSTRALIA – A Sydney un uomo è entrato nel Lindt Chocolat Cafè, prendendo in ostaggio 17 persone tra clienti e dipendenti. Questi ultimi sono poi stati costretti a mettersi con la faccia rivolta verso le vetrate del locale reggendo una bandiera nera con scritte in arabo. Si è subito pensato che fosse quella dello Stato Islamico (IS), ma successivamente ci si è accorti che il contenuto era la shahada, ossia la professione di fede dell’Islam. Il sequestro si è concluso con un blitz delle forze speciali australiane, probabilmente innescato da eventi interni al locale (pare che uno degli ostaggi, poi deceduto, abbia provato a disarmare il sequestratore). Il bilancio finale è stato di tre vittime (l’attentatore e due ostaggi). Il sequestratore si chiamava Man Maron Monis, arrivato in Australia dall’Iran nel 1996. Islamico sunnita (convertito, precedentemente era sciita), era noto alle forze dell’ordine per diverse lettere di minacce inviate ai parenti dei soldati australiani caduti in Afghanistan e per i suoi proclami contro «il terrorismo degli Americani e dei loro alleati». Inoltre è stato accusato di complicitĂ in omicidio e violenza sessuale. Come emerso durante le ore del sequestro, Monis non era un esperto, visto che diversi ostaggi sono riusciti a sfuggirgli. Il tratto importante da sottolineare è che l’attentatore ha piĂą volte dichiarato di volersi rifare alla dottrina dello Stato Islamico (ne ha chiesto addirittura una bandiera), risollevando il problema dei cosiddetti “lupi solitari“, ovvero terroristi che non sono legati direttamente a un’organizzazione (in questo caso l’IS), ma che ne ammirano le gesta e ne sono attratti dalla propaganda, compiendo azioni terroristiche improvvise e difficilmente prevedibili dalle forze dell’ordine o dalle agenzie d’intelligence.
Emiliano Battisti
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