Dopo la deposizione e l’esilio in Costa Rica, Manuel Zelaya ritorna (di nascosto) in Honduras. L’ambasciata del Brasile gli concede asilo, mentre il presidente ad interim Micheletti difende le ragioni del golpe
RITORNO IN PATRIA – Come se fossero state delle ferie estive: con l’inizio dell’autunno Manuel Zelaya, presidente deposto dell’Honduras, è tornato nel suo Paese dall’esilio cui era stato costretto in seguito al golpe del 28 giugno scorso. Zelaya era in Costa Rica, dove il presidente Oscar Arías gli aveva offerto ospitalità cercando anche, su mandato dell’OSA (Organizzazione degli Stati Americani), una mediazione con il presidente ad interim, Roberto Micheletti. Il tentativo era fallito e la situazione sembrava avviarsi lentamente alla normalità, in seguito all’indizione, per la fine di novembre, di nuove elezioni presidenziali. Il ritorno di Zelaya, ricomparso a Tegucigalpa senza alcun preavviso, ha invece cambiato nuovamente le carte in tavola; tanto più perché il leader deposto è riapparso all’interno dell’ambasciata brasiliana in Honduras.
IL RUOLO DI BRASILIA – Cosa c’entra in tutto questo il Brasile? Il presidente Micheletti ha criticato la decisione di concedere l’asilo a Zelaya, sostenendo che tale atto costituisce un’intromissione negli affari interni dell’Honduras. La risposta non si è fatta attendere: l’ha data Dilma Rousseff, ministro della Casa Civil e potenziale erede di Lula, la quale ha affermato che Zelaya ha bussato alla porta dell’ambasciata e accoglierlo è stata semplicemente un’azione in linea con il rispetto dei diritti umani. È difficile tuttavia credere che il Brasile non c’entri proprio nulla con la ricomparsa in patria dell’ex presidente che, stando alla versione ufficiale, sarebbe riuscito senza alcun appoggio esterno a rientrare in Honduras e recarsi, come un privato cittadino qualsiasi, all’ambasciata di Brasilia. Sembra chiaro invece che Lula voglia dettare la propria linea, al fine di riportare Zelaya al potere in vista delle elezioni. Tale risultato consentirebbe al Brasile di confermare la propria leadership regionale, a discapito di altre potenze come il Venezuela e il Messico. La decadenza di quest’ultimo, in particolare, ha aperto negli ultimi tempi un certo vuoto di potere in America Centrale, per riempire il quale Brasilia e Caracas hanno intrapreso da alcuni mesi una competizione “silenziosa” di tipo essenzialmente economico-commerciale.

E GLI USA? – La posizione degli Stati Uniti in questa situazione si è mantenuta sempre abbastanza marginale. L’amministrazione Obama ha sempre richiesto che Zelaya venisse reintegrato nelle sue funzioni, ed è quello che continua a fare. Le ultime dichiarazioni del Segretario di Stato Hillary Clinton riflettono la continuità della linea della Casa Bianca, che ha scelto sostanzialmente di lasciare che gli eventi seguano il loro corso naturale. Zelaya non è un presidente particolarmente favorevole agli USA, ma per dare l’impressione di un taglio netto con la politica estera passata Obama non può appoggiare i golpe che si svolgono in quello che da sempre è stato considerato come “il giardino di casa” degli Stati Uniti. Perciò, come già dichiarato dal presidente democratico, la Casa Bianca preferisce affidarsi al Brasile, con il quale c’è una buona comunità di intenti, per la gestione di situazioni come quella honduregna.
Davide Tentori 23 settembre 2009 [email protected]