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La nuova corsa alle armi

Mentre l’Europa declina l’Asia sta diventando sempre più il centro del mercato bellico globale. La crescita economica, consentendo un ampliamento della capacità di spesa pubblica, comporta dunque anche il ritorno ad una “corsa agli armamenti” che vede, manco a dirlo, la Cina in prima linea. Dall'altra parte, invece, Stati Uniti e Europa stanno riducendo sensibilmente le proprie spese nel settore della Difesa. Anche in questo ambito possiamo dunque vedere una progressiva ridefinizione degli equilibri globali

DUE ELEMENTI DA RICORDARE – La crisi mondiale ha colpito duramente molti settori della nostra società. I disoccupati sono aumentati, i salari sono diminuiti, i deficit hanno preso il volo. Ma le cose non vanno male per tutti. Se, per esempio, si tratta del settore bellico, non c’è da preoccuparsi: il commercio d’armi fiorisce a dispetto di tutto. E, benché i paesi occidentali ne siano ancora il cuore, la loro supremazia sta declinando velocemente. I DATI – Il primo dato da considerare è quello che riguarda i flussi di armi. Secondo una ricerca del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) intitolata “Trends in international arms transfers”, il commercio di armi fra il 2007 e il 2011 è cresciuto del 24 per cento rispetto al periodo 2002-2006. E in quale direzione sono si sono diretti questi flussi? A quanto pare hanno seguito le orme di Marco Polo, perché nel periodo menzionato tutti i maggiori importatori sono stati asiatici. A condurre è l’India, che conta per il 10 per cento delle importazioni mondiali, seguita da Corea del Sud (6 per cento), Pakistan e Cina (5 per cento) e Singapore (4 per cento). Nel complesso, l’Asia attira il 44% delle importazioni, l’Europa il 19%, il Medio Oriente il 17%, le Americhe l’11% e l’Africa chiude la lista con il 9%. Gli exporters, invece, sono ancora tutti occidentali. Gli Stati Uniti aprono la lista con poco meno di un terzo del totale (30 per cento) delle esportazioni, seguiti dalla Russia con il 24 per cento e –a distanza- da Germania (9 per cento), Francia (8 per cento) e Regno Unito (4 per cento). COME CAMBIA LA SCENA MONDIALE – Molto interessante è anche un'altra ricerca, pubblicata il 7 marzo dall’International institute for strategic studies, un think-tank con sede a Londra. Il “Military Balance 2012” mette nero su bianco la storia di un Occidente oberato dal debito che cede terreno a un’Asia in forte crescita. Infatti, mentre il continente asiatico ha incrementato del 3 per cento le sue spese militari, “fra il 2008 e il 2010 si sono verificate delle riduzioni nel budget destinato alla difesa in ben sedici membri europei della NATO. In un buon numero di casi, tale riduzione è stata di oltre il 10 per cento in termini reali”. Come osserva il direttore generale dell’IISS John Chapmanmentre l’Occidente taglia le spese in armamenti, l’Asia diventa più militarizzata per via della crescita economica e delle incertezze strategiche”. E, nonostante l’India occupi un posto speciale nel panorama strategico asiatico, è la Cina che, come al solito, attira l’attenzione di tutti. Innanzitutto per le cifre che mette in mostra. Secondo quanto riportato dal Guardian, la Repubblica popolare l’anno scorso ha speso 90 milioni di dollari per la difesa, due volte e mezza la cifra del 2001. E si parla di cifre ufficiali, la spesa reale potrebbe essere molto più alta. Pechino si sta inoltre trasformando da importatore a esportatore di armi. Nel periodo compreso fra il 2002 e il 2011 il paese è scivolato dal primo al quarto posto nella lista degli importatori, mentre le sue esportazioni sono cresciute del 95%, rendendola il sesto maggior esportatore al mondo. Certo, quando si parla di Cina c’è spesso la tendenza a puntare il dito. Forse con troppa facilità. Occorre ricordare, infatti, che la crescita dell’export cinese è dovuta soprattutto all’aumento delle importazione da parte del Pakistan, che sono cresciute del 69 per cento nel periodo considerato. La Cina, poi, riserva una frazione relativamente ridotta del suo PIL al settore militare: secondo l’Economist, nel 2010, poco più del 2%, contro il 4.8 degli Stati Uniti.  E, per di più, le forze armate cinesi sono dipendenti dall’importazione di componenti essenziali da altri Paesi, inclusi alcuni membri della NATO (la Francia è il secondo fornitore del Dragone). Ma questo non toglie che Pechino stia velocemente percorrendo la strada verso una posizione di assoluto rispetto nel panorama militare mondiale e di primazia in Asia. Il tutto mentre la scure dei tagli di Washington si abbatte sul Pentagono.

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INTERPRETAZIONE – Nel complesso, questi dati evidenziano in modo abbastanza chiaro due fenomeni. Il primo è l’aumento delle armi a disposizione dei vari stati, che si concretizza soprattutto nell’area asiatica, dove si sta svolgendo una corsa agli armamenti (per quanto in versione soft). Conosciamo la dinamica: aumentano i fondi a disposizione degli stati e questi, nel processo di modernizzazione, non vogliono rimanere esposti a potenziali nemici. Il che crea un incentivo al rialzo generalizzato. In tutto questo, ovviamente, il persistere di situazioni di tensione non aiuta. Le diatribe sulla sovranità del Mar Cinese Meridionale, le dispute territoriali tra Cina e India, le forti tensioni interne in Pakistan. Sono tutti focolai che rendono più tangibile il bisogno d’armarsi. Il GlobalTimes (quotidiano vicino all’ala radicale del Partito comunista cinese) minimizza la situazione come una “modesta” corsa agli armamenti. Forse non ha tutti i torti, ma è difficile capire fino a dove arriverà. Né si può prevedere se e quando eventuali crisi potrebbero accelerarla. Il secondo elemento che emerge da questi dati è il declino del peso strategico del Vecchio Continente. Si tratta ormai di un clichè, ma l’Europa sta lentamente abbandonando il centro della scena per far posto ad altri attori. Finora il trend era evidente soprattutto in campo economico, ma questi dati mostrano come il fenomeno sia presente anche nell’ambito militare. Nel 2012, infatti, l’Asia arriverà probabilmente a investire in armi più dell’Europa. Sarà la prima volta in secoli, e sembra che dovremo farci l’abitudine. Basti pensare che, secondo la rivista sepcializzata IHS Jane’s, entro il 2015 la Cina da sola spenderà in armamenti più di Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Turchia, Canada, Spagna e Polonia combinati insieme. Michele Penna [email protected]

 

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